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Long Covid, le conseguenze neurologiche colpiscono di più le donne

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Prerogativa soprattutto delle ondate di contagi precedenti a Omicron, i sintomi respiratori più gravi provocati da Covid-19 (dispnea, dolore toracico, palpitazioni, insufficienza respiratoria) rappresentano una caratteristica principalmente maschile. A differenza, invece, della lunga sequela di disturbi neurologici che gli esperti definiscono Neurocovid e che colpisce più di frequente le donne. Questo è quanto si evince da uno studio pubblicato sul Journal of the Neurological Sciences da un gruppo di ricercatori della clinica neurologica dell’Azienda sanitaria universitaria Giuliano-Isontina di Trieste. 

Neurocovid: quali sono i segnali

A queste conclusioni i camici bianchi sono giunti analizzando in maniera retrospettiva le condizioni di 213 pazienti che, tra l’1 gennaio e l’1 ottobre dello scorso anno, si sono recati almeno una volta nell’ambulatorio dedicato alla gestione dei postumi neurologici dell’infezione da Sars-Cov-2. Come tali, vengono definiti i sintomi presenti a quattro o più settimane dalla comparsa di quelli acuti determinati da Covid-19.

Del campione facevano parte 151 donne e 62 uomini. Età media: 54 anni. Nei loro confronti gli specialisti hanno proceduto prima con uno screening mirato a valutare quali manifestazioni avessero accompagnato le prime fasi della malattia e a quali terapie si fossero sottoposti.

I sintomi più frequenti

Dopodiché si è passati alla valutazione relativa al Long-Covid. Senza ricorrere a esami del sangue o strumentali, ma soltanto registrando i sintomi diffusi (affaticamento, problemi respiratori o gastrointestinali, palpitazioni, dolore muscolare, vertigini, febbre persistente, disturbi della vista) e quelli neurologici. Come tali sono stati inquadrati la comparsa di parestesie, la perdita di gusto e olfatto, il mal di testa, la presenza di disturbi dell’umore, di deficit cognitivi, di acufene e di insonnia. Tutte condizioni che sono state associate all’infezione da Sars-CoV-2 soltanto dopo aver registrato che non fossero già presenti da prima dell’infezione. I risultati hanno permesso di riconoscere i deficit cognitivi, l’astenia persistente e la perdita del gusto o dell’olfatto come i sintomi più frequenti del Long-Covid.

I disturbi neurologici più frequenti nelle donne

La frequenza dei disturbi è risultata analoga, tra uomini e donne: a eccezione del mal di testa, più ricorrente tra le donne. Ma il numero di donne che si sono rivolte all’ambulatorio isontino è risultato superiore di quasi tre volte: nonostante l’infezione si fosse manifestata con sintomi acuti più importanti tra gli uomini, tra cui era peraltro più alta la frequenza di disturbi metabolici e cardiovascolari al momento del contagio.

Non è questione di gravità

Un dato che conferma un’evidenza emersa già da altri studi: il rischio di andare incontro ai postumi di Covid-19 non dipende in maniera esclusiva da quanto grave sia stato il quadro clinico nel corso della fase acuta dell’infezione. Né per quanto attiene la durata né per quel che riguarda l’intensità delle sequele. E che consolida l’ipotesi che il quadro clinico noto come Neurocovid – di fatto una categoria del Long-Covid, che racchiude soltanto gli strascichi neurologici associati all’infezione – sia più ricorrente nel sesso femminile.

“I nostri risultati dovranno essere confermati su un campione più ampio, ma per il momento ci dicono che le conseguenze di Sars-CoV-2 possono essere registrate più di frequente tra le donne – dichiara Paolo Manganotti, direttore della clinica neurologica e ordinario di neurologia all’Università di Trieste -. Non siamo ancora in grado di dire quali aspetti abbiano un ruolo determinante, in questo senso. Ma sulla base dell’esperienza clinica potrebbe essere utile strutturare un’offerta terapeutica differenziata tra i due sessi. E che punti a rispondere soprattutto ai bisogni delle donne, che sembrano essere più colpite da questa problematica”. 

Neurocovid: il possibile ruolo degli estrogeni

Nessuna certezza, al momento, circa le cause che determinano i postumi del Covid-19 a livello neurologico. Soltanto ipotesi: dalla particolare affinità di Sars-CoV-2 per i neuroni alle alterazioni determinate da fenomeni trombotici.

Non si esclude nemmeno un possibile ruolo giocato da altri patogeni: fino a quel momento silenti nel nostro organismo e “riattivati” dal coronavirus. Quanto a un possibile impatto del genere, i meccanismi alla base del Long-Covid tra le donne sono in fase di studio. I riflettori sono puntati sugli estrogeni, responsabili di una risposta immunitaria più robusta: come peraltro emerge dai più alti tassi di malattie autoimmuni che si registrano rispetto agli uomini.

Una risposta infiammatoria

“Siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma diversi lavori hanno dimostrato che la presenza di residui di Sars-CoV-2 in vari organi potrebbe attivare una risposta infiammatoria a livello locale”, conclude Manganotti, che venerdì interverrà a Trieste Next: il festival della ricerca scientifica in programma nella città giuliana fino al 24 settembre. “Questa, se si registra nel cervello, potrebbe essere alla base di quel fenomeno che oggi chiamiamo nebbia cerebrale”.

 



www.repubblica.it 2022-09-23 05:00:23

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