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Giornata nazionale del malato oncologico: i 5 punti su cui si gioca il futuro dei paz…

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Potrebbe essere ripetuto come un mantra: implementare le reti oncologiche, incentivare gli screening, portare l’oncologia sul territorio, garantire la riabilitazione dei pazienti, clinica e sociale. Ma se la teoria si conosce, con la pratica siamo ancora indietro, tanto che siamo ancora in attesa del nuovo Piano oncologico nazionale. Ecco perché da oggi al 15 maggio, nell’evento dedicato alla Giornata del malato oncologico organizzato a Roma, saranno proprio questi temi a tenere banco.

I “buchi” nelle reti oncologiche

“Come clinici riteniamo fondamentale una reale implementazione delle Reti oncologiche a livello nazionale”, sottolinea Saverio Cinieri, Presidente dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (Aiom): “È questa l’organizzazione sanitaria migliore per la gestione del paziente, perché riesce ad integrare perfettamente i servizi ospedalieri e quelli territoriali, con una governance autonoma e autorevole, ben normata ed uniformemente riconosciuta da tutte le Regioni. È necessario realizzare un Piano oncologico nazionale in linea con le indicazioni europee, prevedendo la possibilità per le reti di sfruttare a pieno i finanziamenti previsti”. Ad oggi, se alcune reti hanno avviato un percorso virtuoso di sviluppo, altre sono rimaste indietro e rischiano di incrementare diseguaglianze.

Covid ha reso evidenti agli occhi di tutti le criticità del sistema, e anche questo è ormai un mantra. Che i pazienti oncologici hanno però imparato sulla loro pelle: “In alcuni territori abbiamo assistito a sotto-trattamenti e sotto-diagnosi. Numerose terapie e interventi sono stati sospesi e rimandati, così come gli screening e le attività di prevenzione”, dice Sandro Pignata, Responsabile scientifico Rete Oncologica Campana: “Spetta alle Reti Regionali, nei prossimi anni, gestire questa imponente mole di lavoro”.

 

No soldi, no screening

Prendiamo le attività di screening, per le quali abbiamo numeri precisi: nei primi 17 mesi della pandemia sono stati effettuati in totale sono oltre 4.480.000 inviti e 2.790.000 test in meno. Come recuperare? “ La mancanza di risorse e una carente organizzazione sono il problema critico che affligge da sempre gli screening organizzati e questo è, forse, più evidente nelle Regioni del Sud”,  risponde Paola Mantellini, dell’Osservatorio Nazionale Screening: “È necessario un uso appropriato delle risorse per far ripartire la prevenzione secondaria del cancro in tutta Italia”,“Bisogna disporre di personale medico-sanitario dedicato e costantemente formato, e si deve far riferimento a requisiti tecnico-organizzativo-professionali ben definiti”.

 

Costruire l’oncologia del territorio

E veniamo ora alla cosiddetta oncologia territoriale, che oggi non esiste perché gli oncologi si trovano solo dentro agli ospedali: “Curare i pazienti a casa significa ridurre le probabilità di contagio intra ospedaliero, migliorare la loro qualità di vita, ridurre i costi umani e sociali della malattia”, spiega Luigi Cavanna, Presidente del CIPOMO – Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri: “Nel prossimo futuro dovremo spostarci sempre più verso una visione ‘integrata’ del sistema di gestione”.

Già, perché se il malato oncologico ha un dolore o un nuovo sintomo improvvisi e non sa a chi rivolgersi, va al pronto soccorso, che – lo stiamo vedendo – non può reggere la pressione. “Come FAVO abbiamo avviato un confronto costruttivo con SIMEU (Società dei clinici di Medicina di emergenza e urgenza) SIAARTI (Società di Medicina anestesisti e rianimatori),  AIOM e SICO (Società dei chirurghi oncologi): un lavoro di rete, con formazione condivisa, in cui i DEA/PS, spesso porta di ingresso di un paziente oncologico in prima diagnosi, devono avere accesso a percorsi facilitati di attivazione e presa in carico da parte del Dipartimento oncologico e di Cure palliative”, dice Paola Varese, Direttore Scientifico di Favo.

