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In arrivo vaccini e anticorpi monoclonali. Così combatteremo il virus respiratorio si…

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Dopo sessant’anni di ricerca, nel 2023 potrebbero finalmente arrivare i primi vaccini contro il virus respiratorio sinciziale (Rsv), mentre già nei prossimi mesi potremmo contare su un nuovo anticorpo monoclonale preventivo, appena approvato dalla Commissione europea.

La corsa per un vaccino contro Rsv

Le prime sperimentazioni cliniche di vaccini (con un virus inattivato) risalgono agli anni Settanta, ma non erano andate a buon fine. La “corsa” per lo sviluppo di una profilassi è ripartita alla fine del 2013, quando il gruppo di ricerca di Jason McLellan (oggi all’Università del Texas di Austin) scoprì che una particolare struttura di una proteina – la proteina F, utilizzata dal virus per invadere le cellule dell’essere umano – era un buon target per indurre la produzione di anticorpi da parte del sistema immunitario e prevenire l’infezione.

Da quel momento, diverse aziende hanno cominciato a sviluppare un vaccino, e quattro – GSK, Janssen, Moderna e Pfizer – sono oggi in fase avanzata di sperimentazione. GSK e Pfizer, in particolare, stanno testando il loro vaccino sia negli over 60 sia nelle donne in gravidanza, con l’obiettivo di immunizzare i nascituri. E i primi risultati, annunciati recentemente da entrambe le case farmaceutiche, sono positivi. Anche Novavax stava sperimentando un vaccino per le donne in gravidanza, ma i suoi primi risultati non erano stati altrettanto incoraggianti.

La sfida: prevenire la malattia nei più piccoli

Il sistema immunitario immaturo dei neonati è una sfida complessa, perché nei primi due mesi di vita i bambini non sviluppano una risposta robusta a molti vaccini (motivo per cui la maggior parte delle vaccinazioni infantili viene somministrata dopo questo periodo). I nascituri, però, possono essere immunizzati mentre sono ancora nel grembo materno, perché gli anticorpi prodotti dalla madre passano attraverso la placenta prima della nascita, e attraverso il latte materno dopo. “È sicuramente necessario proteggere i più piccoli sin dalla nascita, perché l’infezione è tanto più grave quanto più il bambino è piccolo, in particolare se contratta nei primi tre mesi di vita”, spiega a Salute Susanna Esposito, professoressa ordinaria di Pediatria all’Università di Parma e responsabile del Tavolo tecnico Malattie infettive e Vaccinazioni della Società italiana di pediatria: “La difficoltà di pensare una vaccinazione per i bambini nei primi mesi di vita – prosegue l’esperta – sta nel fatto che si tratta di un periodo critico per lo sviluppo del sistema immunitario, e non è detto che nei neonati esso risponda in maniera efficace. Per questo un’alternativa è quella di vaccinare le madri, come già avviene per la prevenzione dell’influenza e della pertosse nei primi 6 mesi di vita. A livello sociale, però, può non essere semplice raggiungere le donne in gravidanza laddove l’adesione alla vaccinazione durante questo particolare periodo della vita è molto bassa. L’altra emergenza riguarda gli anziani”.

Quanto è pericoloso il virus respiratorio sinciziale?

L’Rsv è un virus molto diffuso e contagioso, che causa epidemie annuali e stagionali. Nel nostro emisfero circola principalmente da ottobre a marzo. Sebbene molto spesso i sintomi dell’infezione siano lievi, causa ogni anno milioni di ospedalizzazioni e, per alcune categorie a rischio – come, appunto, i bambini piccoli e gli anziani – può essere fatale. Ogni anno si contano circa 33 milioni di nuove infezioni da virus Rsv a livello globale in età pediatrica, e le ospedalizzazioni – secondo le statistiche precedenti al Covid – si assestavano sui 3,2 milioni nei primi cinque anni di vita. In questa fascia d’età, l’infezione causa dai 48 mila ai 75 mila decessi ogni anno. I sintomi più gravi si verificano nei primi due anni di vita, ma negli ultimi anni si è visto che anche fra i bambini più grandi e gli adolescenti – specie se asmatici – il virus respiratorio sinciziale può essere molto pericoloso. Tra gli adulti, l’infezione può essere grave soprattutto sopra i 75 anni, causando infezioni alle basse vie aeree, ed è responsabile di 335 mila ricoveri all’anno e di 14 mila decessi a livello globale. “Considerando questi numeri – sottolinea Esposito – si capisce bene come mai il tema della prevenzione da queste infezioni sia diventato prioritario”.

