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Quando il cuore è in sintonia con le nostre emozioni

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“Mi batte il cuore”. Quante volte abbiamo detto questa frase, magari ascoltando la canzone che ha segnato la nostra giovinezza, rileggendo le pagine di un libro indimenticabile o anche solamente trovandoci a parlare con una persona che non si vede da tempo cui si è legati da profondo affetto. Ebbene, se vi siete trovati in questa condizione, sappiate che tentare di controllare la situazione con la mente è praticamente impossibile. E non solo per l’aspetto emotivo, ma anche per il coinvolgimento che caratterizza questi momenti. È proprio in queste fasi che la frequenza cardiaca si può sincronizzare in modo automatico ed incontrollabile, alla faccia del nostro controllo nervoso, attraverso una serie di meccanismi che portano l’inconscio a dominare i battiti. Il tutto, senza che ci siano significative alterazioni nella respirazione.

Lo studio

A dimostrarlo è un’originale ricerca nata dalla collaborazione tra esperti del City College di New York e del Paris Brain Institute, coordinati da Lucas Parra, pubblicata su Cell Reports. Lo studio ha voluto valutare quanto ciò che stiamo vivendo sia in grado di influenzare funzioni biologiche, come appunto la frequenza cardiaca, cercando di comprendere fino a dove la coscienza si può spingere nel controllo e quando invece l’autonomia della frequenza cardiaca è abbandonata totalmente all’inconscio. Lo studio ha previsto diversi esperimenti, condotti tutti su volontari sani.

Nel primo si è visto che l’ascolto del racconto del romanzo “Ventimila leghe sotto i mari”, di Jules Verne, induceva accelerazioni e rallentamenti del battito (controllati con elettrocardiogramma) in tutti i partecipanti nello stesso momento, in base al pathos. Una tendenza simile si è osservata anche mentre si seguivano video didattici senza particolare coinvolgimento, ma quando si è chiesto ai partecipanti di fissare la mente su un pensiero matematico, di fronte agli stessi video, la sincronizzazione del ritmo cardiaco non si è verificata. Infine, quando i volontari hanno ascoltato racconti per bimbi, chi seguendo con attenzione chi senza particolare interesse, quanto più si era coinvolti nella vicenda tanto più significative sono state le variazioni nella frequenza cardiaca. a una mancata sincronizzazione. Per il terzo step, i soggetti hanno ascoltato brevi storie per bambini, alcuni attentamente e altri in modo distratto. Stando ai risultati del gruppo di ricerca, le fluttuazioni nelle frequenze cardiache erano associate all’attenzione e al livello di coinvolgimento alla storia.

Va detto che il rapporto tra battiti, attenzione ed emozioni è già stato studiato in diverse ricerche. Qualche tempo fa una ricerca apparsa su British Medical Journal dimostrava che il classico mantra dei monaci tibetani non aiuta solo l’anima, ma anche il corpo, perché contribuisce a rendere più regolare il battito del cuore e a rallentare la respirazione, anche per la ripetitività della litania che si fa musica. E, ancora prima, su Circulation era apparso uno studio che aveva dimostrato come cuore e polmoni tendano a sincronizzare la loro attività con le note del pentagramma. Cuore e polmoni, appunto: nello studio di Cell Reports, la grande novità è data dal fatto che a fronte di una sincronizzazione inconscia per la frequenza cardiaca, la stessa non si osserva per la funzione respiratoria. Il cuore, quindi, avrebbe un ritmo tutto suo, inconsciamente governato anche dall’attenzione che poniamo a quanto sta avvenendo.

Future applicazioni

Ovviamente, una ricerca come questa ha molto fascino sul piano della conoscenza, ma non va sottovalutato come queste conoscenze combinate tra cardiologia e neuroscienze potranno influire sia sulle cure sia sull’attenzione agli stili di vita. “Sappiamo bene che in alcune patologie il controllo della frequenza cardiaca può incidere sulla sopravvivenza, abbiamo farmaci molto efficaci ma questo lavoro ci induce a pensare che si possa fare molto anche con strategie non farmacologiche – segnala Carlo Tumscitz, del Centro Cardiologico dell’Università di Ferrara. Un altro campo di interesse per questi studi è rappresentato dagli effetti negativi sul cuore di alcuni suoni e rumori, che in qualche modo rappresentano la costante colonna sonora della nostra vita frenetica. Ecco perché consigliamo sempre ai nostri pazienti di passare del tempo all’aperto, nel verde, dove all’attività motoria si unisce il rilassamento derivato dal silenzio e dai rumori della natura.” Cerchiamo la “pace”, quindi, per migliorare il nostro benessere. E soprattutto teniamo ben presente che attivare spesso l’attenzione e l’ascolto, anche se non ce ne accorgiamo, significa offrire uno stimolo che ha un significato per il cuore.

Il consiglio è quindi quello di essere più possibile coinvolti in quanto sta avvenendo e ci può interessare, sia che si parli di musica, di parole, di immagini. Questa semplice attenzione può causare fluttuazioni nel ritmo cardiaco. In futuro, come dimostra un quarto esperimento spiegato nello studio, queste conoscenze potrebbero essere utili anche per affrontare condizioni gravissime, come gli stati vegetativi, al fine di misurare le funzioni cerebrali monitorando proprio la risposta della frequenza cardiaca in base ad uno stimolo. Nel frattempo, se ci batte il cuore, ricordiamoci che il cervello lo può guidare. Senza influire sul respiro, accelerando o rallentando in base a quanto stiamo ascoltando. Facciamolo sempre con attenzione anche perché quando siamo sottoposti a stimoli piacevoli, come quelli della musica che più si gradisce, il cervello rilascia endorfine o composti ad azione simile, che a loro volta possono favorire il rilascio di ossido nitrico. E si combatte lo stress.

 



www.repubblica.it 2021-09-14 15:21:51

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