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Le cellule staminali al posto dell’inchiostro: così hanno stampato l’orecchio in 3D

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Le cellule staminali di una paziente hanno funzionato come “inchiostro” per stampare in 3D un orecchio, poi trapiantato con successo. È avvenuto a marzo, ha annunciato la 3DBio Therapeutics, una società di biotecnologie americana che sta testando la sua tecnologia su altri undici pazienti. Per ora non sono stati forniti dettagli della procedura di cui si saprà qualcosa in più solo alla fine del trial clinico.

La tecnica del bioprinting

Però non è la prima volta che una cartilagine prodotta con bioprinting viene poi trapiantata. “Era già successo qualche anno fa in Cina – ci spiega Lorenzo Moroni, docente di Biofrabbricazione della Medicina Rigenerativa dell’Università di Maastricht – La cartilagine dell’orecchio è una delle più semplici da riprodurre. Gli scienziati cinesi l’avevano trapiantata su pazienti con microtia, la stessa malformazione congenita della paziente americana. Purtroppo, dopo qualche anno i soggetti cinesi hanno avuto dei problemi all’orecchio, il tessuto è tornato a degenerarsi”.

Come funziona

Il bioprinting utilizza cellule o proteine, posizionate in un volume in modo estremamente preciso per creare un tessuto identico a quello del soggetto sotto terapia. “Le staminali vengono racchiuse in micropalline o incorporate in un gel che fa da trasportatore – prosegue Moroni – Può trattarsi di un gel al collagene o di gelatina oppure di gel all’acido ialuronico. È una tecnica innovativa, ma non esistono ancora molti studi clinici. È più costosa rispetto alle altre e non è ancora stato stabilito se il prodotto finale abbia più funzionalità rispetto al tessuto rigenerato”.

L’alternativa della stampa tradizionale

Al posto della biostampa si può fare ricorso alla stampa in 3D tradizionale: “Lo scopo è quello di creare, con materiali acellulari, case tridimensionali dove le cellule possono essere alloggiate e possono crescere. In questo modo noi lavoriamo molto sui tessuti scheletrici, sulla cartilagine delle articolazioni e perfino sui vasi sanguigni – elenca l’esperto – Nel nostro laboratorio abbiamo stampato una porzione di vaso sanguigno per i pazienti sottoposti a dialisi. Spesso in queste persone il prelievo ematico diventa complicato, proprio a causa del macchinario della dialisi, e così potrebbe essere utile un vaso sanguigno nuovo di zecca. Attualmente è in fase di trial clinico”.

Reni e tiroide come modelli

Moroni si sta anche occupando della biostampa di organi interi, come i reni e la tiroide: “Creiamo modelli di questi organi, utilizzando il loro tessuto, soprattutto per le case farmaceutiche che vogliano testare nuovi composti e molecole per futuri farmaci”.    

Ancora lontani gli organi in 3D

La medicina rigenerativa ha fatto grandi passi avanti. Pionieri in Italia sono i ricercatori del Centro di Medicina Rigenerativa Stefano Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Sono stati loro a coltivare in vitro il tessuto corneale partendo dalle cellule staminali del paziente e sempre loro a creare Holoclar, primo farmaco al mondo a base di staminali in grado di riparare la cornea.

In laboratorio già si coltiva la pelle umana e altri tessuti, ma oggi non si è ancora in grado di stampare un organo e impiantarlo. “Mancano ancora 20 anni – predice Moroni – anche se quasi ogni giorno ci sono nuove scoperte che fanno ben sperare”.



www.repubblica.it 2022-06-06 09:31:59

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