È ora di affrontare l’epidemia di obesità


Sebbene, soprattutto più recentemente, dietologi e nutrizionisti invitino a non considerare il peso come un indicatore fedele dello stato di salute della persona, parlare di obesità e sovrappeso è una questione di numeri. Sono numeri quelli utilizzati – con tutti i limiti del caso – per calcolare se si è o meno in sovrappeso o obesi (tramite l’indice di massa corporea), sono numeri (enormi) quelli che raccontano l’impatto della malattia a livello epidemiologico. Si stima infatti che siano diventate ormai circa un miliardo le persone obese a livello mondiale, ma questo numero da solo, non fotografa appieno l’impatto della malattia. Perché di questo si tratta, rivendicano a gran voce le associazioni di pazienti. E l’estensione del fenomeno obbliga a non ritardarne il riconoscimento come tale, ripetono da tempo le associazioni di pazienti. Di questo pazienti e specialisti parleranno durante il Congresso Europeao dell’Obesità, a Venezia dal 12 al 15 maggio. 

I numeri dell’obesità

Un miliardo, dicevamo. Questa è la cifra complessiva delle persone con obesità a livello globale, più del doppio (2,5 miliardi) considerando anche quelli in sovrappeso. Il che equivale a dire – e lo dice l’Oms – che poco meno di un adulto su due è in sovrappeso. Se questa è l’istantanea a livello globale, l’immagine diventa ancora più preoccupante quando si guarda indietro e si osserva il trend negli anni. In poco più di tre decenni la prevalenza dell’obesità è raddoppiata, quadruplicata se si guarda agli adolescenti, sottolinea ancora l’Oms. Non va meglio facendo zoom sull’Italia: si stima che sia obeso circa l’11,4% della popolazione adulta e in sovrappeso il 34,9% (nei bambini obesità e sovrappeso riguarderebbero oltre il 30% della popolazione pediatrica, secondo alcune stime, le più conservative). A valle ci sarebbero poi tutti i numeri delle condizioni legate all’obesità e che compromettono la salute delle persone, dalle malattie cardiovascolari, al diabete, all’artrosi, all’aumentato rischio di cancro, solo per citarne alcuni. Che pesano, raccontava qualche tempo fa al Festival di Salute Francesco Mennini, ricercatore e docente di Economia sanitaria ed Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata citando i dati Ocse, per circa l’8% sul bilancio dei sistemi sanitari di questi paesi. 

Festival Salute 2022, obesità: il costo sociale di una malattia non riconosciuta



Il riconoscimento dell’obesità come malattia

Può essere un fenomeno di queste dimensioni ignorato? Può essere combattuto solo con campagne di prevenzione, educazione ai corretti stili di vita? Senza sminuire il ruolo che tutto questo può avere, è idea diffusa che serva fare qualcosa di più, e che serva includere queste azioni all’interno di uno sforzo più organico. Serve proseguire sulla strada che consideri l’obesità una malattia. “L’Italia in Europa ha fatto da apripista in materia, muovendosi per il riconoscimento dell’obesità come malattia – commenta a Salute Iris Zani, presidentessa di Amici Obesi, parte del Gruppo interparlamentare Obesità, diabete e NCDs – ma a livello giuridico ed economico siamo ancora indietro, pur considerando lo stato disastroso in cui versa il Sistema sanitario nazionale. In Italia si curano le malattie correlate all’obesità, come ipertensione e diabete, ma non ciò che le causa. Riconoscere l’obesità come malattia, includendola nei Lea, è invece fondamentale per aiutare a contrastare questa che di fatto è una nuova pandemia”. 

“I pazienti obesi sono colpevolizzati per tutto”

Spesso infatti, confida Zani, non si iniziano percorsi di cura per il timore di non poterseli permettere. Ma gli aspetti economici sono solo una (grossa) parte del problema: “Ancora oggi, e malgrado l’estensione del fenomeno del sovrappeso e dell’obesità, mancano informazioni sulle strategie di cura disponibili. A partire dai medici di medicina generale, che si limitano a consigliare di muoversi di più e mangiare meno, senza indirizzare i pazienti verso i centri di riferimento. Complice anche questo, spesso i pazienti non hanno la consapevolezza di essere malati, credono che il peso sia solo un problema estetico”. Questo – che Zani definisce ‘stigma clinico’ e che con la sua associazione cerca di combattere, facendo da ponte tra chi cerca informazione e centri specialisti per il trattamento dell’obesità – non è che una parte del pesante stigma che da sempre colpisce chi si trova in questa situazione. “Il paziente obeso è colpevolizzato per qualsiasi cosa: perché non si muove abbastanza, perché non mangia meno, perché sceglie di operarsi e ultimamente anche perché, in alcuni casi, fa ricorso ai nuovi medicinali per dimagrire, perché toglie dei farmaci salvavita a dei pazienti con diabete”. 

Un nuovo sguardo sull’obesità

Accanto al superamento degli ostacoli legislativi serve dunque uno sguardo nuovo alla malattia, serve lavorare perché venga percepita come tale. Anche per questo, a Venezia, al Congresso Europeo dell’Obesità, Amici Obesi allestisce la mostra “Chiave di Svolta – Storie e percorsi di persone con obesità” ”, ritratti in bianco e nero di persone che hanno vissuto, o continuano a vivere, con l’obesià, conclude Zani: “C’è spazio sia per storie a lieto fine che no, per chi non ha avuto il risultato sperato. E’ uno sguardo soprattutto sul lato psicologico della malattia, per ricordare che la malattia è molto di più di quei kg in più. E che è più grave, perché chiama in causa patologie correlate e non fa sentire adeguati”. 



www.repubblica.it 2024-05-10 10:53:55

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