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Allarme Dengue in Italia, il virus arriva con la zanzara Tigre. Ecco cosa rischiamo

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Non serve più guardare a luoghi lontani, a Paesi tropicali, per temere di essere colpiti da Dengue, malattia endemica causata da un flavivirus, che può anche non lasciare scampo. Ora dobbiamo tenere d’occhio il giardino di casa nostra, le pozzanghere, i sottovasi dove ristagna l’acqua perché anche le “nostre” zanzare possono trasmettere la malattia. La zanzara Tigre per la precisione, in sostanza quella che circolerà dalle prossime settimane. Parola di Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore dell’Ospedale Galeazzi di Milano. Che conferma: “In Italia sale l’allerta per il rischio di diffusione della Dengue. La situazione certamente è peggiorata perché ci sono casi anche autoctoni, che ci inquietano”.

Attenzione alta in porti e aeroporti

Pregliasco interviene dopo la circolare del ministero della Salute che ha alzato il livello di attenzione nei porti e negli aeroporti. “Mentre i casi importati si riconoscono (se nei 14 giorni precedenti si è viaggiato in una zona a rischio e si hanno sintomi, deve scattare il dubbio e fare indagini di laboratorio) il difficile è individuare quelli autoctoni – dice – perché nella maggior parte le manifestazioni cliniche sono forti influenze, mal di ossa, dolori agli occhi, a volte vomito”. Ma non sempre va così bene: c’è anche una quota di contagi che causa “forme più pesanti con encefaliti, e soprattutto dengue emorragica”.

Il caso Brasile

Il Brasile insegna, Paese che ha già raggiunto la soglia di 532.921 casi probabili di Dengue e 90 decessi dovuti alla malattia quest’anno, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute. Mentre altre 348 morti sono oggetto di indagine. Nello stesso periodo del 2023 il Paese ha registrato un totale di 128.842 casi di Dengue. Un numero, quello attuale, superiore del 313,6% rispetto allo scorso anno. In proporzione, il Distretto federale (Brasilia) è l’area più colpita dalla malattia, con 2.362 casi ogni 100mila abitanti. Seguono gli stati del Minas Gerais (881,9), di Acre (584,3), Parana (502,6), Goias (465,1) ed Espirito Santo (418,5). Oltre al Brasile, al momento la preoccupazione massima coinvolge anche l’Argentina: complessivamente, nei due Paesi, sottolinea Pregliasco, “ci sono mezzo milione di casi, sicuramente sottostimati, solo la punta di un iceberg di una situazione più ampia”.

In Italia è prericolosa la zanzara Tigre

Se nelle aree tropicali è presente la zanzara Aedes aegypti, l’insetto vettore specifico del virus Dengue, da noi ci pensa la zanzara tigre a trasmettere la malattia. “I casi che si sono avuti in Veneto, nel Lazio e in Lombardia hanno evidenziato che purtroppo la nostra zanzara tigre, diventata ormai una delle zanzare dominanti, ha la capacità di diffondere la malattia – assicura Pregliasco -. Dunque, anche se in Italia non è presente la Aedes aegypti, il virus Dengue può essere trasportato dalle zanzare nostrane: basta che abbiano punto una persona che è stata contagiata per diffondere la Dengue.
Un trend in crescita già dall’anno scorso: l’Italia ha contato 82 casi autoctoni di Dengue, avvenuti direttamente nel Paese, e 280 importati da viaggiatori tornati da luoghi in cui la malattia è endemica.

Identikit della Denque

Ma di che malattia stiamo parlando? Di origine virale, la Dengue è causata da quattro virus molto simili (Den-1, Den-2, Den-3 e Den-4) ed è trasmessa alle persone dalle punture di zanzare che hanno, a loro volta, punto una persona infetta. Non si ha quindi contagio diretto tra esseri umani, anche se l’uomo è il principale ospite del virus, che circola nel sangue della persona infetta per 2-7 giorni, periodo in cui la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad altri.
Nell’emisfero occidentale il vettore principale è, appunto, la zanzara Aedes aegypti, anche se si sono registrati casi trasmessi da Aedes albopictus. La dengue è conosciuta da oltre due secoli, ed è particolarmente presente durante e dopo la stagione delle piogge nelle zone tropicali e subtropicali di Africa, Sudest asiatico e Cina, India, Medioriente, America latina e centrale, Australia e diverse zone del Pacifico. Negli ultimi decenni, la diffusione della malattia è aumentata in molte regioni tropicali. Nei Paesi dell’emisfero nord, in particolare in Europa, la Dengue costituisce un pericolo in un’ottica di salute globale, dato che si manifesta soprattutto come malattia di importazione, il cui incremento è dovuto all’aumentata frequenza di spostamenti di merci e di persone.

