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Risvegli. Storie di vite ritrovate: i podcast

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La storia di Maria Laura: l’incidente in auto

“Come si chiama quel cantante che va in Vespa sui colli bolognesi?” Una domanda fatta dalla compagna di stanza di Maria Laura, per ingannare il tempo, durante un lungo ricovero. E lei, dopo giorni di silenzio, con voce flebile, ha risposto: “Cesare Cremonini”. Così Maria Laura è tornata al mondo. Poche parole, dopo un lungo coma per un incidente automobilistico. Una voce riemersa dal buio che l’ha riportata alla sua vita di studentessa. Oggi ha 29 anni. Racconta del suo lentissimo risveglio, perché dal coma non si esce all’improvviso come nei film, ma con piccolissime conquiste quotidiane. Prima ha aperto gli occhi all’Ospedale Maggiore di Bologna e, con il passare dei giorni, è riuscita a parlare. Poi il lungo ricovero nella Casa dei Risvegli di Luca De Nigris.


 

Maria Laura, Anna, Edoardo, Francesco e Daniel sono i protagonisti di Risvegli. Storie di chi è tornato alla vita dopo un evento che l’ha spezzata. Di chi è rinato emotivamente dopo un arresto cardiaco, un ictus, un coma. Ma anche di chi ha affrontato un intervento per trovare la propria identità. Tutto accade come in un susseguirsi di porte scorrevoli che conducono a una seconda occasione. Un camion in autostrada ha urtato l’automobile di Maria Laura. Dopo il coma, lei ha ripreso a studiare. Quel giorno stava portando dei documenti in ateneo e per questo per nulla al mondo abbandonerebbe gli studi. Deve farcela.

Anna: un ictus all’improvviso

Storie di chi come Anna, con una carriera importante, ha visto la sua esistenza cambiare in pochi secondi. Una magistrata colpita da un ictus, dopo una giornata di riposo trascorsa con gli amici. In quel momento tutto ha preso una direzione diversa. Movimenti bloccati, ospedali, riabilitazione sono diventati la sua quotidianità. Ma non si è fermata. Tanto da viaggiare da Genova a Roma in ambulanza, pur di partecipare a una riunione di lavoro. E oggi, dopo mesi difficili, è diventata membro dell’antimafia. “Ritornerò come prima?”, chiedeva al centro di riabilitazione. “Come prima no, sarai diversa, un’altra te”, le rispondevano. “All’improvviso la vita si spezza. C’è un prima e un dopo. A volte si è meno fortunati e tutto finisce. Ho capito che dovevo reagire”, racconta.


Daniel: il cuore che si ferma mentre è in classe

C’è chi, come Daniel, è stato colpito da un malore durante l’adolescenza. Il suo cuore si è fermato in classe. “Non avevo fatto i compiti, la professoressa mi aveva beccato e detto che avrei dovuto farli per la volta dopo. Quei compiti, però, non li ho mai consegnati”, racconta. Si è sentito male e la docente ha usato tutte le conoscenze e la forza che aveva per tenerlo in vita. Oggi Daniel ha ripreso a fare sport, anche se non come prima. Da quel brutto episodio, è nato qualcosa di positivo. “Abbiamo anticipato quanto prevede la legge che introduce la formazione sulla sicurezza obbligatoria a scuola. Lo scorso anno – racconta Miriam Pistillo, l’insegnante che l’ha salvato – abbiamo formato 820 alunni: ora sono in grado di fare un massaggio cardio-polmonare. E insegneremo loro a usare il defibrillatore”.


Francesco: i suoi due trapianti

C’è chi di cuori ne ha avuti tre. Francesco era poco più che ventenne quando si è sentito male. Da quel giorno ha iniziato a viaggiare dalla Calabria verso il Lazio e la Lombardia per farsi curare. Due trapianti e due cuori nuovi. “Mi sono fermato ad ascoltare il battito. Mi ha rassicurato e – racconta – dopo il primo intervento mi sono commosso ma ho cercato di non essere sopraffatto dall’emozione”. Sul suo cammino ha incontrato Giusi: si sono sposati e ora sognano di avere figli.


Edoardo: nato in un corpo che non gli apparteneva

C’è poi chi non ha avuto scelta. Ogni cosa apparentemente al suo posto, ma non era così. Edoardo, nato in un corpo che non corrispondeva alla sua identità di genere, aveva bisogno di cambiare per stare bene. “Il corpo è il nostro biglietto da visita. Quando siamo costretti a mostrare un involucro che non corrisponde al nostro sentire è difficile avere rapporti autentici e sinceri, è impossibile che emerga la nostra vera identità”, racconta. Edoardo si dice fortunato perché i genitori lo hanno capito. “Il loro supporto è stato fondamentale, sono stati sostegno e certezza. Affrontare questo percorso da soli è molto difficile, tutto si complica”, spiega. Il cammino è stato lungo e complicato e a volte ha temuto di non farcela. “A 40 anni nulla sembrava avere più senso. Ho pensato al suicidio. Ma poi ho ceduto alla bellezza della vita”.




www.repubblica.it 2022-09-02 05:00:49

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