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Tumori, in tre anni 18mila nuovi casi in più e screening in calo del 3%

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Nei tre anni successivi alla pandemia, quelli in cui avremmo dovuto tornare ad occuparci della prevenzione, i casi di tumore sono aumentati del 5% passando da 376.600 nuove diagnosi del 2020 a 395.000 di quest’anno. Ben 18.400 nuove diagnosi in più e purtroppo il trend è destinato a peggiorare: si stima, infatti, che nei prossimi due decenni, il numero assoluto annuo di nuove diagnosi oncologiche nel nostro Paese aumenterà, in media ogni anno, dell’1,3% negli uomini e dello 0,6% nelle donne. Un peggioramento che si spiega analizzando il dato relativo all’adesione agli screening: nel 2022 a livello nazionale c’è stato un calo del 3% della copertura degli screening mammografico (43%) e colorettale (27%), che nel 2021 erano tornati ai livelli prepandemici. Ci siamo dimenticati della prevenzione? Abbiamo accantonato il ‘tema salute’ dopo tre anni di full immersion nei problemi della pandemia? Domande che sorgono spontanee dalla lettura dell’ultimo censimento ufficiale “I numeri del cancro in Italia 2023”, frutto del lavoro congiunto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening (ONS), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP).

Un’ondata di nuovi casi

Secondo le stime di Aiom, in Italia quest’anno ci saranno in totale 395.000 nuove diagnosi di tumore: 208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne. Dunque, nel post pandemia si assiste a una ondata di casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2023, è il carcinoma della mammella (55.900 casi), seguito dal colon-retto (50.500), polmone (44.000), prostata (41.100) e vescica (29.700). E, nei prossimi due decenni, il numero assoluto annuo di nuove diagnosi oncologiche nel nostro Paese aumenterà, in media ogni anno, dell’1,3% negli uomini e dello 0,6% nelle donne. “È necessario continuare a lavorare per rafforzare la cultura della prevenzione primaria e secondaria, a partire dai più giovani: dall’adozione di stili di vita salutari per ridurre i fattori di rischio individuali alla promozione degli screening, aumentandone i livelli di copertura, riducendo la disomogeneità territoriale e aprendo alla prospettiva di estenderli a tumori attualmente non compresi nei programmi nazionali”, scrive nella prefazione al volume il Ministro della Salute, Orazio Schillaci. “Oggi sappiamo con certezza che individuare il cancro nelle sue fasi iniziali vuol dire garantire un tasso di sopravvivenza maggiore e una migliore qualità della vita. È questo il messaggio che dobbiamo veicolare con forza, anche attraverso il contributo fondamentale delle associazioni. Altrettanto importante è il ruolo della ricerca”.

La scarsa aderenza agli screening

Uno dei dati più preoccupanti dell’ultimo Rapporto Aiom, riguarda il calo delle adesioni agli screening. Nel 2022, infatti, a livello nazionale c’è stato un calo del 3% della copertura degli screening mammografico (43%) e colorettale (27%), che nel 2021 erano tornati ai livelli prepandemici. È drastica la diminuzione al Nord, dove l’adesione alla mammografia è passata dal 63% nel 2021 al 54% nel 2022 e allo screening colorettale, in discesa dal 45% al 38%.  “I dati aggiornati al 2022 mostrano, per quanto riguarda gli screening mammografico e colorettale, una considerevole e generalizzata difficoltà a mantenere le performance osservate nel 2021”, spiega Paola Mantellini, direttrice Osservatorio Nazionale Screening.

Lo slittamento ‘ereditato’ dalla pandemia

A cosa si deve questo peggioramento? “In molti casi – risponde Mantellini – si può dire che gli effetti della pandemia si ripercuotano anche nel 2022. Nel 2021 nella maggior parte delle Regioni, in particolare del Nord e del Centro, sono stati invitati tutti gli utenti che avevano diritto all’invio del 2020. Questo ha comportato che una parte di cittadini da invitare nel 2021 sia stata posticipata, seppure solo di pochi mesi, al 2022. Di conseguenza, ci si può aspettare che una percentuale degli invitabili del 2022 sia slittata al 2023. Per evitare che questo succedesse, era necessario che gli impegni e gli sforzi operati da molte Regioni nel 2021 fossero mantenuti anche nel 2022. Purtroppo, questo è avvenuto solo in parte”.

