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Sindrome dell’X fragile, ora si può scoprire con un test genetico

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La sindrome della X fragile è la causa ereditaria più comune di disabilità intellettiva e autismo. Colpisce in particolar modo i maschi, con una frequenza media di un caso ogni seimila nascite. Ma negli ultimi quarant’anni, meno di un paziente su tre è stato correttamente diagnosticato.

L’impressionante dato arriva dagli Stati Uniti, dove i ricercatori hanno stimato una mancata o scorretta diagnosi per il 72% delle persone nate con questa malattia rara, detta anche sindrome di Martin Bell, caratterizzata da ritardo nello sviluppo, difficoltà nell’apprendimento, problemi relazionali e comportamentali. Questo soprattutto nelle bambine, dove la sindrome si manifesta in forma più lieve, ma anche in tutte quelle persone con autismo e ritardi cognitivi che non hanno avuto accesso al test genetico.

 

Per calcolare il divario fra casi conclamati e non diagnosticati, i ricercatori hanno analizzato 3,8 milioni di cartelle elettroniche. In base alle statistiche, il numero atteso di casi era di 435 individui (256 maschi e 179 femmine). Tuttavia, solo 142 uomini e 38 donne risultavano diagnosticati clinicamente. “Il tasso di diagnosi è stato del 28,06%, il che significa che il 71,94% degli individui con la sindrome non ha ricevuto una corretta diagnosi, in particolar modo fra le donne”, afferma il dottor Arezoo Movaghar del Waisman Center dell’Università del Wisconsin, autore principale dello studio appena pubblicato su Jama Network Open.

 

“L’unico modo che oggi si ha per diagnosticare la sindrome della X fragile è un esame genetico del sangue, il cui costo in Italia si aggira attorno ai 300 euro – spiega la dottoressa Maria Cristina Digilio, responsabile di Genetica medica dell’ospedale Bambino Gesù di Roma – . La patologia è individuabile prima della nascita con l’amniocentesi o la villocentesi, mentre il Nipt test sul sangue fetale non è sufficiente. Oggi possiamo diagnosticare molti più casi rispetto al passato, ma anche in Italia purtroppo dipende dalla regione e dalla città in cui si vive, così come dalla gravità dei sintomi. Ci sono un centinaio di laboratori nel nostro paese in grado di eseguire il test che deve essere richiesto dal neuropsichiatra infantile, che può intercettare i primi sintomi già intorno ai 18-24 mesi del bambino, come l’ipotonia e il deficit del linguaggio”.

Come ricorda l’Osservatorio delle malattie rare, questa sindrome “viene considerata prevalentemente una condizione pediatrica e ciò comporta la quasi totale assenza di centri specializzati nell’assistenza di persone adulte”. Questo fa si che anche tutte le mancate diagnosi degli ultimi decenni non vengano mai intercettate. Unica eccezione è il Day Hospital del Centro di Medicina dell’Invecchiamento del Gemelli di Roma, dove anche gli adulti vengono sottoposti ad una serie di accertamenti volti all’identificazione della mutazione e al trattamento dei sintomi.

La sindrome di Martin Bell è causata da una mutazione nel gene Fmr1, che si trova sul cromosoma X, che impedisce la produzione di una proteina con un ruolo cruciale nello sviluppo delle strutture del cervello. Il rischio di dare alla luce un figlio con la sindrome della X fragile riguarda quindi i soggetti con una premutazione o portatori, in particolare le donne che, potendo contare su un corredo genetico con due cromosomi X, possono essere asintomatiche.

Chi nasce con questa mutazione cromosomica manifesta generalmente un ritardo nelle varie tappe dello sviluppo neurologico. Ma i sintomi sono così vari e ampi da poter essere confusi con altre patologie, dall’iperattività ai problemi di concentrazione, ai disturbi dello spettro autistico fino all’ansia. Alcune malattie associate alla X fragile possono anche essere una diminuzione dell’udito correlata a otiti ricorrenti, l’epilessia e il prolasso della valvola mitrale. Ma anche se sono in studio terapie farmacologiche, ad oggi non esiste una cura specifica. Se viene diagnosticata, la sindrome viene infatti gestita con un approccio multidisciplinare a base di terapia psicomotoria, logopedia, terapia cognitivo-comportamentale e il sostegno scolastico.

Come scrivono i ricercatori dell’Università del Wisconsin, “la diagnosi di X fragile è impegnativa a causa della sua eterogeneità clinica, dell’assenza di caratteristiche fisiche evidenti alla nascita e della somiglianza dei fenotipi con altre condizioni. Oggi si raccomanda a tutti gli individui con ritardo dello sviluppo, disabilità intellettiva o autismo di causa sconosciuta di eseguire il test genetico, tuttavia, solo una piccola parte ha accesso all’esame. È opinione diffusa che questa sindrome sia sotto diagnosticata ovunque, con sfide sostanziali per i pazienti e le loro famiglie”.

“Qui in Italia come nel resto del mondo non viene eseguito alcuno screening neonatale, e il motivo principale è il costo dell’esame – conclude la genetista Maria Cristina Digilio – . La consulenza genetica viene chiesta solitamente quando si ha un ritardo conclamato nello sviluppo”. Motivi per cui i ricercatori americani si appellano agli specialisti di tutto il mondo per “uno screening più ampio, non solo nei neonati ma anche nei genitori, in modo da accelerare il processo diagnostico e facilitare l’accesso dei pazienti a interventi e servizi di cura mirati”.



www.repubblica.it 2022-01-11 06:48:00

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