Retinite pigmentosa: l’intervento di cataratta è più rischioso?


La cataratta è una delle patologie oculari più diffuse al mondo e rappresenta una delle principali cause di cecità reversibile. Si verifica quando il cristallino, che è naturalmente trasparente, perde la sua chiarezza, diventando opaco e limitando in tal modo la capacità di vedere chiaramente. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 18 milioni di persone nel mondo siano cieche a causa della cataratta, rendendo l’intervento chirurgico per la sua rimozione una procedura di vitale importanza.

Ogni anno in Italia vengono eseguiti circa 650.000 interventi di cataratta. Nonostante l’intervento di cataratta sia uno dei più comuni e generalmente sicuri, non è esente da rischi. Le complicazioni possono includere infezioni, sanguinamenti, distacco della retina o perfino la perdita della vista, sebbene tali eventi avversi siano rari con le moderne tecnologie chirurgiche.

Per questo è essenziale un’attenta valutazione pre-operatoria e un rigoroso follow-up post-operatorio per minimizzare i rischi e garantire i migliori risultati possibili per il paziente. Il lettore che scrive soffre di retinite pigmentosa e chiede di sapere se i rischi a cui è andato incontro potevano essere evitati. Risponde Stanislao Rizzo, direttore della UOC di Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e professore ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma.

Domanda. Gentile dottore, all’età di 58 anni per una cataratta ancora allo stato iniziale su un occhio affetto da retinite pigmentosa, il chirurgo ha ritenuto di fare l’intervento. Alla visita di controllo fatta tre giorni dopo, è risultato che un’infezione aveva distrutto irreversibilmente il nervo ottico con conseguente perdita totale della vista. In questi casi molto particolari come il mio, occorre avere precauzioni e attenzioni specifiche oppure si può seguire (come fatto) l’ordinaria routine? Grazie

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Risposta. La retinite pigmentosa è una patologia che colpisce oltre un milione di persone in tutto il mondo e, oltre ad essere associata ad alterazioni del fondo dell’occhio, ad una riduzione del campo visivo e cecità notturna, può portare a una maggiore incidenza di cataratta sottocapsulare in pazienti anche giovani. Tuttavia, l’intervento di cataratta non è esente da rischi. Tra le principali complicanze vi sono l’ipertono oculare, disturbi della superficie oculare, l’edema maculare, il distacco di retina e le infezioni oculari, meglio note come endoftalmiti. L’intervento di cataratta rappresenta il 90% delle cause di endoftalmiti e può essere classificata in tre forme differenti: la forma acuta immediata (o fulminante) che si presenta entro 2-4 giorni dalla procedura chirurgica; la forma acuta (ritardata) dopo 5-7 giorni dall’intervento, la forma cronica con presentazione non prima di un mese dallo stesso. Il trattamento è rappresentato dall’iniezione di farmaci antibiotici, se possibile la vitrectomia, contestualmente all’esecuzione di prelievi vitreali per comprendere il patogeno responsabile. Il recupero della vista successivo all’intervento dipende dalla gravità dell’infezione e dalle condizioni generali preesistenti dell’occhio. Una volta che il bulbo ha assunto uno stato di quiete dopo la chirurgia può tornare a condurre una vita normale. Nel suo caso potrebbe considerare di essere seguito presso un centro specialistico di ipovisione, dove poter valutare al meglio il suo residuo visivo-funzionale.



www.repubblica.it 2024-04-23 09:32:26

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