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Vaccini aggiornati a Omicron, le ragioni della scelta dell’Ema

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A differenza di quanto deciso negli Stati Uniti, il vaccino bivalente approvato dall’Agenzia Europea e per cui è appena giunto l’ok anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) protegge dalla forma originaria di Sars-CoV-2 e dalla prima sottovariante di Omicron. Non la più diffusa, come documentato dall’ultima survey dell’Istituto Superiore di Sanità.

“Ma non direi che l’EMA è stata poco coraggiosa. Siamo disposti a valutare la totalità delle evidenze scientifiche, passo dopo passo. Arriverà il momento anche del vaccino bivalente con BA.4 e BA.5. Se i dati saranno rassicuranti, presto offriremo questa opportunità ai cittadini europei”.

Armando Genazzani, ordinario di farmacologia e direttore del dipartimento di scienze del farmaco all’Università del Piemonte Orientale, è il membro italiano del Comitato per i medicinali destinati all’uso umano (CHMP) dell’EMA. Di fatto l’organismo che dà l’ultima parola prima della definitiva approvazione di un nuovo farmaco. Ieri mattina è stato collegato per quattro ore in videoconferenza con i colleghi degli altri Stati membri. Il via libera al vaccino bivalente è giunto quando erano da poco passate le 12.

Quanto vale questo traguardo, per i cittadini europei?
“Per la prima volta abbiamo un vaccino a mRna aggiornato, in grado di proteggerci anche dalle ultime varianti di Sars-CoV-2. Era ormai necessario, per far fronte alla capacità di eludere in parte la risposta immunitaria dimostrata in questi mesi da Omicron”.

Quali dati di efficacia accompagnano i nuovi vaccini di Moderna e Pfizer-Biontech?
“Presto i richiami saranno effettuati con un vaccino in grado di riconoscere la forma originaria wild-type del virus e la variante BA.1. Un’opportunità in più per ridurre anche il numero dei contagi. Sappiamo che questo è il primo passo per contenere i ricoveri e i decessi, sebbene sull’evoluzione della malattia anche i primi vaccini a mRna hanno dimostrato in questi mesi di poter giocare la propria parte”.

Armando Genazzani

Armando Genazzani 

BA.1 rappresenta però una sottovariante di Omicron già “superata”, come dimostra la scelta degli Stati Uniti di approvare direttamente un vaccino bivalente più aggiornato.
“La Food and Drug Administration compie spesso valutazioni più larghe, se così si può dire. Gli Stati Uniti, complice una circolazione virale più sostenuta e un tasso di copertura vaccinale inferiore, hanno deciso di applicare la strategia che da anni si utilizza contro l’influenza, il cui vaccino viene aggiornato ogni anno sulla base delle caratteristiche del virus in quel momento più diffuso. Senza effettuare ogni dodici mesi un nuovo studio clinico. Non è un azzardo, ma una valutazione diversa da quella effettuata dall’EMA”.

Ad Amsterdam non sarebbe stato possibile seguire la stessa rotta per “accelerare” la lotta al Covid-19?
“Non escludo che anche l’Agenzia Europea, nelle prossime settimane, decida di muoversi in questa direzione. In casi simili, d’altra parte, i dati clinici non sono sempre necessari a stimare rischi e benefici. Valuteremo i dati e guarderemo con attenzione a quello che accadrà al di là dell’Atlantico. Se sarà necessario, decideremo se accelerare o meno il processo di approvazione di eventuali nuovi vaccini. Potrebbe essere un passo decisivo per ridurre il ritardo con cui inseguiamo la pandemia”.

