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Verso una terapia genica “made in Italy” contro il cancro

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La terapia genica con le cellule staminali del sangue, sviluppata in Italia e oggi impiegata per cinque malattie rare, potrebbe rappresentare una nuova frontiera contro il cancro. Le ricerche sono cominciate molti anni fa all’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano (e cioè esattamente dove questi trattamenti sono stati messi a punto). E oggi, da Science Translational Medicine, arrivano nuovi dati incoraggianti. Ma andiamo con ordine.

Da dove nasce l’idea

È noto che i tumori durante la loro crescita richiamano alcune cellule del nostro sistema immunitario – i macrofagi – che vengono “corrotte” e usate dal tumore stesso, per esempio per formare nuovi vasi sanguigni che portino nutrienti. Bene, è possibile sfruttare questo meccanismo e utilizzare i macrofagi come cavalli di Troia, per portare dentro al tumore molecole che lo inibiscano. Come? L’intuizione è stata quella di andare “alla base”: modificare direttamente le cellule staminali del sangue che danno luogo alle cellule del sistema immunitario. In questo modo, quando i macrofagi modificati vengono richiamati dal tumore, possano esprimere al suo interno una molecola immunostimolante, come l’interferone alfa. Questa molecola è un noto immunomodulante che, oltre a inibire la crescita dei vasi sanguigni tumorali, può anche attivare e ripristinare la funzionalità del sistema immunitario. In pratica si riprogramma il micro-ambiente tumorale, trasformandolo da immunosoppressivo a immunostimolante.

Usare i geni come fossero farmaci

“Usiamo i geni come fossero farmaci, questo significa terapia genica”, spiega a Salute Luigi Naldini, direttore del SR-Tiget, professore dell’Università Vita-Salute San Raffaele e co-fondatore di Genenta Science (spin off del San Raffaele, nata nel 2014 proprio per portare in clinica la terapia genica in pazienti con tumore, e prima e unica biotech italiana quotata al Nasdaq, nel dicembre 2021): “Non siamo certo i primi a pensare di riprogrammare il sistema immunitario per reindirizzarlo contro il tumore. Rispetto a quanto avviene nelle terapie CAR-T, però, dove vengono modificate le cellule immunitarie che portano l’attacco finale al tumore, noi interveniamo prima. Utilizzando dei vettori virali, ingegnerizziamo in laboratorio le cellule staminali emopoietiche che danno origine a tutte le cellule del sangue tra cui i monociti, che si distribuiscono nei tessuti diventando macrofagi e contribuendo al loro ricambio e alla risposta immunitaria. Un sistema di regolazione fa poi in modo che l’interferone – o un’altra molecola immunostimolante – si esprima solo dove c’è il tumore”.

Perché si parla di piattaforma

Quella sviluppata da Naldini e dai ricercatori del SR-Tiget è, in realtà, una piattaforma di immunoterapia genica. “La parola ‘piattaforma’ – spiega l’esperto – vuol dire che può essere trasversale a diversi tipi di tumore. Per ora ci stiamo concentrando sul glioblastoma, il tumore cerebrale più comune e aggressivo negli adulti, sia perché per questa patologia non esistono trattamenti efficaci a parte la chirurgia e la radioterapia, sia perché è un tumore fortemente immunosoppressivo. Ma di base il nostro è un sistema di trasporto – selettivo, controllato e mirato – di molecole che potrà essere sperimentato su altri tumori solidi in futuro”.

La sperimentazione su 16 pazienti con glioblastoma

Dal 2019, grazie al supporto di Genenta Science, è in corso il primo studio clinico (di fase 1/2a) su 16 pazienti con glioblastoma multiforme, arruolati presso l’Ospedale San Raffaele, l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e provenienti dal Policlinico Universitario Gemelli di Roma. L’obiettivo di questa sperimentazione è dimostrare la sicurezza della terapia genica e di validare la piattaforma. Le cellule staminali del sangue sono state prelevate dai pazienti, ingegnerizzate e poi reinfuse. “In questi tre anni – riprende Naldini – sono state somministrate ai pazienti le cellule modificate in dosi crescenti, e i primi dati indicano, oltre alla fattibilità e tollerabilità del trattamento, che si verifica quello che ci aspettavamo: riusciamo a far esprimere l’interferone nel tumore e ad attivare almeno in parte le cellule immunitarie che lo infiltrano”.

Il nuovo studio dell’SR-Tiget

Nel frattempo, anche i ricercatori del SR-Tiget stanno proseguendo nei loro laboratori lo sviluppo della piattaforma e stanno indagando come potenziarne l’efficacia. Proprio oggi Science Translational Medicine pubblica un nuovo loro lavoro condotto grazie al supporto della Fondazione AIRC, che valida ulteriormente la piattaforma. Lo studio è stato condotto su modelli animali e, oltre all’interferone, è stata utilizzata l’interleuchina 12, un’altra molecola in grado di attivare il sistema immunitario. La principale novità, però, consiste nell’introduzione di un sistema “on-off” dell’espressione della citochina. La citochina è stata infatti resa instabile e inattiva finché non viene somministrato un farmaco che la stabilizza. “Questo ci consente di aggiungere un ulteriore livello di controllo per attivare o inattivare il rilascio delle citochine, a seconda delle esigenze terapeutiche e della crescita del tumore, rendendo quindi la piattaforma inducibile e regolabile nel tempo”, spiega ancora Naldini. I risultati mostrano una riduzione significativa della massa tumorale e l’aumento, anch’esso significativo, della sopravvivenza a lungo termine dei modelli animali. In alcuni casi è stata osservata la scomparsa del tumore e lo sviluppo di una memoria immunitaria anti-tumorale. Dati molto incoraggianti, quindi: lasciano sperare che in un prossimo futuro la terapia genica made in Italy possa cambiare la storia di diversi tumori, così come è stato per le terapie CAR-T.



www.repubblica.it 2022-07-13 18:24:49

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