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Tumori gastrointestinali, test genetico proposto a meno di un paziente su tre

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COSA manca a un paziente che riceve una diagnosi di tumore gastrointestinale? Come vive la malattia, l’accesso alle terapie? Quanto ne sa di quello che gli sta succedendo? Come ha scoperto di avere un tumore? Chiediamoglielo direttamente. È con questo intento che è nata l’indagine conoscitiva sui tumori gastrointestinali nell’ambito dell’iniziativa “In Contatto” promossa dal gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”. Che ha mostrato come rimanga ancora bassa l’aderenza ai programmi di screening del colon-retto, le diagnosi siano in molti casi tardive e ancora pochi gli accessi ai test molecolari per la caratterizzazione dei tumori e la scelta delle terapie più adeguate. I risultati completi dell’indagine sono disponibili sul sito del gruppo.

 

Chi sono i pazienti con tumori gastrointestinali e come scoprono la malattia

I dati arrivano da un piccolo gruppo di pazienti che ha risposto a un questionario online (una cinquantina tra uomini e donne), ma permettono di avere comunque uno spaccato di quella che è oggi la condizione di chi convive con queste malattie. La maggior parte dei partecipanti ha tra i 50 e i 75 anni, un terzo è in trattamento, un terzo in follow-up e un quarto è stato appena operato. L’8% fa cure palliative o di supporto terapeutico. La diagnosi di tumore è avvenuta in uno stato iniziale per quasi la metà delle persone, e per il restante in uno stato avanzato. Oltre la metà del campione, infatti, ha scoperto il tumore in seguito a sintomi aspecifici o durante controlli di routine. Anche se, proprio la condivisione dei sintomi aspecifici con il proprio medico (nel 20% dei casi), secondo l’indagine andrebbe interpretata come una maggiore attenzione e consapevolezza al problema da parte della popolazione, insieme a quel 46% che dichiara di non aver sottovalutato i campanelli d’allarme. In merito agli screening, solo il 48% degli over 50 degli intervistati aderisce con regolarità alla ricerca del sangue occulto nelle feci: il 42% mai. I tumori più frequenti nel campione sono stati: tumore al colon-retto (per due terzi circa), seguito da tumore allo stomaco (20%) e al pancreas (6%). Per gli ultimi due non esistono screening.

 

La vita con un tumore gastrointestinale

Questa non è, però, l’unica criticità portata a galla dall’indagine. Nel 42% dei casi, infatti, i pazienti dichiarano che non è stata effettuata la caratterizzazione molecolare del tumore: il test viene proposto a meno di un paziente su tre. Oltre la metà del campione, inoltre, reputa insoddisfacente la condivisione delle informazioni sulle terapie da seguire – e infatti il 44% vorrebbe una maggiore informazione sulla malattia e sul percorso di cura – e solo il 30% è seguito da team multidisciplinari. Con ripercussioni importanti sulla gestione della malattia: appena al 16% del campione è stata fornita assistenza nutrizionale e solo al 26% è stato proposto un supporto psicologico. Sostegno quanto mai utile se si considera che circa un terzo dei pazienti lamenta ansia e depressione dopo la diagnosi. Anche seguire le terapie a volte è difficile, per motivi diversi: problemi legati alle modalità di somministrazione e agli effetti collaterali dei farmaci, la distanza con i centri di cura e l’assenza di un contatto continuo con il medico curante pesano per più di un quinto degli intervistati.

 

C’è bisogno di alzare l’attenzione sui tumori gastrointestinali

Per Laura Lorenzon, cofondatrice Europa Colon Italia e membro del direttivo, c’è bisogno di aumentare l’attenzione verso i tumori gastrointestinali anche nelle fasi di trattamento: “Desta preoccupazione il dato che circa il 42% degli intervistati non aderisce agli screening, confermando che siamo ben lontani, purtroppo, da quella che dovrebbe essere la pratica routinaria. E sicuramente vi è l’urgenza di attuare un’operazione di sensibilizzazione su questi temi all’interno della popolazione, la cui attenzione in questi ultimi due anni è stata rivolta alla pandemia. Un altro dato rilevante riguarda quel 42% di intervistati a cui non è mai stata eseguita la caratterizzazione molecolare del tumore. Anche questo è un risultato preoccupante, soprattutto per alcuni tipi di tumore come il cancro del colon retto in fase metastatica, in cui il test genetico consente di indirizzare la cura verso terapie target. Bisogna lavorare molto per sensibilizzare la popolazione, soprattutto quella maschile, che hanno una minore percezione dell’importanza della prevenzione primaria e secondaria”.



www.repubblica.it 2022-05-06 16:38:00

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