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Arriva il Long Cold, il raffreddore che non passa mai

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Un raffreddore che non passa mai con naso che cola da settimane, congestione passeggera, qualche starnuto e mal di testa. Oltre all’influenza che quest’anno sembra colpire di più, sono in aumento anche i casi di “long cold”, senza febbre e con sintomi blandi che però persistono a lungo, oltre a quattro settimane.

L’eredità della pandemia di Covid

Anche questa potrebbe essere un’eredità della pandemia o più in generale un’evoluzione delle infezioni respiratorie su cui c’è una “mancanza di consapevolezza o di termini di paragone, che sta impedendo sia la segnalazione che la diagnosi”, sostiene l’epidemiologa Giulia Vivaldi, ricercatrice del programma Covidence Uk della Queen Mary University di Londra. Il suo gruppo di ricerca ha condotto uno studio pubblicato su The Lancet dimostrando l’esistenza di questo raffreddore che non passa mai, definito appunto long cold, come sequela diretta o indiretta del Covid. Una condizione “sottostimata” con cui dovremmo imparare a convivere, di cui sappiamo ancora poco.

Cosa fare e quando preoccuparsi

Ma cosa dobbiamo fare in caso di raffreddore persistente e quando è il caso di preoccuparsi? Come spiega a Salute il professor Roberto Albera, otorinolaringoiatra dell’Università di Torino, “il raffreddore comune ha un’incubazione che può durare fino a quattro giorni e non dovrebbe durare più di due settimane. Ma esistendo oltre 200 virus che lo causano, il che ci rende tutti soggetti a continue reinfezioni, in particolar modo se si hanno le difese immunitarie basse o conviviamo con dei bambini piccoli che vanno a scuola”. Questo potrebbe essere il primo motivo per cui “abbiamo come la sensazione che non passi mai. In realtà dovrebbe essere evidente una ciclicità dei sintomi, con un netto miglioramento seguito da un peggioramento della congestione, del naso che cola e dei sensi ovattati, dovuti a un minor spazio per il passaggio dell’aria nelle cavità nasali piene di muco”.

La forma cronica

La predisposizione al raffreddore dipende esclusivamente dal sistema immunitario e non è influenzata dall’esposizione al freddo, dalle condizioni generali di salute o dalla presenza di anomalie delle vie aeree superiori. Ma può diventare cronico? “Esiste una rinite vasomotoria non allergica cronica in cui una congestione intermittente della mucosa nasale porta a rinorrea acquosa, ovvero naso che cola, e starnuti. Ma è una situazione rara e di eziologia incerta”, prosegue Albera. “Esistono invece più comunemente diverse forme di raffreddore, che iniziano come un’infezione virale ma che possono degenerare in forme batteriche. In questo caso si potrebbe avere febbre, intorno ai 38 gradi, ma il segno più evidente è la trasformazione del muco, che da limpido e fluido diventa più denso e di colore giallo. In caso di febbre più alta e malessere generale potrebbe invece trattarsi di influenza, che è causata da virus diversi rispetto al raffreddore, anche se hanno sintomi sovrapponibili”.

Se poi i virus del raffreddore innescano un’infiammazione dei seni paranasali, ovvero le camere d’aria presenti nelle ossa dietro a guance, sopracciglia e mascella, “si parla di rinosinusite, che ha una durata maggiore al raffreddore comune, e ha un sintomo inconfondibile: il dolore – spiega Albera – . Si sente una fitta, proprio in corrispondenza del seno chiuso, anche abbinato a mal di testa. La più conosciuta è quella sopra al naso, nella parte bassa della fronte o intorno agli occhi, ma può essere anche nelle guance o mascellare, tant’è che potrebbe esser confusa con il mal di denti. È più comune di quanto si pensi che un paziente si rivolga a un dentista, piuttosto che all’otorinolaringoiatra”. Questa infiammazione, se non trattata correttamente, “può cronicizzarsi. Così come si parla di rinosinusite cronica nei casi di ostruzione dei seni nasali dovuta a poliposi, che potrebbero richiedere anche un intervento chirurgico ma in questo caso non hanno nulla a che vedere con il raffreddore”.

I farmaci

Nella maggior parte dei casi, i sintomi del raffreddore sono solo un fastidio, nulla di più, che ci portano a consumare pacchi e pacchi di fazzoletti. “Possono essere utili degli antinfiammatori, così come sono molto efficaci i decongestionanti. Questi ultimi sono spesso criminalizzati per i loro effetti collaterali: è vero che ne possono causare, ma solo in caso di utilizzo prolungato. Ecco perché vengono sconsigliati nelle forme croniche. Ma per il raffreddore acuto gli spray sono molto validi e possono dare sollievo. I lavaggi nasali possono aiutare a ridurre la carica batterica, ma non aiutano con i sintomi. Invece in caso di muco denso, dolore ai seni paranasali, o sintomi continuativi senza alcun tipo di miglioramento che perdurano da più di due settimane, è bene rivolgersi al proprio medico per valutare la situazione e iniziare la cura antibiotica in caso d’infezione batterica”.

Gli esami

Esistono degli esami specifici? “Il medico di base potrebbe richiedere una visita specialistica dall’otorinolaringoiatra, che a sua volta valuta la necessità di una rinoscopia endoscopica per un’ispezione delle fosse nasali oppure di una Tac del massiccio facciale, in caso si sospetti una sinusite”. E i rimedi delle nonne? “Tutto quello che aiuta a fluidificare il muco può portare a un beneficio – conclude Albera – . Ma bere succo d’arancia, prendere la vitamina C o altri integratori possono fungere solo da immunostimolanti, quindi vanno bene a scopo preventivo ma non hanno alcun beneficio in caso d’infezione acuta. Il vaccino antinfluenzale, invece, non protegge in alcun modo dal raffreddore e dalle sue complicanze: chi dice l’ho fatto ma mi sono ammalato comunque, è perché probabilmente si è preso un rinovirus”.



www.repubblica.it 2024-01-18 08:39:34

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