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Covid-19, le linee guida della Simit per la profilassi con anticorpi monoclonali

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Due anticorpi monoclonali, in associazione, in grado di legarsi alla proteina spike del coronavirus e impedire così che il virus entri nelle cellule, scongiurando l’infezione e le sue complicazioni. Un’arma in più nella lotta al virus, utile soprattutto per le persone fragili e immunocompromesse, cui ricorrere prima che il coronavirus si presenti. I due anticorpi in questione, tixagevimab e cilgavimab, funzionano infatti come uno scudo protettivo, una profilassi in più in aggiunta al vaccino, da riservare a casi particolari. Oggi per capire come e quando usare questi anticorpi, la Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, ha redatto delle linee guida per supportare i clinici. Nel tentativo di colmare la mancanza di indicazioni specifiche, al di fuori di quelle dell’Agenzia italiana del Farmaco, come racconta il presidente della Simit, Claudio Mastroianni.

Prof. Mastroianni, quali sono i pazienti fragili che possono beneficiare della profilassi con la combinazione dei due anticorpi monoclonali?
“Sono le persone che non hanno risposto alla vaccinazione. Tra loro rientrano immunocompromessi, pazienti ematologici sottoposti a terapie immunosoppressive, oncologici, con immunodeficienze, trapiantati, in dialisi, con HIV, che assumono farmaci biologici o immunosoppressori, quindi incapaci di produrre una risposta adeguata alla vaccinazione contro il Covid. Se contagiate, la malattia potrebbe rivelarsi molto grave. Per proteggerle, nei prossimi mesi dovremo essere in grado di identificarne il profilo di rischio. La vaccinazione rimane il presidio fondamentale, però oggi abbiamo a disposizione strategie terapeutiche, come questa immunoprofilassi passiva, che ci consentono di proteggere ancora meglio le persone fragili, e sono da utilizzare come integrazione al vaccino. Questa combinazione di anticorpi monoclonali è a lunga emivita e riesce a proteggere dalla malattia per almeno 6 mesi. In questo lasso di tempo, anche se i pazienti dovessero contagiarsi, non svilupperebbero sintomi gravi”.

Quali sono le principali indicazioni per il medico che vuole utilizzare la combinazione tixagevimab e cilgavimab nei pazienti fragili?
“Lo specialista deve attenersi alle indicazioni AIFA per valutare il profilo di rischio. Una volta individuato il paziente, può somministrare il farmaco per via intramuscolare. È fondamentale che i clinici sappiano che il prodotto è a disposizione e quindi possano proporlo alle persone che hanno in cura. Anche i medici di base dovrebbero essere a conoscenza di questa possibilità e indicare ai propri assistiti, in caso non sia il centro di cura a farlo, la necessità di ricorrervi. L’informazione, sia da parte sanitaria che dei pazienti, è fondamentale: non bisogna commettere l’errore di comunicare poco e male”.

Dove si può ricevere la combinazione dei due monoclonali?
“La somministrazione può essere svolta in tutti i centri accreditati dalle Regioni: nel Lazio, per esempio, ne abbiamo più di venti. I pazienti possono essere indirizzati a questa opzione farmacologica sia in occasione di visite periodiche che in previsione di terapie immunosoppressive. È fondamentale che questo percorso funzioni bene, perché nei prossimi anni è previsto un aumento di pazienti fragili, causato dalle migliori possibilità di cura e cronicizzazione delle malattie”.

Per accedere al farmaco è necessario un test sierologico negativo. Questo limita la possibilità di trattare i pazienti fragili e immunocompromessi ad alto rischio di malattia grave?

“Riteniamo che questa limitazione debba essere eliminata o superata con una soluzione che permetta la somministrazione del farmaco anche agli individui positivi al test, perché anche in presenza di anticorpi si può beneficiare della protezione offerta dal farmaco. Inoltre, poiché non sappiamo se gli eventuali anticorpi presenti abbiano attività neutralizzante, la loro presenza non invalida in alcun modo la risposta ai monoclonali. Consigliamo di considerare come discriminante più importante il fattore di rischio”.



www.repubblica.it 2022-05-27 17:48:38

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