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Malattie rare, un fondo da un milione di euro per i test genomici

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Con la nuova Legge di Bilancio, entrata in vigore il primo gennaio 2024, è stato istituito un fondo ad hoc specifico per i test di Next-Generation Sequencing (NGS) per la diagnosi delle malattie rare. Parliamo di un milione di euro che sarà destinato al potenziamento della “profilazione genomica come indagine di prima scelta o come approfondimento diagnostico nelle malattie rare per le quali sono riconosciute evidenza e appropriatezza, o nei casi sospetti di malattia rara non identificata”, si legge nel testo. 

Il nuovo fondo

Cosa significa per i pazienti? Per rispondere con precisione a questa domanda bisognerà attendere il decreto attuativo che il Ministro della salute e il Ministro dell’economia e delle finanze emaneranno entro 60 giorni, e che stabilirà i criteri e le modalità di riparto del fondo. “In ogni caso è un segnale importante, perché riconosce l’esistenza di un problema in questo ambito”, dice a Salute Paolo Gasparini, Presidente della Società Italiana di Genetica Umana (Sigu), docente di Genetica all’Università di Trieste, direttore del Dipartimento dei Servizi di Diagnostica Avanzata e della Genetica Medica dell’IRCCS Materno Infantile presso l’Ospedale Irccs Burlo Garofolo. “Attualmente infatti – spiega l’esperto – lo standard per la diagnosi delle malattie rare è l’analisi dell’intero esoma (ossia di tutto il Dna che codifica per proteine, ndr.), che è estremamente accurata. Questo tipo di analisi NGS, però, non è inserita nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (che entreranno in vigore il prossimo aprile, ndr.), quindi di fatto non viene offerta a tutti: l’accesso dipende dal singolo centro o dalla singola Regione. Sebbene l’entità del fondo non sia particolarmente elevata, potrebbe permettere di espandere l’accesso”. 

Le cause del ritardo diagnostico

Ancora oggi molti piccoli pazienti con malattie rare giungono alla diagnosi anche dopo i 10 anni di età: un ritardo che ha gravi ripercussioni sulla possibilità di trattare e recuperare le funzionalità perdute, soprattutto quando riguardano il neuro-sviluppo. I motivi di questo ritardo possono essere diversi: non in tutti i centri è presente un genetista medico, e non sempre i test del Dna utilizzati sono davvero utili per la diagnosi. Infatti esistono e sono già finanziati nei LEA i test diagnostici NGS che analizzano set di alcuni geni prestabiliti, ma questi pannelli, sottolinea Gasparini, sono ormai superati dall’analisi dell’esoma e, in alcuni casi, dell’intero genoma (che ancora più estesa, perché considera tutto il Dna, comprese le parti che non codificano per proteine). 

La rete per i casi irrisolti

Già nel 2017, 11 Irccs (pediatrici ma non solo) si sono messi insieme per dare vita alla Rete IDEA – Associazione Rete Italiana salute dell’Età Evolutiva che si riunisce ogni 15 giorni per valutare in modo multidisciplinare e condiviso i cosiddetti casi diagnostici irrisolti: per molti di questi si ricorre proprio al sequenziamento dell’esoma o del genoma. “Servono risorse tecniche, ma soprattutto umane – prosegue Gasparini – È un modello che potrebbe essere fortemente implementato, permettendo anche la ricezione di campioni da Regioni in cui non ci sono strutture in grado di effettuare questi test. In Italia sono una mezza dozzina i centri che li eseguono, e ritengo per il futuro che l’approccio migliore sia il modello di organizzazione hub&spoke: ossia pochi grandi centri che effettuano i test e producono i dato, collegati ad altri centri più piccoli in grado di interpretarli”.

Serve un salto concettuale

Più in generale, anche nel nostro Paese si sta già ragionando se l’approccio migliore non sia quello di effettuare il sequenziamento dell’esoma o del genoma a tutta la popolazione alla nascita: in un sistema ben organizzato e superando la regionalizzazione – dice l’esperto – si potrebbe ridurre il ricorso a quegli screening parziali non efficaci e che hanno comunque costi logistici molto elevati. Al momento, il costo dell’analisi NGS dell’esoma e del genoma si aggira sui 400-500 euro per la sola tecnologia, a cui si aggiungono i costi per il personale e per l’archiviazione dei dati, ma ovviamente nel tempo si andrà sempre più verso una loro riduzione. “A mio avviso – conclude il presidente Sigu – sarebbe importante utilizzare l’opportunità del fondo per fare un salto concettuale, sostituendo la vecchia idea dei pannelli di pochi geni con analisi completa del Dna. Un cambio di paradigma che potrebbe anche aprire nuove strade terapeutiche e promuovere il riposizionamento di farmaci già approvati”.



www.repubblica.it 2024-01-02 16:10:15

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