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I dolcificanti? Tra le altre cose, alterano il microbiota intestinale

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Promettono di offrire dolcezza ad alimenti e bevande, senza aggiungere chilocalorie alla nostra dieta. Accompagnati per lungo tempo da un’aura di salutismo, i dolcificanti artificiali potrebbero in realtà non essere privi di conseguenze per la nostra salute. I primi sospetti risalgono a otto anni fa, quando un gruppo di ricercatori del Weizmann Institute of Science di Gerusalemme dimostrarono che l’assunzione di queste molecole alterava la flora intestinale dei ratti. In un modo tale da rendere più difficoltoso il metabolismo degli zuccheri. Ed esponendo così gli animali a un rischio maggiore di iperglicemia, se non proprio di diabete. Il tempo trascorso non è servito a ridimensionare la questione, rilanciata poche settimane fa da uno studio condotto su un campione umano. Le conclusioni, pubblicate sulla rivista Cell, stanno già facendo discutere. Convinti che convenga guardare con prudenza ai dolcificanti come soluzione per consumare alimenti dolci con meno preoccupazioni. Così almeno fino a ulteriori riscontri. 

I camici bianchi israeliani, che nel 2014 furono i primi a notare un effetto sulla composizione batterica intestinale nei topi, hanno completato una sperimentazione su oltre 1.300 individui sani (nessuno di loro aveva mai utilizzato i dolcificanti artificiali prima dell’inizio dello studio). Il campione è stato inizialmente diviso in due: un gruppo di studio (120 persone) e uno di controllo. I protagonisti della ricerca sono stati a loro volta suddivisi in sei campioni. Quattro più piccoli, a seconda del tipo di dolcificante artificiale assunto in bustine tre volte al giorno e per due settimane: aspartame, saccarina, stevia e sucralosio (in dosi comunque inferiori ai limiti fissati dalle autorità regolatorie e dunque ritenute sicure per il consumo umano). Mentre gli altri due erano composti da coloro chiamati ad assumere zucchero o nessuna sostanza dolcificante.

Cambia anche la capacità di tollerare gli zuccheri

Obiettivo: valutare l’impatto sulla salute umana. Gli effetti sono stati gli stessi riscontrati sui modelli animali. A seguito dell’assunzione dei quattro dolcificanti, infatti, i ricercatori hanno riscontrato variazioni nella composizione del microbiota sia dell’intestino sia della cavità orale. E in coloro che avevano consumato saccarina e sucralosio è stata registrata anche un’alterata capacità di tollerare gli zuccheri. Una condizione che gli esperti considerano prodromica alla comparsa del sovrappeso, dell’obesità e del diabete.

Per chiarire l’origine di quest’ultimo riscontro, ottenuto monitorando in continuo la glicemia per 29 giorni, i ricercatori hanno aggiunto un ulteriore step allo studio. Trasferendo campioni dei batteri intestinali prelevati attraverso le feci da queste persone in ratti resi sterili (senza microrganismi nell’intestino) e misurando le oscillazioni della glicemia, i risultati sono stati analoghi a quelli ottenuti nell’uomo. Un riscontro che, secondo gli studiosi, conferma il nesso di causalità determinato dai dolcificanti artificiali sulle alterazioni del microbiota e sulla regolazione della glicemia.

Cambiano i batteri e si altera la glicemia

“I nostri risultati dimostrano che i cambiamenti nell’assetto dei batteri intestinali possono indurre alterazioni della glicemia nei consumatori”, avverte Eran Elinav, immunologo del Weizmann Institute e tra i primi ricercatori al mondo a impegnarsi per capire l’impatto che i dolcificanti artificiali hanno sulla salute. Un processo che i ricercatori definiscono “altamente personalizzato”. E che, complice anche un’osservazione troppo breve per permettere di trarre conclusioni definitive, richiederà ulteriori anni di studi.

Gli zuccheri semplici? Pericolosi

Soltanto dopo, eventualmente, sarà possibile tradurre le evidenze scientifiche in raccomandazioni rivolte alla popolazione generale. “Gli zuccheri semplici rimangono tra le molecole più pericolose per la nostra salute – chiarisce Elinav -. Detto ciò, è sul nostro desiderio di consumare cibi dolci che occorre lavorare. Oggi possiamo affermare quasi con certezza che i dolcificanti non sono inerti per la salute, come pensavamo fino a una decina di anni fa”. 

Cosa sono i dolcificanti artificiali?

Da qui il dilemma: meglio consumare (sempre con moderazione) lo zucchero nel caffè e tra gli ingredienti dei dolci o prediligere questi dolcificanti? Difficile rispondere, al momento. La realtà dimostra che, complice l’aumento della prevalenza del sovrappeso e dell’obesità e delle malattie correlate, il consumo di dolcificanti artificiali è cresciuto in maniera significativa negli ultimi quarant’anni. Si tratta di sostanze prodotte in laboratorio – a differenza dei dolcificanti naturali, riconoscibili dalla desinenza in “olo”: è il caso del sorbitolo, del mannitolo, dello xilitolo – attraverso un processo di sintesi chimica. E caratterizzate da un potere dolcificante estremamente elevato  ma con un contenuto calorico quasi nullo, dal momento che non sono assorbite dall’organismo. Tra i dolcificanti di sintesi più conosciuti proprio quelli “testati” nello studio. Da qui l’interesse della comunità scientifica, intenzionata a comprendere quali possano essere gli effetti sulla salute determinati da un consumo costante nel tempo.

Le evidenze più significative, ottenute prima su modello animale e poi sull’uomo, riguardano l’alterazione della flora intestinale. Un complesso ecosistema di batteri, funghi e virus che è sensibile ai componenti della dieta e dalla cui composizione sembra dipendere la nostra salute. Alcuni batteri sintetizzano infatti sostanze utili (per esempio la vitamina K) e digeriscono molecole complesse. Altri concorrono a mantenere in salute l’intestino, proteggendolo dalle infiammazioni e dall’insorgenza di tumori.

Perché deve essere ricco di batteri

Inoltre – stando sempre alle evidenze scientifiche raccolte nell’ultimo decennio – un microbiota ricco di batteri capaci di digerire e fermentare i flavonoidi contenuti nella frutta e nella verdura promuove la produzione di sostanze che hanno effetti protettivi sulla salute cardiovascolare. Al contrario, invece, cibi ricchi di acidi grassi saturi e alimenti molto calorici stimolano la proliferazione di ceppi che promuovono l’infiammazione. L’alterazione (in senso negativo) del microbiota è stata correlata a un aumentato rischio di insorgenza di diverse malattie: dal diabete (con tutte le possibili conseguenze) a diversi tumori.

I geni hanno un ruolo sul microbiota

Come comportarsi, allora, alla luce di queste evidenze? La difficoltà, come ammesso dagli stessi ricercatori, sta nel “trasferirle” in consigli utili per la popolazione generale. Non può infatti esistere un microbiota ideale uguale per tutti: i geni e le caratteristiche individuali hanno un ruolo determinante nella sua composizione. Quello che si può dire, al momento, è che quanto più il microbiota è diversificato, tanto più sembra essere protettivo nei confronti della salute.



www.repubblica.it 2022-09-22 11:10:23

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