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Covid, troppi contagi: gli Usa rispolverano le mascherine

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I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) tornano a raccomandare l’uso delle mascherine agli americani. Non si tratta di linee guida obbligatorie, ma Mandy Cohen, direttore Cdc, ha voluto ribadire l’importanza di “prendere tutte le precauzioni possibili in questa fase di aumento della diffusione di tutti i virus respiratori”. Diversi ospedali e centri sanitari statunitensi stanno iniziando nuovamente a implementare l’uso della mascherina per pazienti e visitatori. Secondo gli ultimi dati, ha fatto sapere Cohen, “i contagi con il virus respiratorio sinciziale sono ormai elevati, il Covid continua ad aumentare, e si osserva anche una crescita delle polmoniti”. Così, i responsabili sanitari americani hanno sollecitato tutta la popolazione, in particolare gli over 65, ad affrettarsi a fare tutte le vaccinazioni disponibili e a prendere tutte le precauzioni possibili, quali appunto usare le mascherine, ventilare gli ambienti chiusi e lavarsi frequentemente le mani.

I casi Covid aumentano più dell’influenza

Che negli Stati Uniti i contagi Covid stiano aumentando rapidamente lo indicano i dati: sono responsabili di 15.000 ricoveri al giorno e di circa 1.000 morti alla settimana. I dati sono quelli diffusi dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) che delineano un quadro di aumentata preoccupazione tra gli esperti per la crescita della diffusione del Covid, a fronte di un basso ricorso ai vaccini. Solo il 16% degli americani adulti si è immunizzato con il nuovo booster contro il Sars-CoV-2. Responsabile maggiore delle infezioni è ancora la variante HV.1, ma ci sono crescenti segnali che la mutazione BA.2.86 (Pirola) stia aumentando velocemente: i casi dovuti alla BA.2.86 sono triplicati la scorsa settimana, raggiungendo il 9% dei nuovi contagi contro il 3% dei sette giorni precedenti. Gli esperti Usa al momento non vedono motivi di particolare allarme per possibili effetti più gravi di questa mutazione sulla salute, ma restano cauti e come l’Oms la tengono sotto stretto controllo. “Il Covid – ha precisato Cohen – è la principale causa di ospedalizzazione in America rispetto agli altri virus respiratori”.

La variante che preoccupa gli Usa

È dunque la variante HC.1 a preoccupare fortemente gli Usa. Identificata per la prima volta alla fine dello scorso luglio, quando rappresentava circa l’1% dei casi Covid, HV.1 ha continuato a crescere silenziosamente, ma costantemente. Secondo i Cdc rappresenta oltre un quarto dei casi Covid segnalati negli Usa. Più precisamente è responsabile del 25% dei casi totali, seguita da EG.5 (Eris) con il 22% e da FL.1.5.1 (Fornax) con il 12%. Proprio come le varianti dominanti degli ultimi mesi, anche HV.1 è un’altra discendente di Omicron. Per questo, date le sue caratteristiche simili alle varianti XBB (che derivano sempre da Omicron), al momento gli esperti in un primo momento non hanno temuto per il suo potenziale di causare sintomi e infezioni più gravi.

La sorveglianza sui viaggiatori internazionali

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno avviato la sorveglianza su possibili malattie contagiose in arrivo dall’estero. In tempo di viaggi natalizi e invernali, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie Usa (Cdc) hanno messo in atto nei principali aeroporti americani il programma di test, esclusivamente su base volontaria, per chi arriva dall’estero: gli screening tengono sotto controllo la presenza di ben 30 agenti patogeni, in particolare virus respiratori. Si tratta di un piano d’azione pilota – aggiornato ed allargato rispetto a quello creato per l’epidemia di Covid che durerà inizialmente per tre mesi.

È un progetto importante in quanto potrebbe individuare minacce per la salute che potrebbero diventare “il prossimo Covid”, ha osservato Sam Scarpino, epidemiologo alla Northeastern University di Boston. Dall’autunno 2021, i Cdc hanno tracciato l’evoluzione del Sars-CoV-2 proprio sulla base di test condotti in aeroporti internazionali e in agosto hanno identificato il primo caso della variante BA.2.86 in un viaggiatore di ritorno dal Giappone. Gli scali in cui verranno offerte le analisi – tutte con campioni nasali – includono: San Francisco International Airport, John F. Kennedy International Airport a New York City, Logan International Airport di Boston e Dulles International Airport a Washington.



www.repubblica.it 2023-12-12 16:45:23

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