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Diabete 2, dimagrire fa tornare indietro la malattia e protegge cuore e reni

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Che perdere peso (e mantenere poi il dimagrimento) con una dieta affiancata da stili di vita più salutari possa non solo far bene ma far tornare indietro una malattia come il diabete di tipo 2 è una cosa dimostrata già da molti studi. Ma adesso un altro studio, uno dei primi, mostra con chiara evidenza che ogni remissione di diabete 2 dovuta a una perdita di peso ha anche vantaggi aggiuntivi importantissimi, perché comporta il 40% in meno di malattie cardiovascolari e il 33% in meno di malattia cronica renale. Tra le complicanze più frequenti nei pazienti con diabete.

Il nuovo studio, condotto dal professor Edward Gregg, dell’Università irlandese di Medicina e Scienze mediche di Dublino e dai colleghi, pubblicato su Diabetologia, il giornale dell’Easd, l’Associazione europea per lo studio del diabete, è tra i primi a dimostrare l’impatto della remissione della malattia sugli esiti cardiovascolari. Con uno studio multicentrico – il Look Ahead – che ha confrontato per 12 anni l’effetto di interventi intensivi sugli stili di vita in pazienti con diabete 2 sulle malattie cardiovascolari, per le quali questi pazienti sono più a rischio.

I pazienti reclutati

Condotto tra il 2001 e il 2016 lo studio ha reclutato e poi distribuito in modo randomizzato 5145 adulti in sovrappeso oppure obesi (con Bmi sopra 25 per  chi non utilizzava insulina e sopra 27 per chi la usava) con diabete di tipo 2, età tra 45 e 76 anni. Gli autori hanno quindi condotto una analisi osservazionale dei partecipanti di entrambi i gruppi classificandoli in base alla remissione e poi confrontando i risultati a lungo termine basati sulla remissione e la sua durata per 12 anni. In totale hanno confrontato l’incidenza di malattie cardiovascolari e di insufficienza renale in più di 4000 partecipanti.

Veniamo all’identikit dei partecipanti: donne per il 58%, età media 59 anni, durata media della malattia sei anni, media di massa corporea 35.8 (obesità severa sopra 35). Gli autori hanno applicato il concetto di remissione nei casi in cui non si prendevano più farmaci per il diabete e in cui l’emoglobina glicata era sotto 48mmol/mol (6,5%). Per quanto riguarda la definizione del rischio – alto o molto alto –  i ricercatori si sono basati sui criteri  KDIGO (Kidney Disease Improving Global Outcomes) registrando ogni evento di infarto non mortale, ictus, ricovero  per angina o morte per evento cardiovascolare.

Ed ecco i risultati. I partecipanti con una remissione evidente della malattia durante il periodo di osservazione hanno avuto un minor rischio del 33% di insufficienza renale e del 40% di malattie cardiovascolari, aggiustando i dati con I valori dell’emoglobina glicata, pressione sanguigna, profilo lipidico, storia cardiovascolare, durata del diabete. Ma questi risultati erano ancora migliori per chi aveva una remissione da più tempo.

Gli autori dello studio hanno evidenziato dunque tre cose. La prima è che sebbene il 18% dei partecipanti abbia raggiunto la remissione ad un certo punto dello studio, questa percentuale era comunque diminuita del 3% durante l’ottavo anno dello studio, sottolineando le difficoltà di dimagrire e restare magri con interventi sullo stile di vita. Seconda cosa: a dispetto della relativamente breve durata della maggior parte degli episodi di remissione, ogni remissione era comunque associata ai benefici osservati, e anzi questi benefici erano proporzionali alla durata della remissione: chi riusciva a stare in remissione dalla malattia per almeno 4 anni passava dal 33 al 55% di minor rischio di insufficienza renale e dal 40 al 55 di quello cardiovascolare. Infine terzo elemento, i partecipanti con una durata breve della malattia, una emoglobina glicosilata modesta e una grossa riduzione di peso avevano più chance di remissione dalla malattia. E questo risultato – secondo gli autori – può essere spiegato dal miglioramenti del peso, dal maggior movimento, dall’emoglobina glicosilata più bassa e da una riduzione del colesterolo Ldl, il colesterolo cattivo.”Questi risultati sono incoraggianti per tutti quei pazienti che possono raggiungere una remissione dal diabete di tipo – ha commentato Edward Gregg-. E il nostro studio ci ricorda anche come mantenere la perdita di peso e la remissione sia una cosa difficile”.

Lo studio ha un altro vantaggio. “Dà un messaggio positivo – precisa Andrea Giaccari, diabetologo alla Fondazione Policlinico Gemelli di Roma – ma il punto è anche come predire la remissione. Perché la conclusione dello studio è che dieta ed attività riducono rischio cardiovascolare e reanele solo se nel frattempo vai in remissione di diabete. Altrimenti meglio i farmaci”.



www.repubblica.it 2024-01-19 09:25:59

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