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Virus pediatrici, dopo la pandemia tornano (e per giunta fuori stagione)

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I virus pediatrici endemici sono tornati. Quei patogeni comuni dei bambini sono di nuovo tra noi dopo che, silenziosamente erano usciti di scena per un effetto indiretto, collaterale, delle misure preventive contro il Covid. Infatti, senza che ce ne fosse l’intenzione, per via di mascherine e lockdown e distanziamenti sociali e scuole chiuse, insieme a Sars-cov-2 anche il virus respiratorio sinciziale (vrs), l’enterovirus, il virus influenzale, i rinovirus, hanno smesso di circolare. Per ricomparire, una volta allentate le misure di contenimento del coronavirus.

Colpiscono ad età diverse e con stagionalità differenti

Ma sono ricomparsi però con una stagionalità differente, coinvolgendo bambini di età diverse e anche con effetti di differente gravità. In una parola con una epidemiologia nuova. A tutto questo dobbiamo prepararci. E non è detto che sia facile, perché il futuro in fondo è incerto. Parla chiaramente di incertezza l’articolo pubblicato su Lancet.

Un cambiamento di schema

Gli autori – pediatri infettivologi dell’università del Colorado e esperti di ecologia e biologia evoluzionistica di Princeton coordinati dal pediatra Kevin Messacar –  raccontano che prima del 2020 il virus respiratorio sinciziale (vrs) e i virus influenzali raggiungevano il loro picco in inverno e nei climi temperati gli enterovirus circolavano dall’estate all’autunno seguendo schemi ciclici noti.  Ma la pandemia di Covid ha impedito la circolazione di questi agenti patogeni, che poi però si sono ripresentati seguendo modelli inattesi. Nel 2020 non si è verificata l’attività stagionale dell’enterovirus, ma l’enterovirus D68 è riemerso nell’autunno del 2021 in Europa.

Nel 2020, leggiamo ancora su Lancet, che riporta una riflessione relativa più agli Stati Uniti ma certamente riproducibile altrove, non c’è stata la tipica ondata invernale di ricoveri dovuti al virus sinciziale (il patogeno responsabile delle bronchioliti). Ma cadute le mascherine, le epidemie di vrs sono ricominciate la primavera successiva, colpendo però bambini più grandi. Stesso cambiamento di schema ha avuto il virus influenzale, che non si è manifestato d’inverno ma lo ha fatto qualche mese dopo.

Prepararsi all’incertezza

Insomma, dopo il 2020 le infezioni pediatriche hanno cominciato a cambiare. Ora: è possibile prevedere in che modo l’epidemiologia di questi patogeni si sta modificando? O, più precisamente, cosa ci possiamo aspettare nel prossimo futuro? Messacar ha contattato un gruppo di epidemiologici modellisti del dipartimento di ecologia e biologia evolutiva dell’Università di Princeton – Rachel E. Baker, Bryan Grenfell, Sang Woo Park che hanno firmato con lui la pubblicazione su Lancet, – e ha chiesto loro di elaborare una previsione.

I modelli epidemiologici non funzionano più

Ma la risposta “è stata che dobbiamo prepararci all’incertezza”, come ha dichiarato lo stesso Messacar. In pratica, ha detto il pediatra, dobbiamo prendere atto che i modelli epidemiologici su cui facevamo affidamento in passato sembra non funzionino più in questi anni, a ridosso della pandemia. E agire di conseguenza: cioè tenendo un po’ più alta l’attenzione, riconoscendo i casi sospetti, in una  parola stando più all’erta. I medici – secondo i pediatri che hanno firmato l’articolo su Lancet –  devono conoscere e avere familiarità con i patogeni che circolano nelle loro zone, tenersi in contatto con i servizi locali di epidemiologia e utilizzare qui dati per prendere decisioni di pratica clinica.