 

Il diritto di chi è guarito

Anche chi dal cancro è guarito deve vedere riconosciuti i suoi diritti, tra cui quello all’oblio, di cui tanto si parla in questo periodo. “Il cancro non solo è curabile ma dalla malattia si può guarire. Di fatto però la guarigione non coincide ancora con il ripristino di tutte le condizioni della persona preesistenti alla malattia, non solo sul piano clinico, ma anche su quello sociale, economico e professionale”, sottolinea Elisabetta Iannelli, Segretario Generale Favo: “Va assicurato il ‘diritto all’oblio oncologico’ dell’ex malato il quale, trascorso un certo periodo di tempo dalla diagnosi e dalla conclusione dei trattamenti, non deve essere tenuto a dichiarare la pregressa patologia nel caso di richiesta di un finanziamento o di una copertura assicurativa caso morte”,

FAVO è stata tra i primi che hanno sollevato la questione nel 2017 e da allora sta portando avanti quella che definisce una battaglia di civiltà. La nostra Federazione è oggi partner della campagna ‘Io non sono il mio tumore’, promossa da Fondazione AIOM: “Vogliamo che l’Italia si adegui al livello di garanzie già previsto in altri Paesi dell’Unione europea – afferma il presidente della fondazione, Giordano Beretta: “Quelli che ormai possiamo considerare ex pazienti devono godere degli stessi diritti garantiti agli altri cittadini”. La federazone ha anche costituito un Gruppo di lavoro multidisciplinare per la redazione di una proposta di legge coerente con le necessità degli ex malati oncologici. “La proposta di legge per il diritto all’oblio della patologia oncologica è depositata dai Sen. Quagliariello e Binetti, sottoscritta da 16 senatori, si iscrive nella linea dedicata a promuovere la vita attiva degli ex-malati. Il testo è semplice e certo per rendere effettivo il diritto”, spiega Maurizio Sacconi, Presidente Amici di Marco Biagi. “Il fatto che alla guarigione fisica dei pazienti oncologici spesso non si accompagni una guarigione sociale – aggiunge Quagliarello – è un vulnus non solo ai principi costituzionali di libertà e di uguaglianza, ma anche e soprattutto alla civiltà. Ci si preoccupa tanto, e giustamente, del diritto all’oblio in tanti ambiti della vita civile, e invece le persone che guariscono dal cancro sono spesso condannate a fare i conti a vita con la malattia vissuta e superata e con ostacoli di varia natura. I progressi scientifici garantiscono oggi percorsi e aspettative di vita che rendono ancor più ingiusto tutto questo. Facciamo in modo che questa malattia non diventi un ‘fine pena mai’”.

 

Se il Certificato oncologico introduttivo lo compila l’ospedale

Come sempre, il Rapporto dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici di Favo dedica una parte al tema della disabilità oncologica. L’Inps, in collaborazione con AIOM e con il raccordo operativo di Favo, ha introdotto nel 2013 il Certificato Telematico Oncologico Introduttivo cui è seguito nel 2017 quello specialistico per i minori, in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria.

“Per facilitarne la diffusione sul territorio – spiega Raffaele Migliorini Coordinatore Generale Medico Legale – l’INPS, in stretta collaborazione con Agenas, all’inizio del 2022 ha avviato il processo di adozione di un Protocollo quadro che abilita e promuove l’utilizzo del certificato specialistico introduttivo da parte delle strutture sanitarie presso cui sono in cura i malati oncologici in tutto il territorio  nazionale”. Si spera così di semplificare al più presto la valutazione medico-legale e un processo che spesso rappresenta un ulteriore peso per i malati.



www.repubblica.it 2022-05-12 17:13:41

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