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Se il colesterolo è alto, attenti a non abbandonare le cure

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A volte si inizia tardi. In altri casi ci si dimentica di assumere la pasticca quotidiana. Ma capita anche che, con il passare degli anni, qualcuno possa ritenere meno utile continuare le terapie con statine per abbassare il colesterolo cattivo o Ldl. Ed è un grave errore, visto che l’interruzione precoce del trattamento con questi farmaci potrebbe ridurre significativamente la protezione a lungo termine contro le malattie cardiovascolari, visto che molti dei benefici della riduzione del colesterolo – non dimentichiamo mai che meno è e meglio è – si osservano più avanti nella vita. A segnalare l’importanza di non abbandonare le cure è una ricerca “matematica” presentata al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) in corso a Barcellona da un team coordinato da Runguo Wu della Queen Mary University di Londra.

Importante iniziare presto

Lo studio indica chiaramente che gli over-40 ad alto rischio, con un’alta probabilità di avere patologie cardiovascolari, o comunque tutti quelli che hanno già malattie cardiache dovrebbero parlare con il curante per valutare se cominciare il trattamento. Ma soprattutto segnala un altro aspetto: “L’interruzione del trattamento, a meno che non sia consigliata da un medico, non sembra essere una scelta saggia”, sottolinea Wu.

La ricerca ha stimato l’accumulo di benefici con le statine in base all’età di inizio della terapia utilizzando una simulazione basata sui dati di quasi 120.000 soggetti partecipanti a studi sulle statine della Cholesterol Treatment Trialists e di mezzo milione di persone della banca dati UK Biobank. Il trattamento con una dose standard di statina è stato utilizzato per stimare l’effetto della terapia rispetto all’assenza di terapia in questi scenari: terapia a vita (utilizzata fino alla morte o fino a 110 anni di età, se precedente), interruzione della terapia a 80 anni di età e inizio ritardato della terapia di cinque anni nei partecipanti di età inferiore a 45 anni.

Quanto si guadagna per uomini e donne

Misurando un parametro chiamato QALY (ogni QALY equivale a un anno di vita in perfetta salute) e considerando tutti gli altri fattori, si è visto che gran parte dei QALY guadagnati con la terapia con statine sono maturati più tardi nella vita. Più alto era il rischio cardiovascolare a 10 anni dei partecipanti, maggiore e più precoce era il beneficio delle statine. Rispetto alle statine per tutta la vita, l’interruzione della terapia a 80 anni ha cancellato gran parte del beneficio potenziale, soprattutto per le persone con un rischio cardiovascolare relativamente basso.

In particolare le persone che iniziano a prendere le statine a 50 anni, ma smettono a 80 anni invece di continuare per tutta la vita, perderanno il 73% del beneficio in termini di QALY se hanno un rischio cardiovascolare relativamente basso e il 36% se hanno un rischio cardiovascolare elevato. Particolare attenzione va prestata alle donne che hanno un rischio cardiovascolare generalmente inferiore rispetto ai maschi. “Ciò significa che per le donne la maggior parte dei benefici delle statine nel corso della vita si verifica più tardi e l’interruzione prematura della terapia è probabilmente più dannosa che per gli uomini”, segnala l’esperto.

Cure mirate per ogni persona

Certo è che il colesterolo alto è difficile da contrastare con successo. Stando ai dati dello studio Santorini su oltre 9000 persone con specifiche problematiche, emerge una sostanziale sottostima dei pericoli. “Oggi sappiamo chiaramente che “lower is better”, ovvero più abbassiamo il colesterolo e meglio è – ricorda Alberico Catapano, Ordinario di Farmacologia all’Università di Milano e Irccs Multimedica – ma bisogna studiare bene i trattamenti in base alla riduzione che si vuole ottenere”. Insomma occorre proporre terapie specifiche in base agli obiettivi che ci poniamo, ovvero scendere sotto i 55 milligrammi per decilitro di Ldl nelle persone ad altissimo rischio (come chi ha avuto un infarto o un ictus) o almeno dimezzare i valori e i 70 per chi è ad alto rischio”.

Come ci aiutano i farmaci

“Rispetto a qualche tempo fa, oggi abbiamo a disposizione diversi farmaci in base agli obiettivi terapeutici – riprende Catapano. Nei prossimi mesi dovrebbe essere disponibile in Italia anche l’acido bempedoico, che inibisce la sintesi del colesterolo nel fegato e non presenta l’azione sui muscoli delle statine, oltre a poter essere associato ad ezetimibe e alle stesse statine in chi ne avrà necessità”. L’importante è ragionare in base ai risultati che si desiderano. Nei soggetti ad altissimo rischio si può ricorrere agli anticorpi monoclonali che agiscono come “spazzini”, contrastando l’attività di una particolare proteina, chiamata PCSK9, che nell’organismo degrada i recettori per le Ldl che si trovano sulla superficie delle cellule del fegato. Si attende infine inclisiran: dopo un ciclo di partenza, questo farmaco (un RNA stabile che interferisce con la sintesi della PCSK9) può essere somministrato solo due volte l’anno e aiutare le persone a ridurre drasticamente i valori di Ldl. Ovviamente l’importante è sempre perseverare nella sfida al colesterolo Ldl. Solo seguendo le cure prescritte nel tempo si può contrastare questo fattore causale (come diabete e ipertensione) delle malattie cardiovascolari ischemiche.



www.repubblica.it 2022-08-29 08:35:35

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