I risultati sui vaccini in sperimentazione

Torniamo ai vaccini in via di sviluppo. Lo scorso agosto Pfizer ha pubblicato i risultati della terza fase di sperimentazione su 37 mila adulti over 60. Il vaccino ricombinante RSVpreF, progettato per colpire i due ceppi A e B del virus, si è dimostrato efficace nel prevenire le infezioni del tratto respiratorio inferiore, le più gravi, nell’85,7% dei casi. A inizio novembre, poi, la stessa casa farmaceutica ha annunciato i primi risultati della sperimentazione effettuata su oltre 7 mila donne in gravidanza, che hanno ricevuto, con una singola iniezione, il vaccino o il placebo. Per valutare l’efficacia, sono stati analizzati sia il livello di anticorpi nelle gravide e nei neonati (e il loro andamento nel tempo), sia le infezioni respiratorie comparse nei bambini nei primi mesi di vita: secondo quanto comunicato dall’azienda, la profilassi ha prevenuto le forme più gravi di infezioni delle vie aeree inferiori nei bambini ospedalizzati nell’80% dei casi nei primi 90 giorni di vita, e nel 79,4% nei primi sei mesi.

Per quanto riguarda la popolazione anziana, anche i dati sul vaccino candidato di GSK (diretto contro i due ceppi A e B) sono positivi, tanto che la Food and Drug Administration (FdA) ha appena accordato la revisione prioritaria dei dati dello studio clinico, che ha coinvolto circa 25 mila ultrasessantenni. I risultati, presentati a metà ottobre, mostrano un’efficacia complessiva del vaccino dell’82,6% contro la malattia del tratto respiratorio inferiore da Rsv e del 94,1% contro la forma grave.  

La via degli anticorpi monoclonali per i neonati

Oltre ai vaccini, un’altra strategia per la profilassi si basa sugli anticorpi monoclonali. “Considerando la stagionalità del virus – riprende Esposito – il vaccino in gravidanza non può essere l’unica strategia per la prevenzione. Nel nostro Paese, ad esempio, se una donna partorisse ad aprile, il vaccino coprirebbe il neonato solo fino a settembre, quando il virus comincia a circolare a ottobre. Ecco perché sono allo studio soluzioni che riguardano direttamente i neonati e i lattanti. Al momento non ci sono studi avanzati sui vaccini pediatrici, mentre una soluzione promettente sembrano essere nuovi anticorpi monoclonali”. Gli anticorpi monoclonali, utilizzati in questo caso non a scopo terapeutico ma preventivo, mirano a bloccare la replicazione del virus e a stimolare una risposta immunitaria che eviti lo sviluppo della malattia, proprio come fanno i vaccini.

Attualmente è approvato e utilizzato in Italia palivizumab, ma solo per i nati prematuri e i bambini fragili considerati ad alto rischio nei primi 12-24 mesi di vita. Lo scenario, però, sta per cambiare: la Commissione europea ha, infatti, appena approvato un altro anticorpo monoclonale, nirsevimab (prodotto dalle aziende Sanofi e AstraZeneca), per la prevenzione di bronchioliti e polmoniti causate dall’Rsv nei neonati e nei bambini nella loro prima stagione di possibile contagio. Il farmaco può essere somministrato sin dalla nascita (con una singola dose, tramite iniezione intramuscolare) ed è efficace per sei mesi: secondo i dati dello studio clinico che ha portato all’approvazione, nirsevimab si è dimostrato in grado di prevenire oltre il 74% delle complicanze respiratorie da Rsv.



www.repubblica.it 2022-11-09 08:05:59

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