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Intelligenza artificiale, così sveleremo i segreti del cuore

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“L’esame? É da rifare, non è abbastanza accurato!” In futuro, forse, questa frase non si sentirà più. Grazie all’Intelligenza Artificiale sarà possibile gestire al meglio il cosiddetto imaging multimodale, ovvero l’interpretazione di dati acquisiti con diverse modalità, migliorando così la personalizzazione della diagnosi. Oltre che il grado di affidabilità dei test. Insomma: se oggi non è infrequente sottoporsi a un’ecocardiografia, a una TAC coronarica, a una risonanza magnetica e il cardiologo chiede di ripetere l’esame perché inaccurato, questo non avverrà più in futuro, perché grazie all’Intelligenza Artificiale stiamo andando verso una omogeneizzazione della qualità degli esami, della loro esecuzione e interpretazione, con un risparmio di tempo per il paziente e di risorse economiche per il Sistema sanitario. A spiegarlo Luigi Badano, professore ordinario di malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università di Milano Bicocca e direttore del centro di diagnostica cardiovascolare integrata presso l’Istituto Auxologico Italiano di Milano, centro clinico che fa parte della rete degli IRCCS italiani a vocazione cardiologica.

I vantaggi delle tecniche di intelligenza artificiale

Una delle grandi aspettative dell’Intelligenza Artificiale (IA) è il supporto allo specialista nell’acquisire dati e immagini in maniera standardizzata e corretta. L’ecocardiografia, l’esame più prescritto per la diagnosi delle malattie cardiache e che utilizza ultrasuoni, è anche quello più dipendente dall’esperienza dell’operatore che la esegue, sia per l’acquisizione delle immagini sia per la loro interpretazione. Questo è proprio uno dei casi in cui l’intelligenza artificiale migliora l’accuratezza. “L’IA -continua Badano – è in grado di guidare lo specialista durante l’esecuzione dell’esame, segnalandogli ad esempio se l’immagine che sta acquisendo non è corretta o invitandolo a cambiare la direzione della sonda ecografica. Segnala, inoltre, in modo rapido i casi in cui riscontra una patologia cardiaca sottostante, distinguendoli da quelli normali. La possibilità di dare la precedenza a chi ha bisogno della nostra attenzione, e soprattutto in tempi molto più rapidi di quelli fattibili dal medico, è a tutto vantaggio del paziente”. La velocità di acquisizione delle immagini e della loro interpretazione con l’IA vale anche per le tecniche di imaging diagnostico in cardiologia come la Tac coronarica e la RMN, vale a dire la risonanza magnetica. “Anche il più esperto dei cardiologi/radiologi – spiega  Badano – non sfrutta più dell’1-2 per cento del contenuto diagnostico degli esami fatti. Per limiti della mente e dell’occhio umano nell’interpretare le immagini (sfumature delle illuminazioni, dimensioni dei pixel o unità di misura delle immagini, modo con cui le immagini cambiano tra pazienti). Ma il contenuto potenzialmente diagnostico di queste immagini è enorme”.

Così cambia la diagnosi con il Deep learning

Gestire e interpretare enormi quantità di dati (i cosiddetti big data), trovare delle relazioni tra le informazioni acquisite per ottenere una diagnosi che poi il cardiologo e radiologo verificano è compito del deep learning (o insegnamento profondo), la più innovativa tra le tecniche. “Ci consente di fare diagnosi prima impensabili e di personalizzare la terapia: nel caso dello scompenso cardiaco ci porta a identificare gruppi di pazienti omogenei che però risponderanno diversamente alle terapie e che quindi tratteremo in modo differente o che hanno una prognosi diversa. Un altro esempio di individualizzazione della diagnosi e trattamento è la stenosi, il restringimento, della valvola aortica severa, quando il passaggio del sangue viene ostruito. Operavamo solo i pazienti con la forma severa (l’area della superficie della valvola aortica si riduce a meno di 1 centimetro quadrato, la normalità è compresa tra 2,5 e 3,5 centimetri quadrati): oggi grazie a queste tecniche sappiamo che anche una stenosi aortica moderata, con calcificazioni e fibrosi del miocardio (presenza di tessuto connettivo-fibroso a livello del miocardio per cui la muscolatura del cuore è più rigida e meno contrattile e le valvole cardiache meno efficienti) deve essere considerata come severa”, spiega sempre Badano.

 

Il futuro che ci attende

Attualmente le tecniche di IA ci guidano nella diagnosi, ma la svolta del prossimo futuro sarà quella di integrare questi dati con altri relativi alla storia clinica del paziente (come i biomarcatori, inclusi marcatori genetici, proteomici e metabolomici che ci guidano anche nella valutazione del rischio delle malattie cardiovascolari) per ottenere informazioni personalizzate sulla prognosi. Proteomica (studio delle proteine), genomica (analisi del DNA), metabolomica (studio dei metaboliti all’interno di un organismo) fanno tutte parte delle scienze “omiche”, che, integrate con l’IA, consentiranno alla medicina di compiere un balzo e di disporre, per ogni singolo paziente, di informazioni sempre più complete per impostare trattamenti realmente personalizzati. Come spiega Badano: “Potremo avere per esempio questo scenario: due pazienti con la stessa entità di stenosi valvolare, il primo che in cinque anni ha il 70 per cento di possibilità di progredire clinicamente, e quindi va tenuto sotto controllo; il secondo, con solo il 20 per cento, è invece un paziente in cui i controlli possono essere diradati. Tutto ciò si traduce in un risparmio di tempo e miglior servizio perché il malato ha un trattamento personalizzato. Le tecniche di IA un domani ci potrebbero guidare anche nella diagnosi delle malattie cardiache rare”.

In collaborazione con Rete Cardiologica IRCCS & NExT-H



www.repubblica.it 2022-07-08 10:12:58

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