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Cos’è la health literacy e perché dovrebbe essere insegnata a scuola

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Bruxelles – “Tutti dalla nascita possiedono un doppia cittadinanza, nel regno della salute e in quello della malattia. Sebbene preferiremmo servirci soltanto del passaporto buono, prima o poi ognuno di noi è costretto, almeno per un certo periodo, a riconoscersi cittadino dell’altro paese”. È l’inizio di uno dei libri che più hanno segnato il dibattito sul concetto di salute e malattia negli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo (e non solo): “Malattia come metafora” di Susan Sontag, scrittrice e filosofa statunitense, scritto quando lei stessa si era ammalata di tumore al seno. Sono passati 45 anni da quando queste parole sono state pubblicate ma il loro eco risuona ancora all’interno di un nuovo dibattito – culturale, politico e in fin dei conti economico – in corso nel cuore dell’Unione europea. A Bruxelles, al quinto European Cancer Forum, si parla infatti di health literacy. Di cosa si tratta? “Siamo tutti possibili pazienti. Oppure siamo caregiver, o familiari, o amici di qualcuno che ha un tumore. Come otteniamo e come interpretiamo le informazioni necessarie per prendere le decisioni importanti per curarci o prenderci cura di altri? È esattamente qui che entra in gioco la health literacy”, risponde Kristine Sørensen, presidente della International Health Literacy Association, tra gli interlocutori dell’evento.

 

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Cos’è lo European Cancer Forum

Lo European Cancer Forum – ospitato da MSD in collaborazione con Lung Cancer Europe, European Oncology Nursing Society, All.Can, Digestive Cancers Europe, Cancer Patients Europe e lo Swedish Institute for Health Economics – è un appuntamento annuale per favorire il confronto internazionale tra i membri del Parlamento europeo e con altri stakeholder. E questo quinto incontro – dal titolo “Pazienti, politiche, progetti: l’Europa è sulla buona strada per sconfiggere il cancro?” – ha avuto l’obiettivo di fare il punto sul Beating Cancer Plan, il Piano europeo di lotta contro il cancro lanciato nel febbraio del 2021 e finanziato con 4 miliardi di euro. Una riflessione più che mai necessaria vista l’imminente revisione del Piano stesso, nel 2024, da parte della Commissione europea.

Cos’è l’health literacy 

Proprio la health literacy (espressione che in italiano è tradotta con alfabetizzazione sanitaria) è stato uno dei temi della discussione. Perché se si pensa che sia solo responsabilità del singolo prendersi cura della propria salute, allora si commette un grave errore, concordano gli esperti. Sta ai sistemi sanitari e di istruzione, quindi ai governi e alle organizzazioni politiche internazionali (cioè all’UE) mettere a terra programmi che permettano a tutti di gestire informazioni complesse (oggi più che mai) come quelle che riguardano la prevenzione e la cura del cancro. “La health literacy non è un’attitudine personale, ma una competenza professionale – riprende Sørensen – Da parte dei governi riguarda sì il fornire le informazioni, ma anche assicurarsi che siano accessibili, comprensibili da tutti e poi utilizzate. Faccio un esempio banale: sappiamo che circa il 45% di tutti i tumori – il 30% di quelli al seno – potrebbe essere evitato, e sulla base di questo dato chiediamo alle persone di adottare stili di vita sani. Però non formiamo i docenti delle scuole e non abbiamo programmi organici per promuovere e mantenere la salute, né promuoviamo abbastanza l’attività fisica. Oggi la salute dovrebbe essere insegnata come una qualsiasi altra materia, come la matematica, e dovrebbe esserci un nuovo profilo per i docenti”.

Per quanto riguarda il tumore al seno, per esempio, coinvolgere nei programmi di alfabetizzazione sanitaria una donna vuol dire avere effetti positivi su almeno tre generazioni, perché i comportamenti inerenti alla salute dipendono fortemente dall’esempio familiare, ribadisce Marzia Zambon, direttore esecutivo di Europa Donna (The European Breast Cancer Coalition). “Allo stesso tempo, però, bisogna stare molto attenti affinché i messaggi che vengono passati non colpevolizzino i pazienti”. 

