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Distrofia di Duchenne, i pazienti all’Ema: “Quel farmaco ci fa vivere meglio, non blo…

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“Non è la cura, ma ci permette di guadagnare tempo. E il tempo è fondamentale per i pazienti, poiché la malattia progredisce in assenza di trattamenti specifici. Il tempo guadagnato potrebbe consentire l’accesso a nuove terapie in arrivo”. Così, in una lettera alla Commissione Europea e all’Ema, Agenzia eruopea per i medicinali, le associazioni Uildm, Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, Parent Project aps e Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare, chiedono di rivedere la decisione relativa ad ataluren, farmaco per la distrofia muscolare di Duchenne, una malattia genetica rara progressiva.

Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Ema, a seguito del riesame, ha confermato la sua precedente raccomandazione di non rinnovare l’autorizzazione all’immissione in commercio di questo farmaco. Il motivo: la sua efficacia non è ancora stata dimostrata.

Cosa è la distrofia di Duchenne

La distrofia di Duchenne colpisce circa un neonato maschio su 5mila. “È legata alla mutazione di un gene, DMD. Produce una proteina, che si chiama distrofina, che serve a mantenere la struttura della fibra muscolare. Progressivamente il danno supera le capacità di riparazione e compensazione che hanno i muscoli dei bambini e a partire dagli 11-13 anni in genere perdono la capacità di camminare e poi di sollevare le braccia. Con il tempo subentra la difficoltà a respirare e, poiché la distrofina serve anche per le cellule muscolari cardiache, si sviluppa una cardiomiopatia. Questa è l’evoluzione naturale. Una volta difficilmente si superavano i 20 anni. Ma gli standard di cura sono cambiati: possiamo dare un farmaco che rallenta la progressione come il cortisone, applicare la terapia preventiva per la cardiopatia, aiutare nella ventilazione tramite delle macchine. L’aspettativa di vita è aumentata molto”, spiega Stefano Previtali, neurologo e group leader di malattie neuromuscolari dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Purtroppo non abbiamo un farmaco che cura. Sono in corso varie sperimentazioni cliniche con tanti farmaci per cercare di capire come ridurre il danno o risolvere la malattia”, aggiunge.

Come funziona il farmaco

Il farmaco in discussione, l’ataluren, riguarda il 10 per cento dei pazienti, quelli con distrofia di Duchenne dovuta a un difetto genetico, una mutazione puntiforme. Come funziona? “Il Dna viene trasformato in una sequenza di Rna, poi trasformata in proteina in una struttura, chiamata ribosoma, che è una sorta di stampante. Entra questo filamento di Rna che ha una sequenza ben codificata e la stampante produce la proteina finale. Questa stampante legge delle triplette, tre lettere alla volta. Ci sono tre lettere che indicano da dove iniziare a produrre e dove fermarsi (stop). La stampante produce tutta la proteina, allo stop si ferma. La proteina viene a quel punto riorganizzata e comincia a funzionare. Se c’è una mutazione puntiforme il segnale di stop è molto precoce, la stampante si ferma e quella proteina viene scartata. Il farmaco ha la capacità di ingannare la stampante e questo permette di andare avanti nella trascrizione della proteina”, spiega il neurologo. Che aggiunge: “Il problema del farmaco in discussione è che funziona bene in vitro ma in vivo meno, ha bassa efficienza”. E questo è un primo problema.

Il parere negativo dell’Ema sul farmaco

L’Ema in un primo momento ha dato un’autorizzazione condizionata alla commercializzazione del farmaco, in attesa di dati su una popolazione più ampia per valutarne l’effettiva efficacia. Al riesame non ha confermato l’efficacia.

“Comparando i dati dei registri italiano e inglese dei pazienti che prendono questo farmaco con registri precedenti in cui i pazienti non prendevano questo farmaco emerge che la malattia procede più lentamente, nessuno migliora, ma se ne sposta di un paio di anni l’andamento. Ma secondo l’Ema i dati dei registri non sono comparabili. Non ci sono, a loro avviso, sufficienti dati per dire che il farmaco sicuramente funziona”, spiega Previtali. “I dati andrebbero raccolti nel lunghissimo tempo, cosa che non si riesce a fare in uno studio farmacologico classico e il vantaggio non è la guarigione ma il rallentamento della malattia. Il farmaco è sicuro, gli effetti collaterali sono pochissimi, ma ha un costo. D’altra parte i malati di Duchenne non hanno altre possibilità per modificare il corso della malattia”.

La lotta delle associazioni di pazienti e familiari

“Si tratta di un farmaco ad alto profilo di sicurezza, di facile somministrazione e, dal registro Stride, che include dati raccolti negli ultimi 5 anni, ci sono rallentamenti nella progressione della patologia. Per persone che non hanno alternative terapeutiche, questi sono motivi più che sufficienti per la sua immissione in commercio”, ha commentato il presidente di Uniamo, Annalisa Scopinaro. Parent Project, associazione di pazienti e genitori con figli affetti da Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker, ha promosso la campagna Buy Some Time, raccogliendo più di 14.000 firme in pochi mesi e testimonianze di famiglie di tutta Europa sulla loro esperienza sul farmaco, lanciando anche una petizione su Change.org.  Con lo stop a questo farmaco, si legge nella lettera alla Commissione Europea e all’Ema, “bambini e adulti perderanno alcune capacità entro un anno o due. Mantenere la capacità di camminare non è l’unico obiettivo, i nostri ragazzi vogliono mantenere la libertà di svolgere le funzioni quotidiane, come usare un computer portatile, guidare una sedia a rotelle, nutrirsi da soli o andare in bagno”.



www.repubblica.it 2024-02-26 08:13:59

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