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Sla: nuova luce su uno dei meccanismi base della malattia – Medicina

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(ANSA) – FIRENZE, 28 LUG – Nuovi risultati dagli studi in
laboratorio su uno dei meccanismi alla base della Sla: grazie a
una ricerca di un team di biochimici dell’Università di Firenze
in collaborazione con un gruppo dell’Ateneo di Genova, “si è
giunti – spiega Unifi – alla classificazione e quantificazione
esatta dei depositi di una precisa proteina, TDP-43, che, in
modo anomalo, si sposta fuori del nucleo dei motoneuroni, le
cellule nervose che dal cervello trasmettono lo stimolo ai
muscoli per la loro attivazione”. La ricerca, cofinanziata da
Fondazione Arisla e con fondi di un bando Fondazione CR Firenze
– Università di Firenze – è stata pubblicata su Science
advances. “Le ricerche sulla Sla – spiega il coordinatore dello
studio Fabrizio Chiti – ci dicono che nella grande maggioranza
dei casi la proteina TDP-43 si deposita in forma di inclusioni
al di fuori del nucleo dei motoneuroni, nel citoplasma delle
loro cellule” con due conseguenze negative: “Viene a mancare la
proteina funzionale nel nucleo e queste inclusioni proteiche si
accumulano nel citoplasma con azione nociva. La conseguenza è
che il paziente con Sla non riesce a muovere i propri muscoli a
causa del malfunzionamento dei motoneuroni”. “Riproducendo
questo meccanismo in cellule in coltura simili ai motoneuroni
grazie alla microscopia confocale Sted – spiegano Roberta
Cascella e Alessandra Bigi, prime autrici del lavoro -, abbiamo
isolato e contato nel tempo una per una le inclusioni di TDP-43
attribuendole a classi in base alla dimensione”, arrivando poi a
identificare “le inclusioni maggiormente responsabili della
malattia”, risultate essere, aggiunge Cristina Cecchi, del team
fiorentino, “quelle di grandi dimensioni a differenza di quanto
succede nella maggior parte delle malattie neurodegenerative”.
   
“Si è scoperto anche che per la degenerazione dei motoneuroni
giocano un ruolo la perdita di proteina nel nucleo per il 60%
circa, e, per il 40% circa l’accumulo nel citoplasma di TDP-43”,
continua Fabrizio Chiti. Lo studio ha permesso inoltre di capire
che le inclusioni più grandi sono “attaccate” dai sistemi
protettivi di controllo di qualità presenti all’interno delle
nostre cellule, che tuttavia non riescono a eliminarle del tutto
e a risolvere completamente il problema. (ANSA).
   

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