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Vaccini, non dimentichiamo quelli per adulti e anziani: ecco quali fare e quando

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Negli ultimi due anni dovrebbero averlo imparato anche i più scettici. Le misure di prevenzione non farmacologiche – mascherine, distanziamento sociale, igiene delle mani – hanno un impatto significativo nel limitare la diffusione di virus e batteri. Ma se si punta a sconfiggere le malattie infettive fin dalle loro origini, non c’è strumento più efficace delle vaccinazioni. E questo cale anche per gli adulti. “Nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale ci sono due capitoli: uno dedicato agli adulti e uno agli anziani – ragiona Giovanni Gabutti, coordinatore del gruppo di lavoro dedicato ai vaccini e alle politiche vaccinali della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), riunita fino a sabato primo ottobre a Padova per il congresso nazionale -. Siamo però ancora ben lontani da un adeguato grado di consapevolezza: sia nella cittadinanza sia tra alcune categorie di specialisti”.

Quando si parla di vaccini la tendenza è spesso quella di associarli alla tenera età. Non è un caso che l’investimento maggiore nelle campagne di vaccinazione riguardi le fasce di età tra gli 0 e i 6 anni. In realtà c’è un’altra grande categoria che necessiterebbe di maggiori investimenti ed è quella degli anziani. Accanto a quello influenzale (da ripetere con cadenza annuale), a partire dai 65 anni i calendari vaccinali stilati dal Ministero raccomandano (e offrono) la vaccinazione per il contrasto dell’Herpes zoster (responsabile del Fuoco di Sant’Antonio) e quella contro lo Pneumococco (causa di polmonite batterica).

Un aiuto contro l’antibiotico-resistenza

“Questi vaccini rappresentano una grande opportunità contro infezioni dalle gravi conseguenze – sottolinea Claudio Mastroianni, direttore dell’Uoc di Malattie infettive al Policlinico Umberto I di Roma e presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) – Intervenire nella limitazione di queste malattie può costituire un’arma in più anche per limitare la resistenza agli antibiotici: la minaccia più significativa dei prossimi decenni. Dobbiamo lavorare per favorire lo sviluppo di una cultura del vaccino, che coinvolga tutti i medici: da quelli di medicina generale agli infettivologi, senza dimenticarci di tutti quegli specialisti che seguono i malati fragili a cui la vaccinazione può salvare la vita. Penso soprattutto agli oncologi, agli ematologi, ai geriatri e ai nefrologi”.

La consapevolezza dell’importanza della profilassi contro l’influenza è cresciuta anche grazie alla pandemia: con i medici di famiglia ormai pronti a segnalare ai propri pazienti l’importanza di questa vaccinazione. Di gran lunga inferiore, invece, è la conoscenza in merito alle altre due. “Lo pneumococco è un batterio che determina una crescita dei ricoveri e concorre ad aumentare il numero di decessi provocati dalla polmonite – precisa Gabutti, già ordinario di Igiene e medicina preventiva all’Università di Ferrara -. La vaccinazione antipneumococcica può essere effettuata in qualsiasi momento dell’anno, ma in questa fase è indicato riceverla assieme all’antinfluenzale: con una iniezione per ogni braccio. Dopo un iniziale calo, dettato dalla chiusura dei servizi vaccinali, l’arrivo della pandemia ha fatto crescere la risposta nei confronti di questa vaccinazione. Complessivamente è cresciuta la consapevolezza dell’importanza di prevenire le infezioni respiratorie. Ma siamo ancora lontani dall’obiettivo nazionale: vaccinare almeno il 75 per cento degli anziani”.

Due dosi per gli anziani

Una considerazione che si ottiene ricomponendo un “puzzle” su scala nazionale, dal momento che non esistono ancora dati ministeriali sulla diffusione della profilassi contro lo pneumococco. La vaccinazione negli anziani – aspetto non sempre noto – consta di due dosi. La prima con il vaccino coniugato 13 valente, lo stesso che si somministra attraverso tre iniezioni nei primi anni di vita, per innescare la risposta e favorire la formazione di una memoria immunologica. A questa, a distanza di almeno due mesi, deve seguire la seconda, con il vaccino 23 valente: fondamentale per ampliare lo spettro di copertura verso un maggior numero di patogeni. Ma all’orizzonte c’è una novità: l’arrivo di altri due vaccini coniugati, in grado di proteggere da 15 e da 20 ceppi di pneumococco. Sia l’Agenzia Europea (EMA) sia quella Italiana del Farmaco (AIFA) li hanno già approvati. Le Regioni stanno approntando le gare per gli acquisti, ma difficilmente si muoveranno prima dell’ok al nuovo Piano di Prevenzione Vaccinale: tra le scadenze più urgenti che attende il prossimo ministro della Salute.

Prima di arrivare alla terza età, le vaccinazioni sono importanti anche nel corso dell’età adulta. Ogni dieci anni infatti va richiamata quella che protegge da difterite, tetano e pertosse. Considerando l’aumento dei casi registrato negli ultimi anni, importante è anche verificare la copertura nei confronti del morbillo. Da qui l’indicazione a vaccinare gli adulti – la profilassi copre anche da parotite, rosolia e varicella – che non siano mai stati protetti nel corso dell’infanzia né abbiano contratto la malattia. Tra i 19 e i 64 anni sono indicate anche la vaccinazione contro quattro ceppi di meningococco (A, C, W, Y) e quella contro l’HPV, la principale infezione a trasmissione sessuale, nonché la prima causa del tumore della cervice uterina. 

Alla profilassi nelle donne adulte è stata dedicata una sessione del congresso. “Parliamo di un vaccino che viene raccomandato e offerto gratuitamente ai dodicenni di ambo i sessi, ma la cui efficacia risulta oggi provata anche tra le donne di 25 anni”, spiega Giancarlo Icardi, direttore del laboratorio di Igiene dell’ospedale San Martino di Genova e membro del gruppo di lavoro sui vaccini della SItI. Tutte le Regioni italiane oggi la offrono almeno fino alla maggiore età: sia alle ragazze sia ai ragazzi. E molte anche alle donne di età superiore (non agli uomini, esposti comunque al rischio di tumori del pene, dell’ano, della testa e del collo) che hanno avuto un’infezione. “Sappiamo che la copertura in questo caso non dura tutta la vita. Ecco perché è utile vaccinarsi anche dopo essere entrati a contatto con l’HPV”.

Il vaccino anche per prevenire recidive

Sono 15 le Regioni che offrono la vaccinazione alle donne già trattate per una lesione al collo dell’utero da HPV: fanno eccezione il Piemonte, la Calabria (che la garantiscono però anche alle 25enni), la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano e l’Abruzzo. “Il target è rappresentato dalle donne che hanno già ricevuto un trattamento ginecologico per l’asportazione di una lesione preneoplastica, di tipo CIN 2 o CIN 3. Somministrando loro tre dosi, nel mese successivo all’intervento, si può ridurre il rischio di recidive fino all’80 per cento”. Pur trattandosi di un’infezione sessualmente trasmissibile, è importante sapere che dietro un contagio non sempre c’è l’abitudine ad avere rapporti con più partner. “Parliamo di un virus ubiquitario, con cui 7 ragazze su 10 entrano a contatto a un anno dall’inizio dell’attività sessuale – chiosa Icardi -. Non tutte, naturalmente, sono destinate ad ammalarsi di cancro. Anzi, il fatto che l’infezione rimanga spesso silente ne favorisce la circolazione: anche all’interno di coppie stabili”. Una ragione in più per proteggersi con la vaccinazione.



www.repubblica.it 2022-09-29 10:08:18

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