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Taglia e cuci con Crispr e i pomodori diventano fonte di vitamina D

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Forse non tutti sanno che la carenza di vitamina D causa molti problemi all’uomo: danni al metabolismo osseo, al sistema immunitario, può provocare patologie infiammatorie intestinali e anche neurologiche. Eppure, l’assunzione quotidiana non è semplice, anche se è contenuta in alimenti di tutti i giorni, come uova, latte, salmone, olio di fegato di merluzzo. Nella verdura però è quasi del tutto assente.

Proprio per questo l’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del CNR, in collaborazione con il John Innes Centre di Norwich, ha progettato una nuova linea di pomodori in grado di contrastare la carenza di vitamina D. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Plants.

Sono circa un miliardo nel mondo le persone che soffrono di questa carenza, circa il 40% della popolazione europea, il 26% di quella americana e il 20% di quella orientale.

Accade per vari motivi, a cominciare da una disponibilità alimentare inadeguata, oppure per diete particolari, come quella vegana. “Molto dipende anche dall’assorbimento intestinale di ogni singola persona, molto basso soprattutto negli anziani”, spiega Angelo Santino, uno degli autori dello studio, ricercatore senior CNR ISPA (Istituto di scienze produzione alimentari).

Una volta assunta, la conversione dalla pro-vitamina D2 o D3 che si trova negli alimenti a vitamina D avviene esponendo la pelle alle radiazioni UV, che però comportano rischi gravi come i tumori della pelle.

Perché proprio il pomodoro?

Il pomodoro rappresentava quella possibilità in più di avere un’altra fonte di vitamina D. Ma perché proprio lui? “Perché a differenza di altri vegetali – prosegue il ricercatore – il pomodoro ha il macchinario biosintetico in grado di produrre la provitamina D3, in quanto genera minime quantità di colesterolo per la sintesi di alcuni composti di difesa. La provitamina viene trasformata in colesterolo dall’enzima 7-deidrocolesterolo reduttasi 2. Abbiamo pensato che silenziando questo enzima si potesse produrre una maggiore quantità di provitamina D3”. E così è stato.

La provitamina D3 e l’editing genomico

Grazie all’editing genomico CRISPR/Cas9, i ricercatori hanno introdotto una piccola modifica nel gene di pomodoro che codifica per l’enzima 7-deidrocolesterolo reduttasi 2, coinvolto nella conversione della provitamina D3 a colesterolo, senza intaccare il resto del genoma. Fermando la conversione, hanno raggiunto un accumulo di provitamina D‎3‎ nei frutti e nelle foglie, convertibile in vitamina D mediante trattamento con luce UV-B.

Due pomodori al giorno

“Abbiamo creato cinque linee, fatto dei reincroci per togliere tutto quello che era esterno al genoma del pomodoro. Così, alla seconda generazione, non c’è DNA estraneo a quello del vegetale”, prosegue Angelo Santino. Potrebbero bastare due pomodori biofortificati al giorno per un apporto sufficiente di vitamina D.

“Adesso cominciamo a osservare gli effetti benefici sulla salute, soprattutto sull’infiammazione intestinale, poi dovremmo passare ai trial clinici. I colleghi inglesi hanno già avuto l’approvazione per la produzione in pieno campo, che parte a giugno in Gran Bretagna”.

E questa è la nota dolente: forse, per la prima volta, toccherà all’Italia importare pomodori dalla Gran Bretagna, anche se biofortificati.



www.repubblica.it 2022-05-26 10:42:35

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