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Malattia delle vetrine, meglio non fermarsi quando si sente dolore

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Si cammina, a ritmo più o meno veloce. Poi, quasi di colpo, ci si ferma per qualche minuto e magari si finge di guardare i negozi. Ma attenzione: il motivo della sosta non è l’attenzione agli oggetti esposti, quanto piuttosto un forte dolore che viene dai muscoli delle gambe. Il dolore in qualche minuto scompare. E si può riprendere il passo.

Il dolore alle gambe

Si manifesta più o meno così la “malattia delle vetrine”, legata al carente afflusso di sangue e ossigeno alle gambe attraverso le arterie. Gli esperti la chiamano claudicatio intermittens: è una condizione caratterizzata da dolori che costringono chi ne è affetto a fermarsi, mentre cammina, anche dopo poche centinaia di metri. Per chi ha problemi di questo tipo, il dolore ai muscoli è sicuramente il segnale principale. 

Non fermarsi

Quando si ha male ci si ferma. Ma forse in futuro bisognerà cambiare atteggiamento, visto che una ricerca condotta presso l’Università Northwestern di Chicago sembra dire il contrario. Se si riesce a continuare a camminare anche dopo che sono comparsi i dolori muscolari, migliorerebbe la situazione circolatoria delle gambe. Lo studio mostra infatti che i pazienti con malattie delle arterie periferiche che camminano a un ritmo intenso e arrivavano a provare dolore, col tempo, migliorano le prestazioni fisiche.

Tre gruppi sotto osservazione

La ricerca, coordinata da Mary McDermott, mette in luce una sorta di effetto benefico del dolore, da sempre considerato invece la variabile chiave per imporre lo stop a chi soffre di “malattia delle vetrine”. Lo studio, pubblicato su Journal of American Heart Association, ha incluso 264 persone con malattie arteriosa degli arti inferiori divise in tre gruppi e seguite per un anno. Nel primo, grazie al tapis roulant, i pazienti hanno camminato in base alle loro potenzialità, ma sempre in situazioni di confort.

Nel secondo, il ritmo è stato innalzato tanto da far comparire sintomi come il dolore alle gambe. Nel terzo, non è stato proposto alcun training fisico. I pazienti hanno caricato i dati sulla frequenza, l’intensità e la durata dell’esercizio su un programma informatico di valutazione.

Controllando i test di funzionalità delle gambe a sei mesi e un anno dall’inizio dello studio, oltre a misurare la velocità massima sui quattro metri e ad effettuare controlli dell’equilibrio, si è visto che chi ha superato lo stop imposto dal dolore ha migliorato su tutti i test, anche in confronto a chi svolgeva la normale attività fisica prescritta.

Senza dolore, nessun guadagno

Dall’indagine emerge anche che chi camminava per esercizio a un ritmo confortevole non ha avuto miglioramenti nella velocità del passo a sei o 12 mesi rispetto ai soggetti sedentari. Chi invece ha fatto uno sforzo intenso, magari anche con dolore, ha visto migliorare le rpestazioni. “Siamo rimasti sorpresi dai risultati perché si ritiene che camminare per esercizio a un ritmo che induce dolore alle gambe le persone con PAD sia associato a danni ai muscoli delle gambe – segnala la McDermott. Sulla base di questi risultati, i medici dovrebbero consigliare ai pazienti di camminare per l’esercizio a un ritmo che induca disagio alle gambe, invece che a un ritmo confortevole senza dolore”.

Sintesi finale: anche se è ovviamente difficile convincere i pazienti, l’esercizio che può ridurre anche il dolore alle gambe fa davvero bene, almeno in base allo studio. La ricerca in qualche modo “smonta” teorie precedenti, pur se va confermata.

Perché le gambe fanno male

La causa più frequente di carenza di sangue ed ossigeno ai muscoli delle gambe è l’aterosclerosi: l’ostruzione o il restringimento delle arterie, causati ad un processo che riduce il flusso di sangue nelle gambe durante l’attività fisica. Per questo quando si sentono crampi di qualche centinaio di metri di passeggiata, occorre parlarne con il medico. E’ vero infatti che a volte l’ostruzione di un’arteria può non essere nemmeno percepita, ma nella maggior parte dei casi fin dagli stadi iniziali la patologia delle arterie porta a dolori. E la distanza che il paziente riesce a percorrere prima della ricomparsa dei dolori è un ottimo indice della severità della malattia, potendo arrivare ad essere nei casi più gravi solo di pochi passi.

La situazione è ovviamente ancora peggiore quanto si arriva all’ischemia critica, che porta a dolori anche a riposo a gamba e piede.  Sul fronte delle cure, il primo passo è contrastare i fattori di rischio delle arterie, dal sovrappeso al diabete passando per pressione alta, colesterolo in eccesso e fumo. Quindi il movimento regolare è fondamentale. Per combattere la malattia delle vetrine si possono scegliere strade diverse, sulla base delle condizioni del paziente. Si va dai farmaci ad interventi chirurgici tradizionali o mininvasivi: caso per caso lo specialista curante sceglie la strategia terapeutica più indicata.

 



www.repubblica.it 2022-09-17 05:21:28

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