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Dolore toracico, così si potrebbero evitare le coronarografie

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Il dolore toracico ha tante facce, alcune più preoccupanti di altre. Se infatti in alcuni casi può essere dovuto a banali disturbi di natura muscolare, in altri può invece essere spia di una malattia coronarica. Come distinguere i diversi casi? E come capire come intervenire in caso di malattia coronarica, quando bastano i farmaci e quando invece è necessario intervenire con coronarografia? D’aiuto può essere un’analisi aggiuntiva dei dati della Tac cardiaca, che non solo permette di stratificare i pazienti, ma potrebbe consentire di risparmiare anche esami invasivi e costosi ai pazienti e alle strutture sanitarie, spiega a Salute Gianluca Pontone, direttore del Dipartimento di Cardiologia Peri-Operatoria e Imaging Cardiovascolare del Monzino (tra gli “Ospedale di eccellenza” per la cardiologia).

 

Come si valuta il dolore toracico

A dimostrarlo sono i risultati appena apparsi in due articoli sulla rivista Jama (qui e qui) relativi allo studio clinico Precise per la valutazione del dolore toracico, cui il Monzino ha preso parte. Scopo era quello di mettere a confronto l’efficacia di un nuovo sistema di valutazione del dolore toracico con le procedure normalmente adottate nella pratica clinica. “L’attuale approccio di fronte alla presenza di dolore toracico prevede due tipologie di esami non invasivi prima di procedere a eventuali coronarografia – racconta Pontone – Da una parte ci sono i cosiddetti test funzionali, come le prove da sforzo con scintigrafia miocardica, risonanza magnetica da stress e l’ecocardiogramma, dall’altra i test anatomici che, grazie alla Tac coronarica, consentono di osservare l’anatomia delle coronarie, identificando eventuali placche aterosclerotiche”.

Analizzare il flusso nelle coronarie

Le linee guida per la gestione del dolore toracico oggi suggeriscono di utilizzare inizialmente la Tac cardiaca, prosegue l’esperto: “Se la Tac è negativa, consente di escludere la presenza di una problematica coronarica. Ma se ci sono indizi di aterosclerosi, non è detto che questi siano la causa del dolore toracico”. Ed è qui che si inserisce lo studio Precise, aggiungendo qualcosa in più all’analisi compiuta con la Tac, che permetterebbe di discriminare tra i pazienti che necessitano di coronarografia e non. “Tramite un software possiamo calcolare se il flusso nelle arterie è normale o patologico e se quindi intervenire con coronarografia, ed eventualmente con palloncino e stent, o limitarci alla terapia farmacologica”, spiega Pontone. 

Lo studio

Il software in questione, che consente di stratificare i pazienti ad alto e basso rischio, analizza il parametro FFRCT (fractional flow reserve CTderived), e permettebbe così una riduzione significativa delle coronarografie, un esame invasivo: “Potremmo potenzialmente, per i pazienti a basso rischio, utilizzare solamente test non invasivi, riducendo i costi e le ospedalizzazioni”, sottolinea l’esperto. Le analisi condotte a un anno di distanza all’interno dello studio Precise – che in totale ha coinvolto oltre 2.000 pazienti – hanno mostrato effettivamente una riduzione delle coronarografie nei pazienti in cui è stato valutato il FFRCT, senza differenze significative in termini di morti o infarti rispetto alle indagini standard (ossia test funzionali e coronarografia). 

I prossimi passi

L’analisi del parametro FFRCT oggi è condotta solo in pochi centri e non è erogabile in regime mutualistico (è, cioè, a carico del paziente), precisa il cardiologo. “Ma quando abbiamo osservato potrebbe in futuro cambiare la pratica clinica nella gestione del dolore toracico – conclude Pontone – Prima, però, serviranno ulteriori studi per confermare i risultati. Sulla base dei quali, eventualmente, rivedere le linee guida e, infine, il sistema di rimborsistica nazionale”.



www.repubblica.it 2024-02-29 10:41:20

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