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>ANSA-LA-STORIA/Muore a 36 anni, scoprì tumore con gravidanza – Medicina

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(ANSA) – RAVENNA, 03 OTT – Scopre lo stesso giorno, quello
del suo compleanno, di avere un tumore e di essere incinta.
   
Elisabetta Socci, ravennate, riesce a dare alla luce la sua
bimba ma, nonostante l’intervento chirurgico e le terapie
seguite, muore il 31 luglio scorso, pochi mesi dopo il parto.
   
L’ha uccisa quel cancro che le era stato diagnosticato appena un
anno e cinque mesi prima. Oggi il marito, Matteo Grotti, 35
anni, originario del Cesenate, vuole essere da esempio per chi
si trova a vivere situazioni analoghe, con un messaggio di forza
e speranza.
   
I due si sono conosciuti nel 2015 a un matrimonio. Lei
architetto a Cervia, lui magazziniere a Cesena. Scatta l’amore,
nel 2018 si sposano e vanno a vivere a San Zaccaria, nel
Ravennate. Per due anni provano ad avere un bambino. Nel 2021,
il giorno del suo compleanno, la donna scopre di avere un nodulo
al seno: un tumore maligno. “Ci è caduto il mondo addosso”,
racconta Matteo a RavennaToday. In ospedale le dicono di fare
anche un test di gravidanza per accertarsi che non fosse
incinta. Lo stesso giorno fa il test che risulta positivo. “Lei
mi ha guardato ed è scoppiata a piangere. Ci ho messo un po’ a
capire, avevo appena saputo del cancro”, prosegue.
   
Elisabetta viene subito operata. “Era convinta che la
gravidanza fosse la luce in questo periodo di tenebre e,
nonostante tutto, ha scelto di portarla a termine e di curarsi”,
spiega il marito. Poco dopo compare un altro nodulo, e così, al
terzo mese di gravidanza comincia la chemioterapia. “Lei l’ha
fatta con una forza di volontà pazzesca, non è mai stata male”,
afferma il marito. A otto mesi Elisabetta ha partorito e a nove
le hanno praticano la mastectomia totale, ma il tumore si era
spostato al fegato. “Abbiamo sempre vissuto nella speranza,
perché si può sperare e continuare a vivere anche se poi il
finale è brutto – sostiene Matteo – E lei ha fatto così, sempre
godendosi il presente”.
   
Le terapie non hanno però potuto salvare la donna. Ora il
padre cresce da solo la piccola. “A 35 anni non bisognerebbe mai
vedere la morte della propria moglie, crescere una figlia da
soli”. “Siamo sempre convinti di averlo in mano, di poterlo
gestire a nostro piacimento, ma nessuno sa davvero quanto tempo
gli rimane, e io l’ho capito a mie spese”, è il suo messaggio.
   
Matteo vuole essere d’aiuto per gli altri. “Si può vivere felici
anche nella malattia, provando ogni tanto a dimenticarsela, a
stare bene e a fare cose normali”, dice. (ANSA).
   

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