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Tumore al seno, sport e alimentazione durante chemio e radioterapia? Ecco cosa dice l…

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“Posso fare running se sono in cura con la chemioterapia?”. “Posso riprendere ad andare in palestra se non ho finito la radioterapia?”, “Mentre sono in trattamento sarebbe meglio seguire la dieta chetogenica?”, “O dovrei fare il digiuno intermittente?”. Sono tanti i dubbi che possono venire quando si affronta un tumore al seno, e spesso non trovano risposta. Anche perché a cercare tra le notizie si trovano informazioni contraddittorie: studi che oggi dicono una cosa, domani un’altra. Ed è normale che sia così.

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In questi ultimi venti anni sono state condotte moltissime ricerche sull’esercizio fisico e sull’alimentazione nelle donne con un tumore al seno, così come in altri pazienti oncologici. Va detto che pochi di questi studi hanno indagato se l’aumento dell’attività fisica, o il cambiamento di dieta o del peso influenzino il tasso di recidive o la mortalità. La maggior parte si è concentrata su altri aspetti: il miglioramento della qualità della vita e la riduzione degli effetti avversi delle terapie, che comunque non sono poca cosa.

In ogni caso, presi singolarmente non possono decretare cosa funzioni veramente e cosa no: bisogna analizzare e confrontare le ricerche e valutare la loro qualità, per poi arrivare a fornire delle indicazioni sostenute da dati solidi. Questo è ciò che fanno le società scientifiche che, alla fine di un grande lavoro di analisi, pubblicano le loro linee guida. E così ha fatto anche la Società Americana di Oncologia Clinica (Asco), che ha stilato le sue raccomandazioni su “Esercizio, dieta e gestione del peso durante i trattamenti per il cancro” (non metastatico).

Cosa dicono le linee guida Asco

Gli esperti hanno considerato studi su pazienti con diversi tumori, non solo quello al seno, in trattamento attivo soprattutto con chemioterapia e/o radioterapia (hanno escluso, invece, gli studi su pazienti con tumore al seno trattate con la sola terapia ormonale, per le quali sono state già pubblicate linee guida ad hoc in passato). Nel complesso hanno analizzato 52 revisioni (42 sull’esercizio fisico, 9 sull’alimentazione e una sulla gestione del peso) e ulteriori 23 trial clinici pubblicati tra il 2000 e il 2021, con l’obiettivo di tirare le somme. Le indicazioni sono rivolte ai medici, ovviamente, ma anche ai pazienti e ai loro caregiver. Ecco cosa è emerso.

Domanda 1: L’esercizio fisico aerobico e di resistenza eseguito durante la terapia è sicuro e migliora la qualità della vita, il controllo delle tossicità dei farmaci o del cancro?
Raccomandazione: “Gli oncologi dovrebbero consigliare esercizi aerobici e di resistenza durante le terapie per mitigarne gli effetti collaterali”.

I dati indicano che l’attività fisica riduce l’affaticamento (fatigue), preserva la forza, la fitness cardiorespiratoria e fisica. In alcuni pazienti, in particolare in chi ha un tumore al seno, migliora la qualità della vita e riduce l’ansia e la depressione. Inoltre può migliorare il sonno. Per quanto riguarda la sicurezza, c’è un basso rischio di eventi avversi e i benefici superano i rischi.

I dati, però, non permettono ad oggi di affermare che l’esercizio migliori anche il controllo del cancro – abbassando, cioè, il rischio di recidiva o aumentando i tassi di sopravvivenza – o l’aderenza alla terapia.

Le linee guida, infine, non affrontano gli esercizi mente-corpo, impiegati in discipline come lo yoga.

Per quanto riguarda chi ha un tumore metastatico, sono stati condotti pochi studi e questo è il motivo per cui le linee guida non possono rivolgersi anche a questa popolazione di pazienti. I risultati preliminari, però, suggeriscono che l’esercizio fisico sia in generale sicuro (ovviamente condotto dopo consulto medico), anche nel caso di metastasi ossee. 

Domanda 2: Seguire una particolare dieta o consumare determinati alimenti durante il trattamento è sicuro e migliora la qualità della vita, il controllo delle tossicità dei farmaci o del cancro?
Ad oggi non ci sono prove sufficienti per poter raccomandare o sconsigliare interventi dietetici specifici, come la dieta chetogenica, quelle a basso contenuto di carboidrati o a basso contenuto di grassi, né il consumo di cibi funzionali o il digiuno. Sono in corso diversi studi clinici e bisognerà attendere ulteriori dati. Non sono invece raccomandate le diete neutropeniche (in particolare quelle che escludono frutta e verdura crude) al fine di prevenire le infezioni, perché – riportano gli esperti – i rischi possono superare i benefici.

Domanda 3: Gli interventi per perdere peso o evitarne l’aumento durante le terapie migliorano in modo sicuro la qualità della vita, il controllo delle tossicità dei farmaci o del cancro?
Diversi studi hanno mostrato un effetto positivo del controllo del peso nella risposta al trattamento per il cancro al seno, e sappiamo che l’obesità e il sovrappeso sono correlati a un aumento del rischio di sviluppare la malattia. Il gruppo di esperti dell’Asco, però, si è astenuto dal formulare raccomandazioni specifiche, a causa di lacune nelle evidenze scientifiche. Questo non vuol dire che i medici non dovrebbero discutere di alimentazione sana e di controllo del peso con i pazienti: queste strategie – scrivono – portano sicuramente benefici nella popolazione generale, e possono essere importanti anche per i pazienti oncologici in terapia, ma c’è bisogno di ulteriori ricerche per dare indicazioni valide per tutti.

Ma a chi si può rivolgere il paziente?

Il punto critico per tradurre in pratica le raccomandazioni è la comunicazione medico-paziente, sottolineano gli autori. “I pazienti possono non essere consapevoli dell’impatto dell’esercizio fisico durante il trattamento, mentre altri potrebbero seguire diete che non sono supportate da prove scientifiche. Il compito del medico dovrebbe essere quello di parlare dell’importanza dell’attività fisica e promuovere comportamenti salutari”.

Ma non basta la condivisione di conoscenze e di dati: servono strategie motivazionali e interventi mirati. L’oncologo, da solo, probabilmente non potrà farlo: secondo un recente sondaggio condotto sempre dall’Asco, l’84% degli oncologi intervistati, pur riconoscendo i benefici della dieta, dell’esercizio fisico e della gestione del peso, pensa che altre figure si dovrebbero occupare di questi aspetti. Se a torto o a ragione non sta a noi dirlo, ma guardando all’Italia, questo è sicuramente un altro punto di cui dovremmo tenere conto nella riorganizzazione dell’assistenza oncologica sul territorio. A chi si può rivolgere il paziente al di fuori dei grandi centri che oggi sono in grado di offrire un approccio “integrato”?



www.repubblica.it 2022-07-15 10:17:24

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