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Reumatologia: un disegno di legge per curare meglio oltre 5 milioni pazienti

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Sono 5,4 milioni gli italiani colpiti dalle malattie reumatologiche spesso alle prese con dolori che minano la quotidianità, difficoltà di cura sul territorio e spese elevate. Ora a dare una speranza arriva un disegno di legge che mira a riorganizzare e potenziare la reumatologia nel sistema sanitario. Il disegno di legge viene presentato oggi in Senato su proposta della senatrice Maria Cristina Cantù, vicepresidente della Commissione Sanità.

Superare le disomogeneità di cura

In Italia oltre 5 milioni di persone soffrono di malattie reumatologiche e di queste circa 734mila presentano forme severe e con impatto negativo sulla qualità di vita. Manca una rete reumatologica integrata tra ospedale e territorio che crea disparità di cure tra una regione e l’altra. “La riorganizzazione della reumatologia è un tema di sanità pubblica particolarmente rilevante – afferma Marcello Gemmato, sottosegretario di Stato per la Salute. Dobbiamo fare in modo che i pazienti possano trovare risposta alle proprie domande e una corretta presa in carico sul territorio, senza doversi spostare e peggiorare così il ritardo diagnostico. L’obiettivo auspicabile è la creazione di un anello di congiunzione tra ospedale e territorio, con una maggiore offerta di servizi sociali e sanitari che operino il più vicino possibile ai cittadini. Oggi sono numerose le criticità che vengono riscontrate, tra cui grande disomogeneità di cura e alte spese”.

Il disegno di legge per la reumatologia

Valorizzazione del ruolo dello specialista, aumento della diagnosi precoce e riorganizzazione della presa in carico per dare risposta alle necessità degli italiani colpiti dalle malattie reumatologiche sono i temi principali del Disegno di Legge n.946 in materia di ‘Riorganizzazione e potenziamento dei servizi sanitari in ambito reumatologico’, presentato oggi in Senato. “Questo Disegno di Legge arriva per offrire supporto a pazienti, specialisti e a chi si occupa dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri – spiega Maria Cristina Cantù, vicepresidente della commissione Sanità. La nostra proposta prevede, infatti, la presa in carico dei malati attraverso un approccio integrato da parte del reumatologo di riferimento e del medico di medicina generale con garanzia di aggiornamento dei livelli essenziali delle prestazioni. L’obiettivo è quindi assicurare diagnosi rapide e cure specifiche, contando sul Sistema Sanitario Nazionale, attraverso la creazione di una Rete che garantisca l’uniformità dei protocolli terapeutici prioritizzati in prevenzione e un monitoraggio costante sull’appropriatezza delle prestazioni”. Un’attenzione particolare sarà dedicata a fibromialgia, lupus eritematoso sistemico, sclerosi sistemica e artrite reumatoide, tra le patologie più diffuse e con maggiori ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti, sia per difficoltà diagnostica che per individuazione del corretto trattamento.

I costi delle malattie reumatologiche

Per una presa in carico completa del paziente rimane fondamentale la piena collaborazione tra specialisti perché ciascuno ha le sue specificità e le numerose differenze tra le patologie rendono necessario un approccio integrato. “La diagnosi precoce – spiega Roberto Caporali, direttore Unità Operativa di Reumatologia Clinica Asst Gaetano Pini Cto-Milano – è importantissima in particolar modo per i pazienti con artrite reumatoide. Questa malattia costa ogni anno alla collettività oltre 3 miliardi di euro, tra spese dirette e indirette. La remissione è possibile nel 50% circa dei casi, ma perché avvenga è fondamentale la diagnosi precoce, che è rara. Infatti, molti malati attendono fino a 2 anni per poter dare un nome alla propria malattia”.

Diagnosi precoce per cure efficaci

Le malattie reumatologiche sono più di 200, sono in forte aumento e colpiscono persone molto spesso in età lavorativa e con figli giovani, impattando quindi severamente sulla qualità di vita e sui costi diretti e indiretti a carico della collettività. “Uno dei punti su cui è più importante intervenire – sottolinea Gian Domenico Sebastiani, presidente Sir, Società Italiana di Reumatologia – è il ritardo diagnostico, che causa un peggioramento delle condizioni di salute, l’accumulo di danno irreversibile e di conseguenza notevoli disagi per i malati ed elevati costi sociali legati all’invalidità e a percorsi diagnostici e terapeutici inappropriati. I trattamenti farmacologici attuali, infatti, sono in grado di ottenere l’obiettivo della remissione e di evitare danni irreversibili, e sono molto più efficaci quando vengono instaurati tempestivamente”.