Attenzione a questi sintomi

Se vi ha punto una zanzara portatrice di Dengue si manifesteranno sintomi in due forme distinte, a seconda che si tratti di Dengue classica o emorragica. Nel primo caso parliamo della febbre Dengue (Dengue classica o febbre rompiossa), che generalmente si manifesta dopo un periodo di incubazione di 3-15 giorni, raggiungendo sino i 40°C, accompagnata da brividi, cefalea e sudorazione profusa. All’esordio dell’infezione si presentano mialgie, lombalgia, forti dolori a gambe e articolazioni. Per questo viene definita “febbre rompiossa”. Ma compaiono pure arrossamento delle congiuntive, dolore retrorbitario e ingrossamento dei linfonodi. La febbre e gli altri sintomi possono continuare per 48-96 ore, segue un periodo di apiressia e apparente benessere della durata di circa 24 ore.
Ma la cosa non finisce qui, perché in corrispondenza di un secondo rialzo termico si manifesta un’eruzione cutanea di tipo maculo-papulare che diffonde dal tronco alle estremità e al viso (simile a quello del morbillo). Inoltre possono verificarsi disturbi gastrointestinali e sintomi respiratori, come tosse, faringodinia e rinorrea. Talvolta, compaiono petecchie e altre lievi manifestazioni emorragiche (sangue dal naso e dalle gengive).

La Dengue emorragica

Altra cosa è la Dengue emorragica (Dengue grave o febbre emorragica Dengue). In questo caso, in corrispondenza al secondo rialzo termico (indistinguibile dalla variante classica), si sviluppano trombocitopenia, deplezione di liquidi e manifestazioni emorragiche sotto forma di petecchie, ecchimosi, epistassi, perdita di sangue dalle gengive, ematemesi e melena. Se non trattata, la febbre emorragica è potenzialmente fatale: si può arrivare al collasso ed allo stato di shock cardiocircolatorio a seguito della molteplicità e dell’abbondanza delle emorragie.

Cosa possiamo fare

Ma cosa possiamo fare noi per proteggerci da tutto questo, considerato che la stagione calda è molto vicina e il rischio si fa alto? Le autorità sanitarie fanno disinfestazioni negli aeroporti e nei porti ma, avverte Pregliasco, “anche noi abbiamo delle responsabilità”. E spiega: “Per esempio, quando si innaffiano orti e giardini bisogna evitare di esagerare perché l’acqua stagnante nel sottovaso fa da “autogrill” per le zanzare. È davvero importante anche un’attenzione maggiore da parte di ognuno di noi nel prossimo futuro”.
Dunque questa estate non potrà mancare lo spray anti-zanzare? “Si. Siamo passati dai disinfettanti alle mani ai repellenti per le zanzare – prosegue il virologo – . L’attenzione maggiore bisognerà averla a partire dai mesi più caldi perché aumenterà il numero di zanzare”.

Quando fare il vaccino

A questo punto il pensiero va ai vaccini a disposizione contro la Dengue. Al momento sono due, entrambi tetravalenti a virus vivo attenuato. In pratica sono costituiti dai quattro sierotipi del virus vivi già privati del loro vero potenziale patogeno tramite opportuni trattamenti di laboratorio in modo da stimolare una risposta immunitaria efficace nella persona per prevenirne le complicanze gravi dell’infezione. “La vaccinazione è importante per chi è stato in contatto con il virus o per chi deve muoversi verso zone a rischio – sottolinea Pregliasco – . Il vaccino è indicato in particolare in persone che hanno già avuto una pregressa infezione da virus Dengue e stanno per intraprendere un viaggio in aree endemiche. O comunque per persone che dovranno soggiornare per lunghi periodi in Paesi ad elevata endemia”.
“La direzione della Prevenzione del ministero della Salute fa bene ad acquistarlo – conclude l’esperto – . Il vaccino è importante, ma serve per i viaggiatori, per chi va in quelle zone a rischio, non certo per tutti noi. Si fanno due dosi a distanza di tre mesi. Pensare a una vaccinazione di massa in questo momento, non è il caso. Potrebbe servire se si evidenziassero dei focolai autoctoni di rilievo. Vedremo”.
 



www.repubblica.it 2024-02-20 07:00:00

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