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A New York primo trapianto di cuore tra pazienti positivi all’Hiv

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Gli organi da trapiantare sono così preziosi e richiesti che non possono essere assolutamente “sprecati”. Anche se non sono “perfetti” al cento per cento come si vorrebbe. Specialmente nei casi più disperati, quando ai malati non rimane altra possibilità di sopravvivenza.

E’ stato probabilmente questo quello che ha spinto un gruppo di medici di New York ad azzardare una procedura mai eseguita prima: un trapianto di cuore tra pazienti positivi all’HIV. Fino alla scorsa primavera, quando è stata eseguita questa rivoluzionaria procedura, nessuno aveva mai osato tanto. Ma il rischio è valso il risultato, almeno per il momento.

Chi è la donna che ha ricevuto organi nuovi

La donna di circa sessant’anni d’età, sieropositiva, che ha ricevuto l’organo “infetto”, e in contemporanea anche un rene, sta recuperando bene e ci sono buone probabilità che la sua vita sia più lunga e migliore proprio grazie a questo trapianto “salva-vita”. L’intera procedura è stata eseguita al Montefiore Health System di New York City, che ormai da anni stava valutando la possibilità di ricorrere a un intervento di questo tipo. Fino al 2013 negli Stati Uniti i trapianti di organi da donatori sieropositivi sono stati severamente vietati. Poi nove anni fa è stata approvata l’HIV Organ Policy Equity (HOPE) Actnel, che consente i trapianti tra sieropositivi in un contesto sperimentale. Ma ora che abbiamo la prova che funziona, la speranza è di poter ricorrere a questa procedura più spesso, almeno per smaltire la lunghissima lista d’attesa di chi aspetta un organo.

L’ospedale ha chiesto il consenso alla paziente

Si stima che negli Usa ci siano oltre 100.000 americani in attesa di un nuovo organo e più di una dozzina di persone muore ogni giorno in attesa del proprio turno. Per fare un confronto, ogni anno vengono eseguiti solo circa 40.000 trapianti. Ai restanti pazienti non rimane altro da fare che aspettare e sperare di sopravvivere.

I cuori da trapiantare, in particolare, possono essere difficili da trovare. I beneficiari devono sperare in un donatore idoneo la cui causa di morte non ha danneggiato l’organo. Consapevoli di queste difficoltà, i medici newyorchesi hanno deciso di parlare dirottamente con la loro paziente della possibilità e dei rischi di un trapianto di un cuore prelevato da un sieropositivo.

La donna soffriva di insufficienza cardiaca avanzata

La donna soffriva di insufficienza cardiaca avanzata ed era in attesa di un cuore da diverso tempo. “Stava aspettando da un po’ di tempo e abbiamo pensato perché non ne parliamo con la paziente? E lei ha accettato i rischi e i benefici, e ha firmato il consenso”, ha detto al Bronx Times Omar Saeed, cardiologo della Montefiore Health System di New York City. L’intervento è durato quattro ore ed è stato subito un gran successo. Dopo cinque settimane trascorse in ospedale ora la donna sta continuando il recupero a casa.

La situazione in Italia

“E’ una bellissima notizia”, commenta Mauro Rinaldi, direttore della Struttura Complessa di Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino. “E’ la prima volta che il cuore di un donatore positivo all’HIV viene trapiantato in un altro paziente sieropositivo, ma non è la prima volta che viene utilizzato un organo proveniente da un donatore positivo all’HIV. In passato, anche qui a Torino, è stato fatto – continua – con organi diversi dal cuore e i risultati sono stati positivi”.

La ricevente americana era sieropositiva, per cui non avrebbe contratto il virus dell’HIV a causa dell’organo. “Inoltre, con i progressi nella terapia antiretrovirale, oggi il virus dell’HIV non è più una condanna a morte, ma è perfettamente controllabile e quindi la strada del trapianto è diventata ancora più percorribile”, aggiunge Rinaldi.

Molto prima dell’HIV, in Italia e in molti altri paesi del mondo si è iniziato a trapiantare organi da donatori con l’HCV, il virus dell’epatite C. “In questo modo la disponibilità di organi – reni, cuore, polmoni, ecc. – è aumentata considerevolmente”, sottolinea Rinaldi.

Forse siamo ancora lontani dal poter utilizzare il cuore (o altri organi) degli animali per i cosiddetti xenotrapianti o dal creare organi in laboratorio, ma la possibilità di usare organi “non perfettamente sani” è già una realtà. “Già oggi ha salvato la vita a moltissime persone”, conclude Rinaldi.



www.repubblica.it 2022-08-02 16:39:02

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