Cosa si può rispondere a chi pensa che in Italia arriverà un farmaco “vecchio” rispetto alle necessità attuali?
“Sbaglia chi pensa che gli italiani riceveranno un booster obsoleto – chiarisce Genazzani, che è anche membro della Società Italiana di Farmacologia -. Intanto perché gli anticorpi prodotti in seguito alla somministrazione del vaccino bivalente approvato dall’EMA hanno dimostrato di saper riconoscere a aggredire anche le sottovarianti BA.4 e BA.5. Non è vero, dunque, che con i richiami che saranno disponibili in Italia non si risulterà protetti dalle forme di Sars-CoV-2 più diffuse. A ciò occorre aggiungere quelle che sono le evidenze preliminari che emergono da uno studio australiano in fase di pubblicazione. I colleghi, dopo aver confrontato i valori degli anticorpi neutralizzanti sviluppati a seguito di un richiamo, non hanno trovato differenze di efficacia significative tra i vaccini originari e quelli bivalenti. L’evoluzione è necessaria, come conferma la decisione dell’EMA. Ciò non toglie, però, che i vaccini a mRna utilizzati finora rimangano efficaci nel prevenire il decorso più grave dell’infezione”.

A suo avviso c’è il rischio che gli italiani continuino a rimandare l’appuntamento con i richiami in attesa del vaccino bivalente contro BA.4 e BA.5?
“Sulla base di quanto detto, mi auguro che ciò non accada. Aspettare non è stato saggio finora. E lo sarà ancora meno nel momento in cui nei nostri hub sarà disponibile questa nuova versione del vaccino. Non è detto che l’ultimo arrivato sia sempre in grado di determinare un vantaggio clinico. Se oggi avessi bisogno di uno smartphone, cercherei il più adatto a me tra quelli disponibili. Senza rimanere alla finestra ad aspettare un altro modello, ritrovandomi chissà per quanto altro tempo ancora senza telefono”.

A fine anno potrebbero essere disponibili due versioni di vaccini bivalenti?
“Inizieremo presto a valutare anche i dati di BA.4 e BA.5 presentati dalle aziende. Questa possibilità c’è, a quel punto toccherà ai singoli Stati decidere come comportarsi. Di certo c’è che chi avrà già ricevuto il booster con il vaccino che abbiamo approvato ieri, non dovrà sottoporsi a una nuova iniezione”.

Perché i vaccini bivalenti non saranno utilizzati per effettuare prime e seconde dosi?
“La valutazione clinica è avvenuta somministrando questo farmaco a persone che avevano già ricevuto le prime due dosi di vaccino. Ragion per cui siamo certi soltanto della sua efficacia come richiamo. È una garanzia in più, a tutela della salute dei cittadini. Per chi si convincerà nelle prossime settimane a effettuare la prima o la seconda dose, rimarranno disponibili i vaccini a mRna utilizzati fino a questo momento”.

Cosa dovrà fare chi ha già ricevuto la terza?
“Aspettare tre mesi e, se nel frattempo non dovesse aver contratto l’infezione da Sars-CoV-2, effettuare quella con il vaccino bivalente. Lo stesso dicasi per quel cinque per cento di italiani chi ha già fatto la quarta”.

Per essere completamente protetti servirà la quinta, dunque.
“Molte delle persone che hanno ricevuto quattro dosi sono fragili e a rischio. Ragion per cui, passato il periodo di protezione, è plausibile che debbano proteggersi nuovamente, facendo un’ulteriore dose per ridurre il rischio di ammalarsi”.

E poi?
“Sars-CoV-2 è destinato a diventare un virus stagionale, con la comparsa di mutazioni e l’insorgere di ondate di contagi. Rispondere con certezza a questa domanda, pertanto, non è possibile. Occorrerà valutare l’andamento epidemiologico e la comparsa di nuove varianti: se la situazione dovesse rimanere quella attuale, potremmo essere a un passo dall’effettuare un richiamo all’anno”.

Siamo già in grado di dire quanto duri la copertura garantita dal vaccino bivalente?
“Le differenze in termini di sicurezza ed efficacia rispetto ai vaccini impiegati finora sono minime. È verosimile, dunque, che la protezione dal rischio di contagio inizi a scemare dopo 4-5 mesi. Mentre quella nei confronti delle forme gravi di Covid-19 permane molto più a lungo. Merito non soltanto degli anticorpi, ma anche dei linfociti T di cui si parla ancora troppo di rado”.

Twitter @fabioditodaro



www.repubblica.it 2022-09-05 05:45:05

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