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Dance for the Cure, il potere della danzaterapia

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LA DANZA ha unito per sei mesi alcune donne colpite dal tumore al seno. Parliamo di un progetto sperimentale sostenuto dal Centro Komen per le terapie oncologiche integrate della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma: un’iniziativa, Dance for the Cure, che combina movimento, disegno ed espressione delle emozioni, entrata a far parte ufficialmente del percorso di cura dell’ospedale. E che vi raccontiamo questa settimana nella newsletter di Salute Seno (qui il link per iscriversi gratuitamente). Il progetto è curato dalla danzaterapeuta Mara Gentile e ha il duplice obiettivo di sostenere le pazienti colpite da un tumore e di far conoscere la validità, provata ormai da diversi studi, delle terapie integrate in oncologia. Sei mesi di incontri, in parte dal vivo e in parte online, hanno permesso alle pazienti di confrontarsi, raccontando qualcosa di sé. Il percorso si è concluso con la realizzazione di una video-performance, con musiche e abiti realizzati appositamente, in collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Roma: uno spettacolo in cui le donne hanno danzato liberamente all’interno di uno spazio romano d’eccezione: la Sala da ballo di Villa Torlonia.

Oltre il tumore, a passo di danza

Nella realtà italiana, percorsi di questo tipo condotti in ambito sanitario si cominciano timidamente a vedere da alcuni anni, sebbene siano ancora poco diffusi. Ma cos’è, esattamente, la danzaterapia? “Si tratta di un tipo di arteterapia in cui il terapista guida i partecipanti nell’uso del corpo e del movimento per raggiungere degli obiettivi”, risponde Mara Gentile, professionista certificata presso l’Associazione Professionale Italiana Danzamovimentoterapia (APID): “Come liberare le emozioni, riflettere sui propri punti di forza, ma anche poter esprimere criticità”. In generale, si lavora sulla relazione fra corpo e mente, legati indissolubilmente: “Corporeità e movimento sono fra le dimensioni espressive primarie per la persona, e attraverso questo canale è possibile raccontare, in maniera a volte anche più efficace rispetto alla comunicazione verbale, le proprie emozioni”.

Uno spazio a sé

Lo scopo non è quello di focalizzarsi sulle difficoltà della malattia e del momento. Ognuno può portare quello che vuole di sé e, per chi ne sente l’esigenza, di tirare fuori paure e problemi anche con la danza. In un momento successivo di riflessione comune si eseguono lavori di arteterapia e si condividono i pensieri, con lo scopo di metterli a fuoco e poi lasciarli andare, almeno per qualche momento, liberando la mente. “La danzaterapia ha rappresentato uno spazio a sé, distinto dalla quotidianità e soprattutto dai pesanti mesi precedenti”, racconta Valeria, una delle pazienti che ha preso parte al progetto e che aveva scoperto una ‘pallina’ nel seno a febbraio del 2020, subito prima del lockdown: “E’ stata una vera ripartenza, in cui ho ripreso in mano una passione che avevo fin da piccola, quella della danza, e ho avuto la possibilità di parlare e condividere quello che stavo provando. Una volta mi è venuto spontaneo disegnare me stessa e mio figlio: l’emozione sottostante era la paura del futuro. Ho anche scoperto di essere brava, a mio modo, a disegnare. Non importa quali abilità si possiedono: se si è guidati nel modo giusto e con gli stimoli appropriati, si possono creare immagini significative, profonde e, perché no, anche belle”.

Ricongiungere mente e corpo

I timori di come evolverà la malattia, le preoccupazioni per sé e per i propri cari sono vissuti comuni, ma molto frequente è anche la sensazione di non riconoscere il proprio corpo: “Il tumore – riprende Gentile – è spesso percepito come un’invasione, la presenza di qualcosa di estraneo che entra nel nostro corpo, e la malattia modifica in maniera molto significativa la stessa percezione corporea”. Il cancro colpisce peraltro punti delicati, legati alla femminilità, alla sessualità e alla vita riproduttiva: pensiamo alla caduta dei capelli, all’asportazione totale o di una parte della mammella, oppure alla rimozione delle ovaie. Come nel caso di Valeria, che a 40 anni ha affrontato l’intervento, la chemioterapia, la radioterapia e infine l’asportazione delle ovaie. “Proprio perché l’intervento si basa sul ricongiungimento fra corpo e mente – spiega la danzaterapeuta – può essere di supporto nel riconoscersi di nuovo, nel ritrovare armonia con il proprio corpo, scoprire nuove risorse prima della malattia magari poco considerate”.

La condivisione è già terapia

Ma anche lo stare insieme e il contesto contano. Spesso ci si sente sole nella malattia e, per quanto si sia circondate da familiari e amici, sono poche le occasioni di conoscere e parlare con altre persone che vivono questa difficile esperienza. “La danzaterapia trasforma la danza da esperienza puramente artistica ed estetica in un fatto umano e sociale, permettendo anche importanti momenti di condivisione e socializzazione – commenta Gentile – e questo è fondamentale in un momento critico per tutti, quale quello della pandemia. Per questo le terapie integrate fra cui l’arteterapia, che non è psicoterapia, dovrebbero sempre più entrare a far parte del percorso terapeutico, come avviene già in altri paesi”. Anche la performance finale è un momento importante. “Può essere vissuto – conclude l’esperta – come un’occasione in cui si sale alla ribalta e ci si può finalmente mostrare per qualcosa di nuovo, di bello e vitale”.



www.repubblica.it 2021-07-16 09:03:03

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