Tutte le notizie qui
Backaout
Backaout

Cuore, la cannabis contro il dolore cronico può aumentare il rischio di aritmie

30

- Advertisement -


Anche le macchine più affidabili a volte si inceppano. Può capitare anche al ritmo del cuore, regolato dai segnali elettrici che corrono lungo l’organo senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Così compare l’aritmia. Ci sono però condizioni in cui il rischio aumenta e quindi occorre una maggior attenzione alla salute del cuore. Un esempio? Per chi assume cannabis ad uso terapeutico, nella lotta al dolore cronico di diversa origine, il monitoraggio deve essere più attento.

A segnalare questa necessità da parte di medici e pazienti, rilevando come l’uso terapeutico dei composti presenti nella cannabis sarebbe associato ad un rischio elevato di aritmie, è una ricerca presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) a Barcellona.

Lo studio è stato coordinato da Nina Nouhravesh del Gentofte University Hospital in Danimarca. Nel Paese nordico la cannabis medica è stata approvata nel gennaio 2018 su base sperimentale, il che significa che i medici possono prescriverla per il dolore cronico se tutte le altre misure, compresi gli oppioidi, si sono rivelate insufficienti. Ma non ci sono ancora dati esaurienti sulla sicurezza a lungo termine, in particolare sul fronte cardiovascolare, considerando che informazioni non proprio tranquillizzanti sul fronte dei disturbi del ritmo giungono dai consumatori di cannabis ad uso ricreativo.

Ricerca su grandi numeri

In Danimarca possono essere prescritti diversi principi attivi dalla cannabis, dal dronabinol, contenente molto Thc o Tetraidrocannabinolo, fino a cannabinoidi che sono più ricchi di cannabidiolo o direttamente cannabidiolo. Il medicinale può essere somministrato per via inalatoria, oppure per bocca. Studiando oltre 1,6 milioni di pazienti dal 2018 al 2021, i ricercatori hanno individuato 4.931 soggetti cui è stata prescritta almeno una volta cannabis (in quasi la metà dei casi come cannabinoidi). I pazienti, di età media intorno ai 60 anni, sono stati poi osservati per un anno e mezzo per valutare i rischi di insorgenza di problemi cardiovascolari. Circa il 17,8% aveva il cancro, il 17,1% artrite, il 14,9% mal di schiena, il 9,8% malattie neurologiche, il 4,4% mal di testa, il 3,0% fratture complicate e il 33,1% altre diagnosi. Il rischio assoluto di aritmia di nuova insorgenza è risultato dello 0,86% nei consumatori di cannabis medica rispetto allo 0,49% nei non consumatori, pur se rischi di sindrome coronarica acuta di nuova insorgenza e scompenso cardiaco sono risultati simili.

Attenzione ai cocktail di farmaci

Si raccolgono i dati, insomma. Ma siamo all’inizio di un percorso da non sottovalutare. Ed occorrono sicuramente informazioni in più. “Il nostro studio ha scoperto che i consumatori di cannabis medica avevano un rischio del 74% più alto di disturbi del ritmo cardiaco rispetto ai non consumatori; tuttavia, la differenza assoluta di rischio era modesta – segnala la Nouhravesh. Va notato che una percentuale maggiore di quelli nel gruppo della cannabis stava assumendo altri farmaci antidolorifici, vale a dire farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans), oppioidi e antiepilettici, e non possiamo escludere che questo potrebbe spiegare la maggiore probabilità di aritmie”.

Occorre monitorare la salute del cuore

La stessa ricercatrice ricorda come sia necessario indagare e segnalare gravi effetti collaterali, e come sia medici che pazienti dovrebbero considerare anche questi aspetti quando si inizia un trattamento. D’altro canto, passando sul fronte del consumo voluttuario e non terapeutico della cannabis, sul fronte delle aritmie uno studio su pazienti consumatori di cannabis ospedalizzati ha mostrato che il 2,7% di loro sviluppava aritmia, più spesso fibrillazione atriale.

 

E una ricerca dell’Università di Stanford, apparsa su Cell e condotta su circa mezzo milione di adulti qualche tempo fa, ha mostrato come fumare cannabis possa provocare un incremento dei composti che favoriscono l’infiammazione rapida delle arterie, con un rischio di avere un attacco di cuore prima dei 50 anni più elevato del 16% in chi consuma cannabis rispetto a chi non ne fa uso.  Ci sono anche informazioni sperimentali da considerare: nei topi l’azione del tetraidrocannabinolo o Thc potrebbe favorire l’infiammazione delle cellule della parete interna delle arterie e quindi favorire l’aterosclerosi.

 

 



www.repubblica.it 2022-09-06 07:42:38

This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish. Accept Read More