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Vista, occlusione venosa retinica: efficacia a lungo termine per il farmaco che si so…

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L’anticorpo monoclonale faricimab potrebbe estendere fino a quattro mesi l’intervallo di trattamento per l’edema maculare dovuto all’occlusione venosa retinica di branca e centrale, due condizioni che attualmente richiedono terapie mensili o bimestrali. È quanto annunciato oggi da Roche in relazione ai risultati dei due studi di fase 3, Balaton e Comino, che saranno presentati il 3 febbraio durante il convegno Angiogenesis, Exudation, and Degeneration 2024, organizzato dal Bascom Palmer Eye Institute in Florida, negli Stati Uniti.

La patologia

L’occlusione venosa retinica (RVO) è un disturbo che colpisce circa 28 milioni di adulti in tutto il mondo. Solitamente insorge dopo i 60 anni ed è la seconda causa più comune di perdita della vista legata a malattie vascolari retiniche. Esordisce spesso con una perdita della vista improvvisa e indolore, ed è provocata dall’ostruzione della vena che limita il normale flusso del sangue nella retina, provocando ischemia, sanguinamento, fuoriuscita di liquido e rigonfiamento della retina, il cosiddetto edema maculare.

Esistono due tipi principali di RVO: l’occlusione venosa retinica di branca (BRVO), che colpisce oltre 23 milioni di persone su scala globale e si verifica quando si ostruisce una delle quattro “branche” più piccole della vena retinica centrale principale; e l’occlusione venosa retinica centrale (CRVO), che è meno comune – colpisce infatti circa quattro milioni di persone in tutto il mondo – e si verifica quando si ostruisce la vena retinica centrale dell’occhio. In entrambi i casi, la terapia standard attualmente prevede iniezioni intravitreali di farmaci anti-fattore di crescita endoteliale vascolare, ripetute solitamente ogni mese o ogni due mesi.

I nuovi studi

Faricimab è il primo e ad oggi unico anticorpo bispecifico approvato per uso oculare, studiato per colpire ed inibire due vie metaboliche connesse alle patologie retiniche: l’angiopoietina 2 (Ang-2) e il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A). Attualmente è approvato in più di 90 Paesi per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD) e l’edema maculare diabetico (DME). L’utilizzo in pazienti con RVO è stato autorizzato nell’ottobre del 2023 dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti, e ora i nuovi dati provenienti dagli studi Balaton e Comino saranno presentati alle altre agenzie regolatorie, compresa l’europea EMA.

L’azienda fa infatti sapere che in entrambi gli studi faricimab ha dimostrato di essere efficace sia in pazienti con BRVO che in pazienti con CRVO nel migliorare il punteggio di acuità visiva corretta (che valuta la visione a distanza) e nel ridurre l’entità dell’edema nella parte posteriore dell’occhio dovuta al fluido retino, misurato dallo spessore retinico centrale. I risultati, riferisce, mostrano inoltre che il 60% dei pazienti con BRVO e il 48% di quelli con CRVO possono estendere gli intervalli di trattamento fino a quattro mesi, con i migioramenti nella visione e riduzione del fluido retinico ottenuti nelle prime 24 settimane che sono stati mantenuti fino a 72 settimane.

“I miglioramenti della vista e l’assorbimento del fluido retinico mantenuti fino a 72 settimane confermano faricimab come un trattamento efficace per l’occlusione venosa retinica – ha sottolineato Ramin Tadayoni, capo del Dipartimento di Oftalmologia presso la Cité University di Parigi, che presenterà i dati durante il convegno Angiogenesis – Sono necessarie più opzioni terapeutiche per trattare le persone affette da questa condizione, e questi dati mostrano che faricimab può potenzialmente migliorare i risultati riducendo il numero di visite necessarie”.



www.repubblica.it 2024-02-01 14:46:19

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