Potenziare la reumatologia sul territorio

Questo richiede una maggiore attenzione anche da parte dei medici di medicina generale, che spesso visitano per primi i loro assistiti e devono indirizzarli rapidamente allo specialista reumatologo territoriale. “Occorre quindi – riprende Sebastiani – un potenziamento dell’assistenza reumatologica negli ambulatori del territorio e nelle strutture ospedaliere, per ridurre i tempi di attesa e garantire ai malati assistenza anche nelle fasi più complesse della malattia. Tutto questo deve avvenire senza perdere di vista l’andamento statistico-epidemiologico delle patologie nella popolazione, per poter valutare in quale modo distribuire i servizi affinché coprano efficacemente il territorio. Il nostro obiettivo è trovare soluzioni ai problemi che i pazienti sperimentano ogni giorno, dalla gestione delle liste di attesa alla presa in carico territoriale e ospedaliera”.

Una rete a tre livelli

Da anni la Sir prova a riorganizzare la reumatologia a livello ospedaliero e territoriale: “Come Sir abbiamo realizzato un ‘modello di rete’ declinato in tre livelli, territoriale, ospedaliero-spoke e ospedaliero-hub – dichiara Andrea Doria, direttore Uoc di Reumatologia, Azienda Ospedaliera-Università di Padova. I sistemi sanitari necessitano di un adeguamento per poter garantire alti livelli di assistenza: il medico di famiglia deve essere in grado di riconoscere segni e sintomi per poter indirizzare il paziente dallo specialista, le unità operative di reumatologia devono garantire adeguati posti letto sia per il day hospital che per le degenze ordinarie ed essere in grado di gestire ogni patologia, con particolare attenzione alle malattie rare e ai casi gravi. È poi fondamentale che la figura del reumatologo sia presente in tutte le Asl, con una disponibilità di circa 30 ore a settimana ogni 100mila abitanti. Ogni Regione dovrebbe poi prevedere Unità Operative semplici, dipartimentali e complesse”.

La Rete nazionale per la prevenzione

Anche la reumatologia non fa eccezione alla disomogeneità tra Nord e Sud per quanto riguarda diagnosi e presa in carico dei pazienti. “Questo ddl – dichiara Ennio Lubrano di Scorpaniello, direttore Uo di Reumatologia Ospedale Cardarelli di Campobasso – ci permetterebbe di monitorare l’andamento delle patologie reumatologiche anche attraverso l’istituzione della Rete Nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e le terapie all’Istituto Superiore di Sanità, uno strumento che si rivelerebbe estremamente importante per tutta la comunità scientifica. Ci permetterebbe di applicare protocolli terapeutici e riabilitativi uniformi su tutto il territorio italiano”.

La carenza di posti letto negli ospedali

I nodi della disomogeneità territoriale vengono al pettine soprattutto nel momento in cui i pazienti più complessi o gravi hanno necessità di ricovero. “I posti letto sono carenti e mal distribuiti – aggiunge Giuseppe Provenzano, direttore Uo di Reumatologia Ospedali Riuniti Villa Sofia di Palermo. “A livello territoriale mancano risorse ed è insufficiente l’assistenza ai malati, che sono quindi costretti a lunghe ricerche per potersi rivolgere a strutture spesso lontane da casa, azione che non tutti hanno l’opportunità di compiere. In questo contesto è importante poi accendere i riflettori sulle difficoltà di accesso ai farmaci: troppo spesso le Regioni hanno differenti tempistiche per l’ottenimento dei trattamenti, con conseguenti discrepanze di presa in carico tra pazienti. L’istituzione di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (Pdta dedicati alle patologie reumatologiche sarebbe un grande passo avanti nell’eliminazione di molte difficoltà”.

Il ruolo della ricerca scientifica

Fondamentale anche la ricerca scientifica: “La ricerca italiana – dichiara Carlomaurizio Montecucco, presidente della Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (Fira Ets) – è ai vertici a livello internazionale sia per numero che per qualità di pubblicazioni: un risultato di cui dobbiamo andare fieri, ma che ci deve spingere a raggiungere obiettivi più ambiziosi, con investimenti che ci permettano di offrire ai numerosi pazienti una qualità di vita sempre migliore”.

L’ambulatorio reumatologico virtuale

Ad offrire un valido aiuto oggi è sicuramente la tecnologia. “L’implementazione dei sistemi di telemedicina per il miglioramento della continuità assistenziale – sottolinea Enrico Tirri, direttore Uo di Reumatologia Ospedale del Mare di Napoli – ha un grande impatto, soprattutto nelle aree remote e sui pazienti fragili, spesso impossibilitati a spostarsi. Una delle conseguenze è la riduzione degli accessi inappropriati ai pronto soccorso, che sappiamo essere una forte criticità a livello nazionale. Come Sir, il nostro impegno è già rivolto allo sviluppo di questi sistemi, anche attraverso il supporto dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali. Un esempio virtuoso è la nostra piattaforma iArplus, in grado di offrire un ambulatorio reumatologico virtuale per poter svolgere le televisite in piena sicurezza informatica. Grazie a questo Disegno di Legge potremo avviare campagne di informazione volte a diffondere una maggiore conoscenza dei sintomi delle patologie e sensibilizzare all’importanza di rivolgersi allo specialista per favorire la diagnosi precoce e ridurre lo sviluppo di cronicità”.



www.repubblica.it 2024-03-14 09:22:53

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