Far uscire l’argomento “salute” dai luoghi di cura

Studi hanno già dimostrato in passato che anche il quartiere in cui si cresce ha un impatto sulla salute, e anche questo è uno spazio di intervento politico. Insomma, l’argomento “salute”, fisica e mentale – ossia prevenzione, diagnosi precoce, malattia, cura – dovrebbe uscire dalle mura degli ospedali per entrare nella comunità ed essere normalizzato. E servono competenze anche per inserire queste tematiche negli ambienti di lavoro, perché – sottolinea Sørensen – si tratta di fare qualcosa di più che mettere un cesto di frutta in corridoio e regalare l’ingresso a una palestra. 

Già circa 10 anni fa, una ricerca condotta in Europa mostrava che, anche in nazioni con buoni sistemi sanitari e di istruzione, tante persone dichiaravano di avere difficoltà nel riuscire a prendersi cura della propria salute. Un nuovo sondaggio che ha riguardato 17 Paesi mostra che la situazione non è cambiata e che l’età non è un indicatore valido.

Il punto sulle vaccinazioni contro i tumori

Uno dei temi su cui c’è più scarsa alfabetizzazione è quello dei vaccini, tra cui il vaccino contro l’HPV per la prevenzione del cancro al collo dell’utero nelle donne. Eliminare questo tumore è uno dei pilastri del Beating Cancer Plan (oltre che dell’Organizzazione mondiale della sanità, a livello globale), dal momento che in Europa si contano 26 mila decessi ogni anno. Il target è vaccinare il 90% delle ragazze (fino ai 15) e una buona parte dei ragazzi entro il 2030, e la Svezia sembra essere la nazione più prossima a raggiungerlo. Proprio sulla vaccinazione per prevenire i tumori sono attese le raccomandazioni europee all’interno del Prevention Package, che dovrebbe essere pubblicato nei primi mesi del 2024. 

Il punto sugli screening

Ancora, l’health literacy si riflette sulle differenze nell’aderenza agli screening organizzati, ben evidenti anche all’interno dell’Italia (oltre che dell’Europa). Oggi questi programmi sono attivati per il tumore al seno, del collo dell’utero e del colon-retto, ma nel prossimo futuro riguarderanno (nei fumatori) anche il tumore del polmone, che rappresenta la prima causa di morte cancro a livello globale (mentre quello al seno continua ad esserlo per la popolazione femminile). Proprio perché la diagnosi precoce fa la differenza sulla possibilità di cura e sopravvivenza, ora è prioritario identificare e replicare le migliori best practice delle diverse nazioni per promuoverla, ricorda l’europarlamentare Cristian-Silviu Bu?oi.

Condividere le decisioni mediche

C’è poi tutto un altro capitolo che riguarda la cura, e in particolare la condivisione delle scelte terapeutiche, che si basa sulla health literacy. “La condivisione non si improvvisa, ma è un processo che poggia su 4 step – spiega Arwen Pieterse, professoressa associata e ricercatrice in comunicazione e decision making presso il Leiden University Medical Center – In primo luogo, i pazienti dovrebbero essere consapevoli che hanno la possibilità di intervenire nelle scelte mediche, invece che limitarsi ad ascoltare. Secondo, le informazioni sulle opzioni terapeutiche, sui rischi e i benefici dovrebbero essere sempre condivise in modo chiaro e comprensibile per tutti. Terzo, il paziente dovrebbe avere la possibilità di discutere le proprie preferenze con il medico; quarto, la scelta finale del trattamento dovrebbe combinare l’expertise medica con ciò che è importante per il paziente”.

Se è vero che all’interno dell’Eu le cure oncologiche costano oltre 100 miliardi di euro l’anno – come riporta Thomas Hofmarcher dello Swedish Institute for Health Economics – e che la lotta al cancro è prima di tutto una questione di equità, forse è il momento giusto per calcolare anche quanto potrebbe far risparmiare un serio investimento in health literacy. Intanto, nel nostro Paese, il prossimo 12 dicembre saranno presentati a Roma nuovi strumenti del Consiglio d’Europa proprio per promuovere l’alfabetizzazione sanitaria.



www.repubblica.it 2023-12-08 10:50:33

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