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Telemedicina, per i pediatri di famiglia è una sconosciuta

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DALL’INIZIO della pandemia, appena il 38% dei pediatri di famiglia ha svolto una televisita. Per invertire la tendenza bisogna investire in formazione: solo così si potrà implementare la telemedicina nell’ambito delle cure primarie, affinché diventi una risorsa duratura per il nostro sistema sanitario nazionale. La richiesta arriva dal XV Congresso Nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), l’evento scientifico più importante della pediatria di famiglia, in corso a Baveno (VB) fino a sabato 9 ottobre.
 
Centrale il tema della telemedicina. “Rappresenta un’indubbia risorsa da potenziare come ha dimostrato Covid-19, che in questo senso è stato un acceleratore di processi in corso”, dice Paolo Biasci, Presidente della FIMP: “Tuttavia se è ancora così poco diffusa è evidente che esistono dei limiti culturali, strutturali e organizzativi che vanno risolti”.
 

Sono circa 7.000 i pediatri di famiglia presenti capillarmente sull’intero territorio nazionale e su cui si può avviare un progetto di formazione. “Esistono anche problemi strutturali che vanno al di là dell’ambito sanitario e che rendono difficile l’accesso ai servizi telematici”, continua Biasci: “Alcuni pediatri di famiglia, infatti, lavorano in zone montuose, o comunque molto isolate, dove spesso è difficile avere una connessione sufficientemente potente. Infine non tutte le famiglie sono in possesso di strumenti e conoscenze per accedere ai servizi di telemedicina”.
 

“La telemedicina fa parte di un ecosistema più ampio con infrastrutture tecnologiche che devono elaborare l’interazione di diversi dati”, prosegue Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS): “Serve quindi per forza un’organizzazione solida e un centro operativo sanitario per ogni servizio in telemedicina per poter gestire un sistema delicato ma al tempo stesso pieno di grandi potenzialità. Stiamo lavorando in questa direzione anche nell’ambito delle cure primarie e territoriali. Come però spesso accade, all’innovazione e al progresso scientifico-tecnologico corrisponde una lentezza soprattutto a livello normativo. Il Covid-19, i vari lockdown e la costante emergenza socio-sanitaria hanno dimostrato che non c’è più tempo da perdere. Lo stesso vale per la formazione dei professionisti sanitari – conclude – che hanno bisogno di competenze specifiche che tengano conto anche delle esigenze dei loro pazienti”.



www.repubblica.it 2021-10-08 16:09:21

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