Adesione in aumento per lo screening cervicale

Fa eccezione lo screening cervicale che mostra un andamento un po’ diverso rispetto agli altri due programmi. “Si registrano valori complessivi pre-pandemici intorno al 39%, un calo al 23% nel 2020, un livello di copertura del 35% nel 2021 e un ulteriore avanzamento pari al 41% nel 2022”, dichiara Mantellini. Nel 2022 il miglioramento della copertura rispetto al 2021 è, almeno in parte, da imputare alla maggiore estensione degli inviti alla popolazione con una contemporanea transizione da Pap test a HPV test a partire dai 30 anni di età.

La ‘ricetta’ di Aiom

Insomma, a trainare negativamente il trend delle nuove diagnosi è la scarsa prevenzione sia primaria (sane abitudini di vita) che secondaria (screening). Come se ne esce? “Abbiamo una sfida importante alle porte: entro il 2025 in tutta la Comunità Europea gli screening dovranno essere offerti ad almeno il 90% degli aventi diritto – dichiara Francesco Perrone, presidente Aiom. “Purtroppo, non abbiamo molto tempo e senza un importante avanzamento del Sud non saremo in grado di raggiungere questo traguardo. Non solo, garantire l’invito non basta. Perché lo screening sia efficace, è necessario che la popolazione partecipi. Questo significa che è quanto mai necessario adottare campagne permanenti di sensibilizzazione congiunte a un’offerta capillare e fruibile”.

La riduzione della mortalità

Eppure, questi dati preoccupanti contenuti della tredicesima edizione de “I numeri del cancro” non fanno sbiadire quelli più incoraggianti che fanno sperare a chi oggi si ammala di tumore di poterne uscire grazie agli straordinari progressi scientifici registrati nel nostro paese e che hanno consentito di salvare migliaia di vite. In 13 anni (2007-2019), sono state evitate 268.471 morti oncologiche. “In entrambi i sessi il numero osservato di morti causate da tutti i tumori è stato ogni anno, dal 2007 al 2019, inferiore al numero atteso rispetto ai tassi medi del 2003-2006 – sottolineano Fabrizio Stracci, (Presidente AIRTUM) e Diego Serraino (Direttore SOC Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli-Venezia Giulia, Centro di Riferimento Oncologico, IRCCS, Aviano) -. In particolare, sono stati stimati negli uomini 206.238 e nelle donne 62.233 decessi in meno rispetto a quelli attesi, equivalenti, rispettivamente, a una diminuzione del 14,4% e del 6,1%”.

Tornare a una vita “come prima”

Il cancro è sempre più una malattia curabile e molti pazienti la superano e tornano a una vita “come prima”. “È essenziale garantire a tutti i pazienti le cure sempre più innovative che la ricerca scientifica mette a disposizione – spiega Saverio Cinieri, presidente di Fondazione AIOM -. Situazioni cliniche, per le quali fino a un decennio fa le opzioni terapeutiche erano molto limitate, oggi prevedono una sequenza di più linee di trattamento. Basti citare il tumore del rene, della prostata o l’epatocarcinoma. La caratterizzazione molecolare, in aggiunta alla classica diagnosi istologica, è necessaria in tutti i casi per i quali siano disponibili in pratica clinica terapie mirate. Non sempre, però, i progressi nella diagnosi sono implementati con la stessa tempestività in tutti i centri. Affrontare il tema della salute significa confrontarsi con le aspettative e le attese di milioni di pazienti, immedesimarsi con i loro disagi quotidiani e difendere la loro qualità di vita. Per questo dobbiamo impegnarci per continuare a tenere alto l’attuale livello del Sistema Sanitario Nazionale, che resta uno dei migliori al mondo, e dobbiamo consolidare ancor di più la collaborazione fra Istituzioni, clinici e pazienti, affinché vengano superate le differenze assistenziali che, purtroppo, ancora oggi esistono in diverse realtà del nostro Paese”.

La spinta delle nuove terapie

Gli ultimi vent’anni hanno testimoniato numerosi rilevanti progressi nella cura dei pazienti oncologici. “Le terapie mirate hanno consentito di ottenere, nei casi eleggibili sulla base del profilo molecolare, risposte obiettive molto importanti, associate spesso a un controllo di malattia prolungato nel tempo – spiega Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom. L’altra grande rivoluzione è stata rappresentata dall’introduzione dei farmaci immunoterapici di nuova generazione. L’immunoterapia ha modificato l’algoritmo terapeutico di numerosi tumori solidi e si caratterizza per ottenere, in una percentuale di pazienti, una risposta di lunghissima durata, a volte anche di anni. Ad esempio, quando il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato era rappresentato dalla sola chemioterapia, la sopravvivenza a 5 anni era intorno al 5%. Oggi, le analisi a lungo termine degli studi condotti con l’immunoterapia dimostrano che la possibilità di essere vivi a 5 anni è salita significativamente fino al 20-30%. Un cambiamento culturale molto importante è costituito anche dalla maggiore attenzione alla qualità di vita e agli esiti riferiti dai pazienti, sia nella ricerca che nella pratica clinica”.

