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Entro il 2050 più morti a Roma e Milano: tutta colpa dell’inquinamento

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I rapporti periodici sulla qualità dell’aria elaborati dalle varie agenzie ce lo ripetono instancabilmente: sull’Italia tira una brutta aria. Così brutta da provocare ogni anno tra le 70 e le 90 mila morti evitabili, concentrate soprattutto in quella Pianura Padana caparbiamente tra le regioni più inquinate d’Europa. Se il presente non è roseo, il futuro è perfino più grigio: uno studio realizzato dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), e pubblicato su Science Direct, rivela che nei prossimi decenni il rischio di mortalità a Roma e Milano potrebbe aumentare rispettivamente dell’8% e del 6% a causa dell’azione combinata di inquinamento atmosferico e cambiamento climatico.

La situazione a Roma e Milano

Le due metropoli sono state scelte dai ricercatori per la loro popolosità e per le differenti condizioni climatiche, socioeconomiche e di inquinamento. Dal 2004 al 2015 il numero complessivo di decessi per cause naturali è stato 299.493 a Roma e 155.734 a Milano con medie annuali rispettivamente di 24.958 e 12.978. La capitale ha temperature più miti, un basso livello di umidità e alti livelli di ozono, mentre Milano è esposta a temperature più fredde, ha un tasso di umidità più alto e venti più moderati, insieme ad alti livelli di PM10. “Queste condizioni possono avere un impatto significativo sulla salute e sul rischio di mortalità. Infatti, il particolato atmosferico è riconosciuto come agente cancerogeno e rappresenta la prima causa ambientale di mortalità” dice Maurizio Gualtieri, ricercatore del laboratorio Inquinamento atmosferico dell’Enea, ricordando che, a livello globale, il numero di decessi da inquinamento dell’aria è pressoché raddoppiato negli ultimi trent’anni. Nel 2019 ha infatti raggiunto i 4,5 milioni di morti, il 92% dei quali a causa del particolato atmosferico e l’8% per via dell’ozono.

Lo studio che racconta gli effetti di clima e inquinamento

I ricercatori hanno messo a punto un modello di calcolo che integra simulazioni climatiche e di qualità dell’aria a livello regionale con una risoluzione spaziale di 20 km². L’elevato dettaglio spaziale ha permesso di valutare realisticamente la mortalità a livello di area metropolitana al 2050, attraverso modelli statistici di epidemiologia ambientale. “Abbiamo ottenuto una migliore comprensione degli effetti combinati del clima e dell’inquinamento atmosferico sulla salute, utilizzando come riferimenti due scenari IPCC che presuppongono, entro fine secolo, un aumento della temperatura media globale che oscilla tra 0,4 e 0,8 °C nello scenario più sostenibile (RCP2.6) e tra 3,3 – 4,9 °C nello scenario business as usual (RCP8.5), che non prevede cambiamenti sostanziali nelle tendenze di emissione di gas serra rispetto al passato” spiega Melania Michetti, ricercatrice della divisione Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali dell’Enea.

A Roma si morirà più d’estate

Secondo lo studio, nei prossimi decenni Roma potrebbe raggiungere i 591 decessi l’anno durante i mesi estivi (l’8% in più rispetto ai decenni precedenti) a causa delle alte temperature e di una concentrazione di ozono al di sopra del valore limite per il danno alla salute umana. La fotochimica dell’atmosfera potrebbe, quindi, giocare un ruolo importante nell’aumentare il carico di mortalità estiva, in quanto l’ozono raggiunge il picco nei mesi più caldi.

e a Milano d’inverno

Nel capoluogo lombardo, invece, si stima che la mortalità sarà più alta durante l’inverno (1.787 decessi su 1.977 complessivi, pari al 90%) a causa del clima più rigido, delle maggiori concentrazioni di PM10 per effetto delle maggiori emissioni da combustione e di condizioni atmosferiche stagnanti dovute alle caratteristiche geografiche di Milano. A Roma il numero di decessi dovuti alle temperature più alte (principalmente in estate) tra gli over 85 è stimato in 312 casi su 1.398 annuali (22%) mentre a Milano è pari a 971 casi imputabili alle temperature più basse (principalmente in inverno) su 1.057 (92%).

Il peggioramento delle malattie respiratorie e cardiovascolari

L’esposizione alle alte e alle basse temperature rappresenta uno dei fattori di stress più rilevanti perché causa un aumento della mortalità, in particolare tra i soggetti più vulnerabili della popolazione come gli over 85. In generale, determina un’ampia gamma di effetti sulla salute che vanno dai colpi di calore alla disidratazione passando per l’insorgenza o il peggioramento di patologie respiratorie e cardiovascolari. “Oltre al miglioramento della definizione spaziale, abbiamo compiuto un ulteriore passo avanti con l’analisi degli effetti ritardati sulla salute umana per ciascuna città e per variabile di esposizione, ossia temperatura, ozono e particolato. È stato possibile calcolare fino a quanti giorni dopo il verificarsi di un evento meteoclimatico o di inquinamento la popolazione esposta ne subisce le conseguenze. Per entrambe le città il risultato è fino a 20 giorni per la temperatura e fino a 3 giorni per ozono e PM10” prosegue Michetti.

Il freddo causa più morti del caldo

Per quanto possa risultare inaspettato, nel nostro Paese il freddo causa tuttora più morti premature del caldo. “Questa tendenza è però destinata a invertirsi nei prossimi decenni a maggior ragione se non verranno adottate politiche rigorose per contrastare il cambiamento climatico e migliorare la qualità dell’aria”, nota Michetti, riferendosi alle proiezioni basate sul secondo scenario dell’IPCC. Sebbene siano decisamente più ottimistiche in termini di riduzione degli effetti del cambiamento climatico, sono verosimilmente meno probabili, a meno di un netto ed imminente cambiamento di rotta delle nostre economie. Nel caso in cui l’umanità riuscisse a contenere l’aumento delle temperature medie al di sotto del 1,5° C entro fine secolo, il numero delle morti premature di Roma si ridurrebbe di ben 8 volte mentre quello di Milano di circa 1,4 rispetto al decennio 2004-15.



www.repubblica.it 2022-06-04 05:03:00

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