In Italia

Fabio Medulli, professore ordinario di Pediatria, direttore del dipartimento materno infantile della Sapienza Università di Roma e responsabile del Pronto soccorso pediatrico del policlinico Umberto I, ricorda che l’articolo su Lancet riporta quello che anche gli esperti italiani hanno “registrato e documentato”. Su questo stesso tema infatti Midulla e altri colleghi italiani hanno infatti pubblicato tre studi. Uno, uscito a luglio 2021 sulle pagine di Pediatric pulmonology, si chiedeva, espressamente nel titolo, dove fosse andato a finire il virus sinciziale durante pandemia.

Una seconda ricerca, pubblicata su Frontiers in Pediatrics a luglio di quest’anno, era ancora una volta sul virus sinciziale. E un terzo studio del marzo 2022 su Acta Pediatrica invece ha esaminato diversi virus respiratori ‘scomparsi’ durante la pandemia dagli ospedali pediatrici .

Che cosa sta succedendo?

Ma cosa è successo, cosa sta succedendo e se e cosa possiamo fare per evitare ai bambini danni indiretti del Covid dovuti a virus diversi dal Covid? “È successo che le misure di prevenzione primaria che hanno limitato la diffusione del Sars-cov-2 hanno modificato l’andamento epidemiologico dei virus respiratori che normalmente circolano nella popolazione pediatrica: il virus sinciziale, l’influenzale, i rinovirus, l’enterovirus, che sono responsabili della bronchiolite (soprattutto il virus sinciziale) di polmoniti, di asma dell’età prescolare – dice l’esperto – . Ora il problema è che il rallentamento delle misure di prevenzione del coronavirus, con il freddo, l’umido, le piogge e la riapertura delle scuole, potrebbero far circolare questi  virus in maniera più intensa e con manifestazioni cliniche più importanti”.

Niente anticorpi da mamme a neonati

Durante il periodo delle chiusure e del distanziamento sociale le madri in gravidanza non sono entrate in contatto con i virus più comuni, questo ha impedito che fabbricassero anticorpi contro molti i virus, e in particolare contro quelli respiratori, e li trasmettessero ai neonati. “Un fenomeno che potrebbe comportare che quando il virus, per esempio il sinciziale, comincia a circolare, quei bambini nati senza la protezione anticorpale materna si ammalino di forme più gravi di malattia”, spiega Midulla.

Poi ci sono i bambini più grandi, quelli che sono nati durante il periodo di prevenzione primaria del covid. Anche loro non sono stati a contatto con i virus perché più isolati in casa, “certo, e questi bambini rischiano di contrarre le infezioni quando sono più grandi – riprende il pediatra -. I ricercatori su Lancet infatti mettono bene in evidenza due picchi di infezione nel periodo 2020-2022 a ridosso delle chiusure: i bambini più a rischio sono i piccoli nati dopo e appunto quelli nati durante” dice il pediatra.

L’importanza dell’educazione sanitaria

La prevenzione primaria del Covid ha anche modificato la stagionalità dell’epidemiologia virale, “Prima della pandemia, la stagione dei virus respiratori era dicembre-marzo, ma nel 2020 e nel 2021 – riprende Midulla –   è stata settembre-dicembre. Tutto questo richiede un’attenzione particolare: le strutture sanitarie devono essere pronte a riconoscere i casi e le eventuali epidemie, e ad accogliere i bambini e i pediatri sul territorio fare una buona educazione sanitaria”, dicendo ai genitori di non rimandare a scuola i bambini se non quando sono perfettamente guariti, di evitare che i figli stiano in luoghi molto affollati e dove si fuma, e di favorire l’allattamento materno.

Un anno e poi (forse) basta

Ma per quanto ancora avremo a che fare con questa epidemiologia modificata dal Covid? “Io penso che probabilmente ancora per quest’anno, e poi basta. Quando non ci sarà più bisogno di misure di prevenzione contro il Covid – prevede l’esperto – anche il resto tornerà come prima”. 



www.repubblica.it 2022-07-26 09:57:00

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