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Leucemie, un microbiota più ricco protegge i bambini dai rischi associati al trapiant…

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MODULANDO la composizione del microbiota intestinale possiamo proteggere i bambini con leucemie e linfomi che affrontano il trapianto di cellule staminali emopoietiche. Uno studio dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna ha dimostrato che maggiore è l’abbondanza e la diversità delle specie microbiche intestinali, minore è il rischio di complicanze per i bambini. Diminuiscono, in particolare, le probabilità si sviluppare la malattia del trapianto contro l’ospite (Acute graft versus host disease, o Agvhd), una condizione per cui le cellule immunitarie del donatore aggrediscono il paziente e che nei casi più gravi è letale. Lo studio di cui parliamo è stato presentato nel corso del XLVII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica (Aieop) ed è uno dei 5 lavori (i cosiddetti best five) i cui risultati sono stati descritti nel corso del simposio di apertura del congresso e verranno prossimamente pubblicati.

“Nel 2015  abbiamo iniziato a caratterizzare geneticamente il microbiota dei bambini che concludono le cure con il trapianto di cellule staminali emopoietiche”, spiega Riccardo Masetti, del team della Oncoematologia pediatrica dell’IRCCS Sant’Orsola Malpighi, professore associato di pediatria all’Università di Bologna e primo autore della ricerca. “Abbiamo sequenziato il Dna di tutte le specie di microrganismi della loro flora intestinale a partire da campioni di feci, che abbiamo raccolto subito prima del trapianto, e poi a 20 e 30 giorni dall’infusione. Inizialmente la raccolta dei campioni ha riguardato solo i bambini del nostro reparto, soprattutto con leucemia, poi anche di altri centri, come quelli del pediatrico Gaslini di Genova e del Bambino Gesù di Roma, tra gli altri. In tutto, con i loro campioni di feci, hanno partecipato allo studio 90 piccoli pazienti”.

 

Una immunoterapia per consolidare la remissione

Il trapianto di cellule staminali è una terapia immunologica, una parte integrante del percorso di cura di molte malattie ematologiche ad alto rischio per il bambino, soprattutto di malattie oncologiche come leucemie i linfomi, ma anche di patologie del sangue non oncologiche come, per esempio, talassemie e immunodeficienze. Le cellule provengono da una banca del registro nazionale oppure da un donatore, e vengono inoculate nel paziente una volta che la chemioterapia ha ridotto al minimo le cellule malate. “Il trapianto di staminali emopoietiche è di fatto un trasferimento di sistema immunitario che consolida la remissione del tumore e riduce sensibilmente il rischio di recidive. Si fa in bambini che hanno alle spalle sei mesi o anche un anno di chemioterapia”, precisa Masetti. Che aggiunge: “Abbiamo deciso di analizzare il microbiota dei piccoli pazienti pediatrici perché in letteratura ci sono evidenze del fatto che nell’adulto una maggiore diversità dell’ecosistema intestinale protegge da alcune complicanze che si verificano in corso di trapianto. Ce ne sono diverse, dalle infezioni alla tossicità da farmaci che utilizziamo per la preparazione al trapianto, ma la più grave è la Agvhd, una malattia che nelle forme severe rappresenta una seria minaccia per la vita”.

 

Microbiota e sistema immunitario: una relazione stretta

Tra il microbiota e il sistema immunitario c’è una relazione molto stretta. I due sistemi si parlano, comunicano attraverso le citochine e altre molecole, con il microbiota che influenza la regolazione del sistema immunitario e il sistema immunitario che influenza la composizione del microbiota. Il senso dello studio era capire se la composizione del microbiota, cioè la ricchezza e la diversità delle specie che ne fanno parte, potesse avere un ruolo nello sviluppo della Agvhd, che è una malattia immunitaria. “Sappiamo che ci sono specie microbiche buone e specie cattive che popolano il nostro intestino”, riprende il medico. Sono batteri molto buoni i clostridiali antinfiammatori o il Blautia, per esempio. Al contrario la presenza dell’enterococco è estremamente negativa: “noi diciamo che i primi sono molto eubiotici, mentre il secondo è molto disbiotico”, aggiunge il pediatra.

 

I vantaggi della diversità

Come sono andate le cose? “La maggiore diversità microbiotica pre-trapianto ha protetto dalle complicanze. La sopravvivenza di tutti bambini con alta diversità di eubiotici è risultata superiore all’80-82%, mentre la sopravvivenza di quelli con diversità bassa si è attestata a circa 65%: una differenza statisticamente significativa”, commenta i risultati Masetti. L’idea a questo punto è chiara: se rendiamo più eubiotici i bambini da trapiantare possiamo abbattere il rischio di complicanze.

Ma come fare? “Durante il trapianto i pazienti vengono sottoposti a una nutrizione parenterale, cioè vengono nutriti attraverso il catetere venoso centrale perché per  20 giorni non possono mangiare normalmente: la nutrizione parenterale purtroppo oggi è lo standard”, spiega Masetti. “Noi abbiamo cominciato a farli mangiare con la nutrizione enterale, cioè gli abbiamo fornito con un sondino nasogastrico un liquido che altro non è che un vero e proprio pasto liquido, che attraversa il sistema digerente e arriva nell’intestino e che contiene i nutrienti che alimentano il microbiota buono. Nei bambini che hanno ricevuto la nutrizione enterale abbiamo visto un miglioramento clinico: ricominciano a mangiare prima, stanno meglio durante il trapianto, vanno a casa prima rispetto agli altri. E abbiamo trovato una composizione del microbiota con una diversità migliore, più ricca di batteri buoni”.

Restituire un ecosistema composito a chi non ce l’ha: il trapianto fecale

Il futuro è quindi la nutrizione enterale per tutti i trapiantati? “Il futuro è il trapianto fecale. La nutrizione enterale è uno strumento modulatorio della flora batterica; il trapianto fecale, invece, inserisce un microbiota buono nell’intestino. È un’altra cosa. Negli adulti si fa, anche se  in casi selezionati e in pochi centri, ma va esteso ai bambini. Bisogna chiarire ancora alcuni punti, però: quale materiale fecale utilizzare? Quello del paziente? Quello di un donatore? Quello dello stesso donatore delle staminali? Di un genitore? Tante variabili vanno ancora sondate, ma – conclude Masetti –  va restituito a chi non ce l’ha un ecosistema intestinale composito”.



www.repubblica.it 2022-10-17 15:35:21

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