Degenerazione maculare secca, identificati possibili target per il trattamento


IMMAGINATE di prendere delle cellule dalla vostra pelle e di trasformarle in cellule di tipo diverso: nervose, cardiache, o cellule della retina – quelle che stanno sul fondo del nostro occhio. È esattamente così che un gruppo di ricercatori, guidato da Anne Senabouth del Garvan Institute of Medical Research di Sydney (Australia), ha potuto studiare le caratteristiche genetiche delle cellule più colpite dalla maculopatia degenerativa: le cellule dell’epitelio pigmentato della retina. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications e potrebbero aiutare nella diagnosi e nel trattamento, specialmente di una delle forme avanzate di questa malattia, detta maculopatia atrofica, per la quale al momento non esistono cure.

 

La degenerazione maculare

La degenerazione maculare (o maculopatia degenerativa) collegata all’età è una malattia progressiva che porta alla perdita della vista a causa del malfunzionamento o della morte di cellule dell’epitelio pigmentato retinico e, come conseguenza, dei fotorecettori ad esse collegati. Esistono due forme di questa malattia: la maculopatia neovascolare (o umida) e la maculopatia atrofica (o secca). Mentre per la prima ci sono oggi delle cure specifiche, lo stesso non vale per la maculopatia atrofica, che colpisce circa 5 milioni di persone nel mondo.

Riprogrammare le cellule

Studiare la degenerazione maculare non è semplice: il tessuto retinico non è così disponibile. Grazie alla ricerca degli ultimi decenni, però, possiamo aggirare l’ostacolo. Oggi, infatti, siamo in grado di riprogrammare cellule già specializzate e indurle a “trasformarsi” nel tipo di cellule che vogliamo studiare in laboratorio. In particolare, il gruppo di ricercatori australiano ha preso un campione di cellule della pelle da 43 pazienti con maculopatia atrofica e da 36 individui sani, le ha riprogrammate nelle cosiddette cellule staminali pluripotenti (in grado di trasformarsi in qualsiasi altro tipo di cellula) e le ha infine indotte a diventare cellule dell’epitelio pigmentato retinico, ossia quelle che vengono colpite maggiormente dalla degenerazione maculare.

Qual è il vantaggio di questo approccio? Per rispondere, dobbiamo aver chiaro che tutte le cellule del nostro corpo contengono lo stesso identico materiale genetico. Semplificando molto, la differenza fra una cellula del cuore e un neurone, per esempio, dipende da quali porzioni del materiale genetico (geni) vengono espresse (cioè trasformate in proteine) e in che quantità. Partire da un campione di cellule qualsiasi di un paziente che ha la patologia che vogliamo studiare significa, quindi, avere a disposizione il materiale genetico di quel paziente, che sarà lo stesso per una cellula della pelle o per una cellula della retina. Ma prelevare un campione di cellule della cute è decisamente meno invasivo che estrarle dalla retina.

Nuove varianti genetiche di malattia

“Abbiamo analizzato il modo in cui le differenze nei geni delle persone influiscono sulle cellule coinvolte nella degenerazione maculare senile. Abbiamo ristretto il campo di ricerca a tipi specifici di cellule per individuare i marcatori genetici di questa malattia”, spiega Joseph Powell del Garvan Institute of Medical Research. Così, analizzando quasi 130 mila cellule, il gruppo di ricerca ha individuato più di 400 caratteristiche molecolari associate alla malattia, di cui 43 potenziali nuove varianti genetiche. In particolare, nelle cellule malate risultano alterati alcuni importanti processi metabolici che hanno luogo nei mitocondri, gli organelli deputati alla produzione di energia all’interno delle nostre cellule: alcune proteine mitocondriali sono state dunque identificate come possibili target per la prevenzione o la cura della maculopatia atrofica. Inoltre, nelle cellule colpite dalla malattia, le proteine che servono a neutralizzare le specie reattive dell’ossigeno (ROS) sembrano essere più attive. Questo confermerebbe alcune ipotesi precedenti, secondo cui all’origine della malattia e della sua progressione ci sarebbero processi metabolici alterati che determinano l’aumento dello stress ossidativo e quindi dell’infiammazione cronica. Infine, la maculopatia atrofica sarebbe correlata a una diversa espressione delle proteine che regolano la formazione della matrice extracellulare, quella parte dei nostri tessuti che non è costituita da cellule.

Tutte queste osservazioni potranno servire a trovare dei farmaci specifici per curare o controllare la progressione della degenerazione maculare di ciascun paziente: “Questo – conclude Joseph Powell – è il fondamento della medicina di precisione, che ci permette di individuare i trattamenti terapeutici più efficaci per il profilo genetico della malattia di una persona”.



www.repubblica.it 2022-08-02 16:05:03

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