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Social freezing, aumentano le donne che congelano gli ovociti. Ma attenzione all’età

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Congelare gli ovociti da giovani per diventare mamme più tardi, quando la vita lo consente. Si chiama social freezing, per distinguerlo dal congelamento per motivi sanitari, ed è una pratica in crescita in Europa, Italia inclusa, Stati Uniti e Australia anche se i numeri assoluti sono ancora piuttosto bassi. In media, le procedure sono aumentate del 25-30%-all’anno dal 2016 secondo la Società americana per le tecnologie di riproduzione assistita (SART) e la Società europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE), con punte al 46% e al 70% nel biennio 2020 – 2021 rispettivamente negli USA e in Australia-Nuova Zelanda.

Percentuali alte, con numeri assoluti ancora bassi: in Europa per esempio si è passati dalle 5000 procedure del 2016 a circa 11mila nel 2019 (dati Eshre), negli Usa da circa 16mila del 2019 alle circa 25mila nel 2021 ma attenzione: in questi numeri ci sono anche gli ovociti delle donne che hanno richiesto il congelamento prima di effettuare terapie chemioterapiche o altre con impatto sulla fertilità. Quindi il freezing sociale rischia di essere una percentuale davvero risibile.

Le chance di riuscita

Ma quante chance ci sono di diventare mamma dopo una crioconservazione? E perché molti vip – come di recente Bianca Balti – hanno deciso di donare alle figlie questa possibilità? Gli esperti infatti da un lato insistono sull’età, fattore rilevante anche per congelare gli ovociti e non solo per tentare una gravidanza, dall’altro lato ripetono che il social freezing è un’opportunità, ma non è che le donne devono pensare di avere un figlio in cassaforte. Uno studio italiano adesso indaga sulle percentuali di riuscita Preservazione della fertilità. Lo studio, pubblicato su Fertility and Sterility, è a cura del gruppo Genera che, con dati di 8 cliniche su tutto il territorio nazionale, segnala anche per l’Italia un aumento di circa il 20% anno su anno del numero di procedure di ‘social freezing’.

Nel nuovo studio si mette in evidenza quali sono le chance di ottenere una gravidanza, in un secondo momento, utilizzando gli ovociti prelevati. “Nelle donne più giovani, quindi fino a 35 anni – spiega il primo autore del paper, Danilo Cimadomo, biologo molecolare e responsabile della Ricerca del gruppo Genera – le probabilità cumulative di nati sono comprese fra il 70% con 15 ovociti prelevati e congelati (considerato il numero ottimale) e il 95% con 25 ovociti. Ma ci sono comunque chance di gravidanza comprese tra il 30% e il 45% nel caso in cui vengano vitrificati 8-10 ovociti. Oltre la soglia dei 35 anni, il numero di ovociti necessari per raggiungere la gravidanza è chiaramente maggiore, rendendo la procedura di preservazione della fertilità più impegnativa. Per questo motivo, tutti i centri specializzati oggi consigliano alle donne di fare questa scelta, se ritenuta opportuna a seconda dei propri progetti di vita, entro i 35-37 anni, in modo da avere le migliori possibilità di riuscita se un giorno si dovranno utilizzare quegli ovociti congelati, nel caso insorgessero problemi nel tentare una gravidanza”.

“La Società Americana per la Medicina della Riproduzione (ASRM) – interviene Laura Rienzi, embriologa e direttore scientifico del gruppo Genera – ha rimosso l’etichetta di procedura sperimentale dalla vitrificazione degli ovociti nel 2013 e, anche per questo motivo, la richiesta di questa tecnica è aumentata sensibilmente in tutto il mondo. La vitrificazione, una metodica di congelamento che consente di preservare la vitalità e il potenziale riproduttivo degli ovociti mediante l’esposizione a bassissime temperature (-196°C), è stata confermata essere una procedura riproducibile, sicura ed economica, fino a diventare l’approccio gold standard per la preservazione della fertilità. Tuttavia, i risultati clinici possono essere ancora oggi variabili a seconda dei Paesi e delle strutture che la praticano. Infatti, ad oggi, la vitrificazione viene per lo più condotta manualmente, richiedendo quindi operatori ben formati, costantemente monitorati ed esperti”.

L’intelligenza artificiale

E lì dove gli umani potrebbero non riuscire soccorre la tecnologia, che consentono di migliorare i risultati delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, incluso il social freezing. “La necessità di trattamenti di fecondazione in vitro è in costante crescita in tutto il mondo – continua Rienzi – in parallelo i progressi tecnologici, come la valutazione dei gameti basata sull’intelligenza artificiale e l’automazione, promettono una sempre maggiore standardizzazione dei protocolli negli anni a venire. Anche grazie agli sforzi che la scienza sta facendo in questa direzione, la crioconservazione degli ovociti è un tema che sta stimolando il dibattito sociale e politico nel nostro Paese e confidiamo presto non sarà più percepita come un tabù, ma come uno strumento per salvaguardare l’autonomia riproduttiva delle donne”, conclude Rienzi.

 



www.repubblica.it 2024-04-09 09:08:07

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