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Le promesse delle cellule staminali mesenchimali per tendiniti e artrosi

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Una terapia ancora sperimentale, promettente sì, ma ancora oggetto di studio. E’ questo a oggi il parere degli esperti della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) in merito alle infiltrazioni con cellule staminali mesenchimali, una delle strategie che rientrano sotto il cappello dell’ortobiologia, l’insieme dei trattamenti non invasivi che sfruttano il potere rigenerativo delle cellule del corpo in campo ortopedico, contro disturbi come tendiniti e artrosi lievi. 

 

Perché utilizzare le staminali mesenchimali in ortopedia

Le staminali mesenchimali sono un particolare tipo di cellule staminali che possono essere estratte dal midollo osseo o dal grasso sottocutaneo, ci spiega Pietro Simone Randelli dell’Università di Milano, Prima Clinica Ortopedica – ASST Gaetano Pini-CTO – P.O. Gaetano Pini di Milano (tra i centri di eccellenza per l’ortopedia del ginocchio, dell’anca e della spalla) e vicepresidente Siot. 

Sono oggetto di interesse per la loro capacità rigenerativa, perché possono differenziarsi in diversi tipi cellulari, come i fibroblasti, gli osteoblasti, i condrociti o le cellule muscolari. Ma i loro possibili utilizzi in ortopedia riguardano piuttosto le loro capacità di azione indirette: ovvero non sono le cellule mesenchimali in sé a sostenere la rigenerazione dei tessuti quanto piuttosto le sostanze che queste producono. “Si parla di effetto paracrino: queste cellule rilasciano sostanze che sono in grado di istruire quelle circostanti proprie del tessuto target – spiega Randelli – in questo modo possono svolgere un’azione rigenerativa, attivando le cellule residenti, spronandole a replicarsi. Se le usiamo contro le lesioni della cartilagine, per esempio, questo vorrà dire che le mesenchimali attivano i condrociti e le staminali residenti della cartilagine”. 

 

Come si effettua un’iniezione di staminali mesenchimali

La procedura prevede la raccolta di un numero ridotto di staminali (solitamente dal grasso sottocutaneo) dallo stesso paziente: “Parliamo di circa 10-15 mila cellule per ogni trattamento, che vengono quindi lavorate e iniettate nei siti di interesse – riprende Randelli – Finora la loro efficacia è stata dimostrata soprattutto nel trattamento di disturbi tendinei, come quelli che colpiscono la cuffia dei rotatori della spalla. Ci sono però altri campi, più sperimentali, in cui vengono utilizzate: è il caso dei quadri iniziali di artrosi del ginocchio, dell’anca e della spalla. Ma è bene ricordare che per questi casi non ci sono dati incontrovertibili di efficacia in letteratura: sappiamo solo che su alcuni pazienti sembrano funzionare meglio. Ma siamo molto più indietro rispetto ai trattamenti di ortobiologia portati avanti con l’acido ialuronico o il plasma arricchito di piastrine”. 

Anche laddove le prove sono più solide – come nel caso del trattamento delle lesioni ai tendini della cuffia dei rotatori, come dimostrato dallo stesso Randelli e colleghi – non significa che siano sempre praticabili. Per diversi motivi: “In primo luogo, per poter utilizzare le cellule mesenchimali prelevate dall’addome abbiamo bisogno di eseguire un intervento in più sul paziente, e non è detto che tutti siano nelle condizioni di affrontare anestesia e post operatorio – spiega l’esperto – In secondo luogo non si usa in tutte le lesioni della cuffia dei rotatori, ma più spesso nei cosiddetti interventi di revisione. I tessuti della cuffia dei rotatori tendono infatti a rompersi di nuovo dopo l’operazione, possono cedere, e quando si procede al reintervento una delle strategia a sostegno è proprio l’utilizzo delle staminali mesenchimali, per stimolare il processo rigenerativo”. 

Quando utilizzarle contro le artrosi 

Nell’artrosi l’impiego di questa procedura è invece di solito riservato ai casi lievi in pazienti giovani, per ritardare eventuali interventi chirurgici. “Le staminali sono una strategia non chirurgica promettente contro le artrosi, ancora in attesa di prove di evidenza – conclude Randelli – In ogni caso queste procedure vanno considerate nell’ambito di trattamenti che prevedano al primo posto l’educazione del paziente. Modificare il proprio stile di vita, con la riduzione del peso e lo sport, può infatti portare più benefici di iniezioni articolari, come ribadiamo nelle linee guida per l’artrosi del ginocchio pubblicate da pochi mesi sul Journal of Orthopaedics and Traumatology”.



www.repubblica.it 2024-04-11 09:05:49

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