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Ictus, quando col cuore proteggiamo il cervello

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La chiamano embolia paradossa. Si crea un coagulo di sangue che poi, attraverso una sorta di “condotto” anomalo tra l’atrio destro e quello sinistro, quello che tecnicamente viene definito forame ovale pervio, entra nel circolo cerebrale e può bloccare il flusso di sangue in un vaso del cervello, provocando un ictus ischemico. Questa sorta di “percorso” può essere alla base di un ictus criptogenetico, ovvero senza una causa ben definita.

Ovviamente, per arrivare a questa ipotesi, occorre escludere quadri come la fibrillazione atriale, l’aritmia più comune soprattutto negli anziani per la quale si attuano trattamenti specifici per mantenere il sangue fluido, e la presenza di altri fattori che potrebbero influire sulla coagulazione. Alla fine di questo percorso, quasi un caso di ictus su quattro può essere definito criptogenetico, e circa il 30-40% delle persone che vanno incontro ad un ictus presenta un forame ovale pervio, peraltro molto diffuso ma del tutto impercettibile.

Di cosa si tratta

“Il forame ovale pervio è una condizione congenita, presente in circa il 25% della popolazione adulta, caratterizzata dalla persistente comunicazione tra l’atrio destro e atrio sinistro del cuore, che nella persona adulta non dovrebbe esserci, mentre è normale durante la vita fetale – spiega Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia (Sic). Questa “via”, di per sé, non dà alcun sintomo, infatti molte persone non si accorgono mai di averlo. Talvolta però può essere la causa di un ictus in età giovanile”.

Cosa può accadere? Pensate ad un piccolo coagulo di sangue che si forma nelle vene delle gambe (ad esempio durante un lungo viaggio in aereo o a causa della immobilizzazione a letto per un trauma o una frattura). Se questo entra nella circolazione venosa di un soggetto senza forame ovale pervio, nella stragrande maggioranza dei casi non provoca conseguenze rilevanti, perché un piccolo coagulo nel letto venoso polmonare rimane asintomatico.

Al contrario, se persiste questa comunicazione tra la parte destra e sinistra del cuore, il piccolo coagulo può passare dal distretto venoso (cuore destro) a quello arterioso (cuore sinistro) e da qui viaggiare all’interno dei vasi che portano il sangue ossigenato agli organi e arrivare dal cuore fino al cervello, causando un ictus per mancanza di apporto di sangue.

“Quando viene diagnosticato un ictus in un under-65 e sano, è bene andare sempre alla ricerca del forame ovale pervio – fa sapere Indolfi. In questo caso esiste l’indicazione alla chiusura percutanea di questo foro esistente nel cuore. Ma attenzione: non tutti i pazienti con forame ovale pervio avranno un ictus, pertanto non questo va mai chiuso se la persona non ha mai avuto storia di ictus, Tia (attacco ischemico transitorio) o evidenza di lesioni cerebrali ischemiche alla risonanza dell’encefalo”.

Come si può “chiudere” il condotto anomalo  

“L’intervento si effettua con una procedura mini-invasiva effettuata da una vena della gamba, attraverso la quale si introduce un tubicino (catetere), all’interno del quale viene fatto avanzare un “device” che permette di chiudere la comunicazione tra atrio destro e sinistro – fa notare l’esperto.

Esistono diverse tecniche per ottenere questo risultato: quella più usata consiste nel posizionare un “ombrellino”, formato da due dischi che vengono posizionati a cavallo della parete contenente il foro. Un disco viene aperto nell’atrio destro e l’altro nell’atrio sinistro con la parete del cuore su cui c’è il forame ovale pervio che rimane chiusa tra i due dischi).

Questo ombrellino rimarrà per sempre nel cuore del paziente. Dopo la procedura il paziente rimane ricoverato per 24 ore e dopo può essere dimesso e ritornare alla normale routine. Si tratta di procedure a basso rischio, che vanno comunque effettuate solo identificando con precisione chi davvero può trarne vantaggio.

L’appropriatezza è fondamentale così come lo è per l’eventuale chiusura dell’auricola sinistra, una sorta di “appendice” dell’atrio che può essere presa in considerazione in casi specifici in pazienti con fibrillazione atriale che non riescono o non possono seguire il trattamento anticoagulante. Si tratta di un’alternativa non farmacologica per la prevenzione dell’ictus nei pazienti ad alto rischio con fibrillazione atriale in cui è controindicata la terapia farmacologica per mantenere il sangue fluido, prima strategia di cura per chi è a maggior rischio di ictus per la presenza di fibrillazione atriale.



www.repubblica.it 2022-07-04 14:57:51

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