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Tumore dell’esofago, buoni risultati per una nuova combinazione di immunoterapie

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Un tumore raro, che colpisce più gli uomini che le donne, di cui si parla poco. Anche perché, purtroppo, è quasi sempre una malattia aggressiva per cui gli strumenti oggi a disposizione degli oncologi non sono né molti né particolarmente efficaci. È il tumore dell’esofago, che si stima nel 2022 in Italia abbia fatto segnare 2480 nuove diagnosi. Proprio a causa della difficoltà a trovare delle risposte efficaci a questa malattia, la notizia che arriva dal congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) dedicata ai tumori gastrointestinali suona ancora più importante: aggiungere la combinazione di due farmaci immunoterapici – atezolizumab e tiragolumab – alla chemioterapia standard allunga la sopravvivenza libera da progressione e migliora la sopravvivenza globale.

“La mancanza di opzioni terapeutiche efficaci nel tumore dell’esofago è un problema clinico rilevante, come testimonia la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, pari al 13% negli uomini e al 22% nelle donne”, spiega a Salute Giovanni Cardellino, oncologo dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale. “Lo studio di fase III SKYSCRAPER-08 è stato condotto su una popolazione eterogenea di soggetti pazienti asiatici con tumore esofageo localmente avanzato, ricorrente e metastatico recidivante e avanzato trattati secondo l’approccio di cura standard (chemioterapia) cui sono state associate le molecole atezolizumab e tiragolumab; i risultati dimostrano l’efficacia di questa combinazione come trattamento prima linea e confermano un buon il suo profilo di sicurezza”.

Un esordio subdolo

Il tumore dell’esofago è l’ottava neoplasia per incidenza nel mondo e colpisce prevalentemente i Paesi asiatici, solo in Cina si contano la metà dei casi mondiali. I sintomi sono evidenti solo quando la malattia è piuttosto avanzata progredita; attenzione andrebbe posta quando si ha difficoltà a deglutire, si ha una salivazione aumentata, si perde appetito e peso. “Se preso nelle fasi iniziali, nelle forme localizzate, un trattamento combinato di chemio e radioterapia ed eventuale resezione chirurgica può permettere di affrontare in maniera positiva la patologia, ma è importante che l’intervento chirurgico questo venga effettuato in centri ad alta specializzazione”, spiega Cardellino. Se dopo l’operazione si evidenzia un residuo di malattia, il paziente può essere trattato con immunoterapia per un anno. Ma se il paziente è inoperabile cosa si può fare? Si usa chemio e radioterapia, quest’ultima a dosaggi più elevati, e poi si segue il paziente nel tempo per monitorare la situazione. In questi pazienti è possibile sfruttare l’immunoterapia prima che ricompaia il tumore per cercare di consolidare il risultato ottenuto con l’associazione di chemio e radioterapia e allungare così il tempo libero da progressione? È quello che vuole dimostrare un altro studio, lo SKYSCRAPER-07.

La combinazione

Atezolizumab e tiragolumab sono anticorpi monoclonali che agiscono sul sistema immunitario, aumentandone la capacità di smascherare le cellule tumorali e aggredirle. Il tumore, per crescere, mette in atto azioni mirate e sopprimere la risposta immunitaria: attraverso l’uso di farmaci immunoterapici si cerca di eliminare questa inibizione e rendere il sistema immunitario nuovamente reattivo. Atezolizumab sblocca il “freno” PD-L1, che il tumore fa rimanere “tirato” mentre tiragolumab ha come bersaglio un’altra molecola, TIGIT, anch’essa con funzione soppressiva nei confronti delle cellule immunitarie.  “Questi due farmaci combinati insieme potrebbero agire in sinergia e potenziare la risposta del sistema immunitario contro i tumori: è quanto il programma di studi SKYSCRAPER mira a capire per la cura di alcuni tumori solidi, tra cui il tumore dell’esofago. Se lo studio presentato ad ASCO GI riguarda solo i pazienti asiatici, lo studio SKYSCRAPER-07, invece, ha coinvolto anche pazienti occidentali e indaga l’attività dei due farmaci solo nei pazienti con malattia localmente avanzata che non possono essere operati e che sono stati sottoposti a radio-chemioterapia esclusiva”, sottolinea Cardellino, che è uno degli sperimentatori di quest’ultimo studio.

Terapia di consolidamento

L’idea è quella di “copiare” ciò che si fa già nel tumore del polmone, dove l’immunoterapia viene usata per consolidare quanto ottenuto con chemio e radioterapia esclusiva nei III stadi. Lo studio di fase III SKYSCRAPER-07, per cui il centro di Cardellino ha reclutato alcuni pazienti e i cui primi risultati sono attesi fra un anno, mette a confronto tre diversi schemi di trattamento: la combinazione dei due immunoterapici (atezolizumab e tiragolumab), atezolizumab o placebo. Sarà così possibile capire se l’immunoterapia sarà efficace nel mantenere il tumore silente e se la combinazione farmacologica aggiungerà benefici clinici.



www.repubblica.it 2024-01-25 17:44:48

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