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Diabete, contro infarti e ictus glicemia sotto controllo da subito

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Che il diabete sia un nemico della salute del cuore è risaputo. Che occorra giungere presto a riconoscere i valori troppo alti della glicemia per mettere in atto le contromisure necessarie è altrettanto noto. Ma c’è un punto su cui forse si transige troppo. Quando inizia il percorso del paziente che scopre di essere diabetico, nel primo periodo ci si affida soprattutto a consigli sullo stile di vita, ad un’alimentazione controllata e magari a trattamenti “blandi” per procedere poi a terapie specifiche. Invece non bisogna perdere tempo, se si vuole proteggere al meglio cuore ed arterie.

Giù la glicemia, al massimo entro un anno dalla diagnosi

Con le cure che, caso per caso, il medico individua. A scompaginare le fila per chi punta ad attendere nella sfida alla glicemia eccessiva, ovviamente per la forma di tipo 2, che colpisce soprattutto gli adulti, è una ricerca inglese. Stando a quanto riportano gli studiosi dell’Università del Surrey in uno studio, coordinato da Martyn B.White e Simon Lusignan e pubblicato su Diabetes, Obesity and Metabolism, per limitare i rischi di eventi cardiovascolari maggiori come infarto e ictus è necessario ricondurre rapidamente entro i limiti accettabili la glicemia. L’analisi suggerisce infatti che il controllo dei livelli di zucchero nel sangue entro il primo anno dalla diagnosi riduce l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori.

Limitare gli sbalzi verso l’alto

Non solo: più i valori glicemici di un paziente variavano nel primo anno dopo la diagnosi, maggiore era la probabilità che si verificassero pericolosi eventi cardiovascolari. Insomma: ci vuole attenzione e forse c’è da riflettere sull’approccio al diabete in chiave di protezione per cuore ed arterie. In genere si procede con un trattamento lento e costante del diabete di tipo 2, con una logica a “salire” nella somministrazione, indica invece l’importanza di limitare subito gli “sbalzi” verso l’alto della glicemia, già entro il primo anno dalla diagnosi.

Per giungere a questa conclusione gli esperti hanno preso in esame le informazioni derivanti dalla banca dati del Royal College of General Practitioners’ Research and Surveillance Center, al fine di valutare quanti pazienti avevano raggiunto il controllo della glicemia entro un anno dalla diagnosi di malattia, correlando queste informazioni con quelle relative alla comparsa di infarti ed ictus negli anni a venire. E sono arrivati alla conclusione che fin dall’inizio riportare i valori glicemici entro la norma appare importante per ridurre i rischi futuri di attacchi cardiaci e problemi cerebrovascolari.

Analizzare le complicanze nei pazienti dismetabolici

Come vanno considerati questi dati nella pratica? “Questo studio e anche l’esperienza clinica dicono implicitamente che il rischio cardiovascolare è in essere anche prima di “laurearsi” in diabete superando le fatidiche soglie diagnostiche – spiega Ezio Ghigo, docente di Endocrinologia all’Università di Torino. Ne consegue la massima importanza di considerare con estrema attenzione le complicanze cardiovascolari in tutti i pazienti dismetabolici ancor più quando il diabete di tipo 2 si sia manifestato. Quanto prima e quanto meglio il metabolismo, non solo glucidico, sarà controllato, tanto minore sarà il rischio che il paziente sia esposto ad eventi cardiovascolari”. Attenzione però, non bisogna mai dimenticare che ogni persona è diversa da un’altra e che il trattamento va indicato caso per caso, considerando anche la disponibilità di farmaci innovativi efficaci e sicuri.

In passato approccio insulina

“Va comunque ricordato che nel passato fu ipotizzato il concetto “insulina tanto prima e più possibile” allo scopo di normalizzare la glicemia – fa sapere l’esperto. Tuttavia questa ipotesi si è poi scontrata con l’evidenza che la terapia insulinica intensiva si associava con un aumento di eventi cardiovascolari, probabilmente espressione di rischio ipoglicemie. Complessivamente, la scelta ottimale dell’approccio terapeutico è favorita dall’appropriatezza: occorre considerare il profilo individuale del paziente allo scopo non già di normalizzare la glicemia ma di rendere il compenso metabolico adeguato per ridurre al minimo le complicanze e offrire benessere a chi ha un metabolismo problematico”.



www.repubblica.it 2022-06-02 05:00:00

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