I big killer che fanno ancora paura

Ma i progressi e il miglioramento dei dati di sopravvivenza non sono uguali per tutte le neoplasie. Per esempio, per i tumori causati dal fumo di sigaretta nelle donne e il cancro del pancreas in entrambi i sessi, non si sono registrati miglioramenti nella diagnosi precoce e nelle terapie. I numeri testimoniano la necessità di un maggiore impegno nella prevenzione, sia primaria che secondaria. Il 24% degli adulti fuma, il 29% è sedentario, il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso, il 17% consuma alcol in quantità a rischio per la salute.

Il ‘caso’ del tumore del polmone

Il dato più eclatante riguarda la mortalità per cancro del polmone, causato in più dell’80% dei casi dal fumo di tabacco. “Negli uomini – sottolineano Stracci e Serraino – il 36,6% delle morti oncologiche evitate nel periodo 2007-2019 è legato ai progressi compiuti nella lotta al tabagismo, oltre che alle migliorate pratiche diagnostico-terapeutiche-assistenziali. Nelle donne, a pari opportunità di diagnosi e cura, è stato documentato un eccesso di 16.036 morti per carcinoma polmonare, il 16% in più di quanto atteso. Un quadro, quindi, che riflette una diversità di genere nella diffusione dell’abitudine di fumare nel corso del tempo e che suggerisce l’opportunità di portare avanti con forza la lotta al tabagismo, perché il successo avrebbe conseguenze rilevanti per la salute dei cittadini e per la sostenibilità dell’intero servizio sanitario”.

Quanti danni (evitabili) dal fumo

Ma il fumo non fa danni soltanto ai polmoni. Dal Rapporto Aiom, infatti, emerge che in entrambi i sessi il numero di morti per tumore del pancreas o per melanoma è rimasto costantemente superiore a quello atteso. Una situazione che rispecchia, in parte, l’aumentata incidenza riconducibile a fattori di rischio individuali quali appunto il fumo di tabacco, il sovrappeso, l’obesità e il diabete per il cancro del pancreas e l’esposizione ai raggi solari per il melanoma. “L’abitudine tabagica è più frequente fra gli uomini, fra i più giovani, nel Centro-Sud ed è fortemente associata allo svantaggio sociale, perché è più diffusa fra le persone con molte difficoltà economiche o meno istruite”, afferma Maria Masocco, responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI D’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità.

Troppo pigri e sovrappeso

Ma purtroppo permangono ancora altre cattive abitudini che nuocciono alla salute. “La sedentarietà – prosegue Masocco – è più frequente fra le donne, aumenta con l’età e disegna una chiara differenza geografica a sfavore delle Regioni del Meridione (42% rispetto al 17% nel Nord). Questa cattiva abitudine è aumentata significativamente, passando dal 23% del 2008 al 29% nel 2022. Anche l’eccesso ponderale, che interessa più di 4 adulti su 10, presenta i valori più elevati nelle Regioni del Sud. Un cittadino su 6 consuma alcol a livelli rischiosi per la salute, per quantità o modalità di assunzione. Diversamente dagli altri fattori di rischio, il consumo di alcol è più frequente fra le classi sociali più abbienti, senza difficoltà economiche o con livelli di istruzione elevati, riflettendo in parte l’abitudine del bere delle terre dei vini del Nord, in particolare del Nord Est del Paese”.

Attenzione per l’ambiente

Nell’ambito degli stili di vita sani a cui tutti dovremmo tendere oggi c’è anche l’attenzione per l’ambiente da cui non si può più prescindere. “Nella prevenzione – conclude Perrone – rientrano anche le azioni per contrastare l’inquinamento atmosferico. Sono sempre più numerosi gli studi che dimostrano il legame tra scarsa qualità dell’aria e tumori. L’Italia, in particolare la Pianura Padana, presenta i livelli più elevati di inquinamento da particolato in Europa. Purtroppo, la sensibilità politica su questi temi nel nostro Paese sembra essere ancora molto limitata”.

 

 



www.repubblica.it 2023-12-12 10:06:16

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