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Contraccezione, ora c’è l’impianto sottocutaneo che sembra un cerotto

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I metodi contraccettivi si dividono in due tipologie: a breve e a lunga azione. Tra i primi troviamo la pillola, l’anello, il cerotto, nonché anticoncezionali che vanno cambiati o assunti regolarmente, e si possono interrompere in autonomia, senza passare dallo studio del ginecologo. La sensazione è di non dover fare scelte a lungo termine, di poter gestire liberamente se avere – o meno – una gravidanza. Tra i metodi a lunga azione, invece, ci sono la spirale (esiste quella in rame oppure ormonale) e l’impianto contraccettivo sottocutaneo, che in Italia è pressoché sconosciuto. Da un’indagine dell’Istituto superiore di sanità emerge che mentre la quasi totalità dei giovani conosce la pillola e il profilattico, il 37% degli adolescenti e solo il 23% degli universitari ha sentito parlare dell’impianto sottocutaneo.

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Che cos’è l’impianto sottocutaneo

Adatto a donne bisognose di una contraccezione a tutte le età, specialmente dai 18 ai 40 anni, si tratta di un bastoncino di plastica, morbido e flessibile, lungo circa quattro centimetri e spesso due-tre millimetri, che viene applicato con una semplice puntura e rimosso con una piccola incisione cutanea in anestesia locale, obbligatoriamente da un ginecologo o da un operatore formato. Ha una durata di tre anni, ma non si è obbligati a tenerlo per l’intera durata, mentre alle donne in sovrappeso può essere consigliato di cambiarlo prima. “L’impianto in genere viene fatto il primo giorno del ciclo dopo un test di gravidanza negativo o in corso di un’altra terapia contraccettiva – spiega Rossella Nappi, responsabile del servizio di endocrinologia ginecologica dell’Irccs San Matteo-Università di Pavia -. È superficiale, nella parte interna del braccio non dominante, a circa dieci centimetri dal gomito. Non si vede, ma la paziente lo percepisce al tatto”.

Il contraccettivo senza estrogeni

Si tratta di un contraccettivo ormonale che non contiene estrogeni, ma un solo ormone progestinico (come la spirale e la cosiddetta minipillola). “Quello disponibile in Italia contiene 68 milligrammi di etonogestrel, uno dei progestinici più usati al mondo, che viene rilasciato nel flusso sanguigno in minime quantità giornaliere per tre anni”, prosegue la ginecologa. L’ormone impedisce l’instaurarsi di una gravidanza inibendo l’ovulazione e ostacolando il passaggio degli spermatozoi in cervice mediante la modulazione della densità del muco cervicale. “Una volta tolto, nell’arco di circa 40 giorni si torna ad avere un’ovulazione normale – precisa l’esperta -. Il costo, per tre anni, equivale a quello di un anno di pillola, quella che costa meno”.

Si tratta di una metodologia poco diffusa in Italia ma, puntualizza Nappi,  “molto utilizzata nei Paesi del nord Europa e nei Paesi americani, dove è più marcato il senso del family planning, e in quelle aree del mondo in cui è importante fare una contraccezione continua e sicura, ma non ci sono abbastanza fondi per garantire un accesso costante alle strutture sanitarie e quindi le donne hanno più difficoltà a programmare visite di controllo”. Aggiungendo: “Nel nostro Paese i contraccettivi a lunga azione vengono utilizzati poco perché c’è una minore attitudine alla programmazione sul lungo periodo e forse anche perché vengono concepiti come invasivi”.

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Pillola, la più prescritta

Secondo Franca Fruzzetti, presidente della Società italiana di contraccezione (Sic), c’è anche un tema di disinformazione e di facilità di prescrizione della pillola da parte dei ginecologi. “Di impianto sottocutaneo si parla poco, soprattutto da parte dei medici”, commenta l’esperta. Qualche anno fa la Sic ha condotto un’indagine su un campione di ginecologi per scoprire qual era il metodo contraccettivo ritenuto più sicuro: la maggioranza ha risposto i long acting, quindi il bastoncino sottocute e la spirale, ma alla domanda su cosa prescrivessero di più, la risposta è stata la pillola.

“È una prescrizione più facile e poi, soprattutto nelle ragazze giovani, le pillole combinate con progestinici ed estrogeni servono anche per azioni terapeutiche, in particolare per l’acne” conviene Fruzzetti. Studi degli ultimi anni, tuttavia, hanno messo in luce un potenziale terapeutico anche del bastoncino sottocutaneo. Una ricerca italiana condotta su 43 donne con endometriosi ha rilevato un miglioramento di dismenorrea e dolore durante il rapporto sessuale nel corso dell’utilizzo dell’impianto a base di etonogestrel. I risultati sono pubblicati su Gynecological Endocrinology. “Oggi sappiamo che questo contraccettivo può essere valutato per ridurre il malessere in donne con flussi importanti e dolorosi dovuti alla patologia” conferma Nappi.

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Le donne che dicono no

Tra le altre categorie target, ci sono le donne che non vogliono prendere la pillola tutti i giorni perché la dimenticano, oppure quelle che non amano pensare di avere un corpo estraneo all’interno dell’utero, nel caso della spirale. Ad esse si aggiungono quelle che hanno già avuto figli e sono sicure di non volerne altri e quelle che non possono, o vogliono, utilizzare estrogeni. “Per esempio pazienti ad alto rischio trombosi, che soffrono di emicrania con aura (spia di un rischio cardio-cerebro-vascolare), fumatrici, diabetiche o ipertese, ma anche in sovrappeso oppure obese –  prosegue l’esperta -. Io l’ho proposto e utilizzato spesso anche in pazienti fragili, in cura con psicofarmaci, che vivono in contesti sociali e familiari delicati, in cui si teme possano esserci degli abusi o il rischio di azioni incontrollate”.

Come per altri contraccettivi a base di soli progestinici, gli svantaggi dell’impianto sottocutaneo riguardano la prevedibilità del ciclo. “Nella metà dei casi la mestruazione viene regolare, ma per l’altra metà ci sono due possibilità: quelle che hanno il ciclo una volta ogni tanto, quindi non tutti i mesi, e quelle che hanno fenomeni di spotting mensili, cioè perdite di sangue non abbondanti, ma purtroppo non prevedibili” conclude Nappi. Considerando l’importanza, per molte donne, dell’avere un ciclo mestruale sotto controllo, negli studi clinici, i cambiamenti del sanguinamento vaginale hanno rappresentato la più comune ragione di interruzione dell’utilizzo dell’impianto sottocutaneo.

Salute Amore – l’archivio



www.repubblica.it 2024-02-29 06:36:03

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